In cambio della `grande opera`, discariche, espropri e stage

“Il conferimento delle rocce”. Così il sindaco consegna Messina alla società del Ponte

Antonello Mangano
  Il sindaco della destra Giuseppe Buzzanca ha firmato con Eurolink e Stretto di Messina due accordi che definiscono la gestione dei cantieri, lo stoccaggio dei materiali di risulta e gli espropri. Il mega-cantiere non avrà ostacoli e le aree di stoccaggio aggraveranno il dissesto di un territorio fragilissimo. I soggetti danneggiati saranno pagati anche per i rumori dei camion o la diminuzione della luminosità. Tra i compensi offerti anche borse di studio, uno svincolo e il completamento di strade ordinarie. Come si svende un territorio per pochi spiccioli.
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Pubblicato su “il manifesto

MESSINA – Da un lato il sindaco della città, dall’altro il contraente generale Eurolink e la società “Stretto di Messina”. Formalmente hanno firmato un “accordo procedimentale”, nei fatti è la consegna delle chiavi della città a un soggetto privato che ha comprato luoghi e abitanti per qualche “compensazione”. Le parti hanno definito la gestione dei mega-cantieri, lo stoccaggio dei materiali di risulta (alcuni milioni di metri cubi) e gli espropri. Questioni che riguardano una comunità di almeno 250 mila persone, ma che vengono risolte in poche pagine che somigliano a un contratto tra privati: la chiusura è infatti un tipico “senza nulla a pretendere”. L’area interessata dal cantiere si estenderà fino in provincia e ovviamente riguarderà tutta l’area urbana.

Parte del documento è pensato per spianare la strada ai lavori ed eliminare ogni ostacolo e ricorso, pensando probabilmente a quanto avvenuto in estate. Allora ci furono frizioni con i proprietari dei condomini interessati dalle trivellazioni, ovvero i costosi sondaggi a base di azoto liquido utili alla progettazione. Nelle prossime settimane potrebbe partire “una lotta primordiale per accaparrarsi risorse”, dice la Rete No Ponte, che ha lanciato una serie di mobilitazioni in vista della manifestazione nazionale del 14 maggio. Secondo Luigi Sturniolo, attivista No Ponte, siamo di fronte a un modello di “prostituzione del territorio”: “amministrazioni locali senza alcun potere decisionale, sempre col cappello in mano nell’atto della questua” guardano con favore a situazioni di emergenza o grandi opere, perché diventano l’unica via per ottenere fondi e realizzare l’ordinario. Intanto in molti sono ancora convinti che “tanto il Ponte non lo faranno mai”, nonostante sia aperto dal dicembre 2009 il primo cantiere di Villa San Giovanni, cioè lo spostamento del binario per far posto al megapilone calabrese. Quattro mesi fa è stato consegnato il progetto definitivo. Adesso arrivano i dettagli sugli espropri.

Nulla a pretendere

In coda all’accordo, il Comune “dichiara di non avere più nulla a pretendere da Stretto di Messina e da Eurolink per la riqualificazione ambientale dei siti, la destinazione all’uso pubblico delle aree dei siti dei cantieri principali e di stoccaggio dopo il completamento delle opere di riqualificazione ambientale”. “Nulla sarà dovuto al Comune”  prosegue il documento, “essendo espressamente convenuto che l’onere del mantenimento di tale aree è compensato dai costi che Stretto di Messina ha sostenuto per l’esproprio delle stesse”.

Gli uomini del Ponte hanno scelto una strategia semplice. Anziché spiegare ragioni e opportunità, preferiscono comprare le persone. Gli espropri riguarderanno 500 soggetti, divisi tra semplici cittadini, complessi edilizi, società, titolari di attività economiche o di terreni. Tutto sarà pagato a prezzo di mercato (“il valore venale”), ma soprattutto ci si impegna a ripagare anche piccoli danni, dalla diminuzione della luminosità e del soleggiamento all’inquinamento acustico; dalla vibrazioni alla “ridotta fruibilità del contesto panoramico e ambientale”. Ma il vero impatto non sarà quello dei cantieri rumorosi, ma lo stoccaggio dei materiali di risulta, definiti con delicatezza “conferimento di terre e rocce da scavo”.

Il materiale proverrà in gran parte dallo scavo delle gallerie ferroviarie e stradali che dovranno collegare la viabilità esistente all’imbocco dell’attraversamento stabile. Circa sei milioni di metri cubi finiranno nei “siti di recupero ambientale”, cioè megadiscariche individuate – da uno studio di ingegneri messinesi – in punti delicati che presumibilmente aumenteranno il dissesto di luoghi fragilissimi. Nell’area urbana toccherà a Torre Faro (teoricamente una riserva naturale) e Annunziata, zona interessata anni fa da un’alluvione. Altre discariche sono previste nei piccoli comuni tirrenici di Venetico, Torre Grotta e Valdina,  cui è stata offerto – in compensazione – uno svincolo autostradale. Tra gli impegni di Eurolink per la salvaguardia ambientale, “l’attecchimento delle essenze arboree impiantate nelle aree riqualificate”.

Compensazioni

L’impatto previsto sarà notevolissimo, anche a grande distanza dai teorici piloni. Per esempio, il cantiere Contesse – a 20 km dalla punta estrema della Sicilia – riguarderà una nuova stazione centrale pensata nella periferia sud. Diverse nuove strade saranno in realtà “piste di cantiere” per lo spostamento dei materiali di risulta tramite camion. E’ stato persino ipotizzato un sistema di chiatte e pontili per ridurre l’impatto sulla città. Chiaramente, è molto difficile che il maxicantiere sia compatibile con la vita ordinaria e le attività dei cittadini.

Ecco quindi le immancabili compensazioni, ancora da definire esattamente e da finanziare: tra le tante richieste, il completamento della Panoramica. Si tratta di una strada pericolosissima, che ha visto nel corso degli anni numerosi incidenti e che andrebbe messa in sicurezza in via ordinaria e non come corrispettivo del megaimpatto dei cantieri del Ponte. Le altre opere richieste dall’ente locale, per un totale di circa 230 milioni, sono la copertura del torrente Papardo (la copertura dei corsi d’acqua è uno dei motivi storici del dissesto idrogeologico), un depuratore, il ripascimento dei litorali e la valorizzazione ambientale di Capo Peloro, cioè l’area di interesse naturalistico che sarà devastata dal cantiere principale del Ponte.

Intanto sono operativi gli accordi con le università di Reggio Calabria e Messina. Quest’ultima ha ceduto il suo “incubatore d’impresa” come “quartier generale del Ponte”, ma finora sono stati prodotti solo alcuni “stage formativi” per laureandi. Secondo la stampa locale, “sei eletti potranno recarsi a Roma o addirittura a New York” nelle sedi di Eurolink o del “consultant” Parsons. Intanto, è stata rapidamente dimenticata la paura per l’alluvione dello scorso primo marzo, che ha interessato tutta la città e prodotto ingenti danni.

Gli attivisti “No Ponte” richiamano con forza l’esigenza della messa in sicurezza delle zone a rischio così come di una riconversione permanente del settore edile (l’unica economia non statale della zona urbana) a favore del recupero del patrimonio scolastico in particolare (tutte le scuole sono a rischio) e della riqualificazione urbanistica in generale. Significherebbe benefici per la collettività, la fine della paura di morire per la pioggia, occupazione stabile. I numeri sull’occupazione presentati dal progetto prevedono circa 4500 addetti all’anno durante l’apertura dei cantieri, 200 addetti alla manutenzione dopo. Attualmente gli addetti al traghettamento sono 1100. Il saldo dunque è negativo: il Ponte toglierà lavoro.

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