Migranti. La realtà e la speculazione di stampo leghista

Lampedusa. Il Truman Show italiano

Antonello Mangano
  “L`avamposto dei disperati” dove sbarcano le carrette del mare. L`esodo biblico. L`incubo invasione. Nel corso degli anni Lampedusa è diventato un luogo dell`immaginario, anziché un posto reale. Raccontando i recenti arrivi, i media non hanno fatto altro che riproporre il solito vocabolario. Perché a Lampedusa non si racconta quello che succede realmente, ma un soggetto televisivo. Con effetti politici sempre efficaci.
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Pubblicato su “il manifesto

Ormai è chiaro. In quei pochissimi chilometri quadrati in mezzo al Mediterraneo si giocano partite importanti. I  tunisini e gli eritrei, gli abitanti dell’isola e gli uomini della capitaneria, i somali o i pescatori sono comparse, pedine di un gioco grande tra il governo italiano, i regimi africani, l’Unione Europea. Una roccia a pochi chilometri dall’Africa, a sud di Tunisi, è in grado di spostare valanghe di voti in base a una semplice ragionamento: c’è l’invasione e noi sappiamo fermarla. “Un gioco a palla tra Africa ed Europa”, disse una volta un migrante africano a Gabriele Del Grande. “E la palla siamo noi”.

La sceneggiatura è elementare. La Lega dice: l’Africa ci invade. Gli italiani, anche quelli di mente più aperta, finiscono per impaurirsi. La Lega dice: ecco, abbiamo fermato l’invasione. Il governo Berlusconi acquista consensi, personaggi di infimo livello culturale e politico arrivano ai vertici delle istituzioni. Riprendono gli sbarchi? L’opposizione rimane confinata all’interno del copione: non siete stati capaci di fermare l’invasione. Così da anni, fino all’ultima puntata.

La famosa invasione

Nell’anno di maggior afflusso giunsero a Lampedusa circa 30.000 persone (l’equivalente di un piccolo paese). I dati di maggior “allarme” diffusi da Ministero dell’Interno parlavano di un 10% di migranti che arrivano sulle coste italiane. Arriva molta più gente a Fiumicino o a Venezia, ma nessuno parla di invasione dal cielo o di assalto alla laguna. Eppure i cinesi in qualche modo arriveranno, e nessuno li ha mai visti a Lampedusa. E molti di coloro che arrivano sulle nostre coste, non hanno nessuna intenzione di fermarsi. Proseguiranno per gli altri paesi europei. In Italia, invece, i rifugiati somali arrivano a tagliarsi i polpastrelli pur di lasciare i nostri confini, vittime di un complesso inghippo burocratico che li lega a una terra ostile dove non vengono accolti, ma sfruttati fino all’inverosimile.

Anche la stessa idea degli “sbarchi” tende a confermare la sindrome dell’invasione. Nella maggior parte dei casi, si dovrebbe parlare di “soccorso in mare”, un concetto differente che produce un diverso immaginario. Nella realtà, gli uomini della Finanza e della Capitaneria pattugliano le acque dell’isola, e spesso hanno accompagnato in porto i natanti. Non è un caso che nessuno arrivi a Pantelleria. I lampedusani lamentano spesso che quell’isola rimane il ‘paradiso dei turisti’, mentre la loro è stata scelta come un gigantesco ‘centro immigrati’. Questa foto mostra bene quello che normalmente succede nella realtà. Come vedete non somiglia per niente a uno sbarco o a un assalto alle coste (le coste ‘prese d’assalto’ sono un altro orrendo luogo comune giornalistico).

Persino le famose ‘carrette del mare’ non sono spesso tali, ma pescherecci a volte in buono stato, visibili nel cimitero delle barche di Lampedusa e destinati a essere distrutti. E pure i famosi scafisti, o le temibili “mafie internazionali” che lucrano sui sogni degli immancabili “disperati” sono spariti col passare del tempo, anche se basta una debole traccia a farli evocare. Quasi sempre, negli ultimi anni, il rapporto è tra un pescatore o in intermediario che ti vende la barca. E buona fortuna.

Ovviamente a Lampedusa arriva ed è arrivata tanta gente. Profughi politici e persone desiderose di migliore la propria condizione. Ricongiungimenti di amori e affetti e persino questioni di salute. Qualche volta, anche la semplice voglia di ‘vedere cosa c’è dall’altra parte’ e poi tornare indietro. Un desiderio che a vent’anni è più che normale, e che i giovani europei realizzano con l’Erasmus o la tessera dell’InterRail. I ragazzi tunisini rischiando la pelle nel Mediterraneo.

La vera guerra tra poveri. Quella dei giornalisti

E poi i giornalisti. Sono i principali artefici del Truman Show. Spesso per ignoranza, ed è un’aggravante. A volte perché le regole del loro gioco sono dure per tutti. “Le donne chiudono la porta a doppia mandata e gli uomini minacciano la rivolta”. Lo riferisce l’inviato de “La Stampa” a Lampedusa, il 15 febbraio. Nell’isola sono appena arrivate migliaia di persone, ma è completamente falso che ci sia aria di rivolta. Isolani e africani giocavano a calcetto. I tunisini manifestavano nelle vie del centro, ma per ringraziare tutti: lampedusani, poliziotti, persino Maroni.

Cosa succede agli operatori dell’informazione? L’inviato arriva a Lampedusa. Guarda in cagnesco i colleghi. Deve trovare la notizia, altrimenti la prossima volta mandano un altro. Ecco la vera guerra tra poveri, altro che migranti. Magari gonfia un fatto, inventa una dichiarazione, deve trovare qualcosa che sia appetibile. Le tensioni interrazziali funzionano sempre, l’invasione degli affamati pure. Non funziona (almeno per l`immaginario corrente) provare a spiegare, tentare di capire.

Le storie incredibili

E intanto lo show nasconde le storie vere. Quelle che non saranno mai notizie. Per esempio il migrante giunto anni fa in porto allo stremo delle forze, praticamente disidratato. Che però non accettò di mangiare o bere perché era periodo di Ramadan. O il caso del cittadino italiano che stava telefonando tranquillamente, in una cabina, all’inizio del 2009. La polizia lo scambia per un ‘clandestino’ e inizia a bastonarlo.

Oppure la vicenda del soccorso in mare che diventa “resistenza a pubblico ufficiale”, sicuramente la più incredibile delle vicende dell’isola, ben viva nelle menti dei sette pescatori tunisini assolti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma condannati dal Tribunale di Agrigento perché erano entrati nelle acque territoriali italiani. Ovviamente per accompagnare in porto dei migranti che avevano salvato. I loro pescherecci sono rimasti sequestrati per anni nei pressi del porto, finché non sono diventati inservibili.

Grazie ai social network e al turismo (ovviamente unidirezionale) capita pure che nascano storie d’amore, contrastate però da leggi prive di umanità che non contemplano queste possibilità. Ed ecco che tra coloro che sono sbarcati a Lampedusa c’è anche chi dice di aver rischiato di morire tra le onde per rivedere la fidanzata in Francia. Nessuno ha voglia di iniziare una procedura lunga anni che può anche concludersi con un rifiuto. C’è pure chi parte per curarsi. Come gli italiani del Sud preferiscono farsi operare negli ospedali della Lombardia, così i tunisini guardano verso Nord per le questioni di salute. Ma anche in questo caso le leggi non contemplano questa possibilità.

Storie che non saranno mai notizie da telegiornale. Arrivederci da Lampedusa, alla prossima puntata. Sicuramente sarà una replica. Le carrette, i disperati, l’invasione….

 

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