MESSINA. Meno 143. L’attuale “saldo occupazionale” dimostra che il binomio tra Ponte e lavoro è partito col piede sbagliato: dalla promessa di 40.000 posti siamo arrivati in poco tempo alla quasi certezza di quindici licenziati da Eurolink da qui alla fine dell’anno; e all’annuncio della dismissione, entro 30 mesi, dell’“Officina Grandi Riparazioni” delle Ferrovie, per far posto ai cantieri della ‘grande opera’. Di conseguenza, altri 98 lavoratori (più 30 dell’indotto) rischiano il posto.
Già in estate, i sondaggi geognostici avevano visto l’impiego di soli 5 lavoratori messinesi su 120 addetti. Le operazioni erano funzionali al progetto definitivo, poi redatto, ma hanno assicurato (poco) impiego e per un tempo limitato. Lo spostamento del binario di Villa San Giovanni Cannitello – opera propedeutica alla costruzione del pilone calabrese – doveva essere terminato a giugno, ma è già in ritardo di quattro mesi. Intanto Eurolink si è cautelata mettendo in mobilità tre addetti, tra i quali il capocantiere.
E’ questo il contesto catastrofico in cui si è tenuto il corteo della Rete No Ponte. “I soldi destinati al Ponte devono andare alla messa in sicurezza del territorio dal rischio sismico e idrogeologico, in particolare chiediamo un piano di riqualificazione dell’edilizia scolastica”, dice Luigi Sturniolo. Cioè interventi capaci di produrre posti di lavoro stabile.
Dopo la tragica alluvione di Giampilieri (primo ottobre 2009), l’area dello Stretto è stata colpita da altre catastrofi dovute al dissesto dei torrenti e delle colline. Un processo che sarà aggravato dalle opere collaterali del Ponte, a partite dai circa 8 milioni di metri cubi di inerti da “conferire ai siti di recupero ambientale”, come eufemisticamente sono chiamate le megadiscariche previste.
Senza dimenticare il potenziamento dei trasporti pubblici nello Stretto: da quando si parla di Ponte, paradossalmente, i traghetti pubblici sono stati pressoché dismessi ed è diventato sempre più difficile passare da una sponda all’altra.