Antonio Albanese non avrebbe immaginato copione più grottesco per il suo Qualunquemente. La prima pietra del Ponte sullo Stretto sono diciassette licenziamenti. O, meglio, la lettera di sei pagine con cui Eurolink, il consorzio d’imprese – capofila l’italiana Impregilo – aggiudicatario dei lavori per l’opera del secolo (quasi 5 miiardi), comunica la procedura di mobilità per una serie di dipendenti – quattro quadri e tredici impiegati, sedici a tempo indeterminato e uno a tempo determinato -, tutti in servizio tra Milano e Messina con una missione sola: lavorare al progetto definitivo del Ponte.
Un progetto che, spiegano proprio da Eurolink, è stato consegnato a dicembre al committente, la Stretto di Messina, e ora è in attesa dei via libera necessari prima di trasformarsi in esecutivo. L’ultimo parere, del Cipe, è previsto entro diciotto mesi dalla consegna del progetto stesso. Dunque, da qui ad allora, Eurolink resterà ferma: per questo «parcheggia» i dipendenti, pur garantendo, precisa al Venerdì, «a tutte le persone il rientro negli organici non appena (speriamo il prima possibile) l’iter autorizzativo sarà ultimato», spiegano da Milano. Per ora, aggiunge l’azienda, nella sede di Messina e in quella di Milano resterà «un nucleo di persone con competenze appropriate per supportare il committente durante l’iter autorizzativo».
Quanto alla procedura di riduzione del personale (i tagli, negli ultimi giorni, sono passati da 17 a 15 unità) «è in corso la fase di consultazione con i sindacati nella quale si analizzeranno le tempistiche ed eventuali alternative (ammortizzatori sociali)».
Per l’azienda, dunque, tutto è in regola. Chi rischia di finire travolto dalle polemiche sono i politici, locali e non, che da mesi recitano il mantra del Ponte come volano dell’occupazione. «Quarantamila posti di lavoro» è la cifra ripetuta più volte dal ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli. Che, ora, vede Eurolink ridurre il personale al primo stop, per quanto fisiologico. «Questa è una vicenda emblematica, che testimonia la propaganda del governo per il Ponte come per tante altre opere ferme al palo» commenta il segretario della Fillea, gli edili della Cgil, Walter Schiavella. «Siamo di fronte al sostanziale fallimento della Legge obiettivo. La politica dell’annuncio berlusconiano non ha prodotto nulla. In questo Paese continua a non esserci un euro per investimenti reali».
L’altra questione a margine dei licenziamenti è quella di Cannitello, la frazione di Villa San Giovanni dove Eurolink lavora allo spostamento della linea ferroviaria, propedeutico ai cantieri del Ponte. Tra i licenziati ci sono tre addetti a Cannitello, tra i quali il capocantiere. Da Eurolink tranquillizzano: «La riduzione del personale avverrà entro l’anno in maniera progressiva e graduale» e il cantiere, che avrebbe dovuto chiudere a luglio, ma è in ritardo di due mesi (per «il rinvenimento di rifiuti che hanno richiesto particolari operazioni di bonifica e la difficoltà nel reperimento di imprese fornitrici»), chiuderà per settembre senza essere privato del suo responsabile.
L’opera di Cannitello, in realtà, fino a due anni fa era di competenza delle Ferrovie. Poi il governo l’ha «calata» nel progetto Ponte e affidata a Eurolink. Resta il dubbio se le Ferrovie avrebbero messo anche loro in mobilità i tre addetti. Intanto, a Messina, torna a manifestare il popolo No Ponte, che domani (oggi, ndr) tornerà a chiedere di usare i soldi del Ponte per la messa in sicurezza del territorio. Una linea sposata dalla Fillea: «Servirebbe una spesa pubblica per la riqualificazione urbana e la messa in sicurezza del territorio: anche questa è grande infrastruttura del Paese».