Se sembra tramontato il sogno di dominio sull’intero pianeta (il famoso “gendarme del mondo” sognato da Bush padre), gli Stati Uniti sembrano intenzionati ad affermare la propria egemonia globale sul Web. Con una operazione di “cybersquatting” senza precedenti, almeno tra le istituzioni, il “Dipartimento di sicurezza” ha occupato i domini .org e .com appartenenti al gruppo spagnolo Rojadirecta, si è registrato come proprietario dei nomi e infine ha apposto i propri loghi (a base di aquile rampanti, v. foto) sulla home. Per gli utenti è diventato inaccessibile, anche se possono entrare dal .es e da altre varianti). Ai gestori del sito non è stato notificato nulla: si sono trovati di fronte al fatto compiuto. E` l`operazione significativamente chiamata “Operation In Our Sites”.
Rojadirecta è uno dei tanti servizi che segnalano i link a eventi sportivi di tutto il mondo, spesso trasmessi dalle pay tv, che ovviamente fanno di tutto per contrastare questo tipo di attività. In Spagna, il servizio è stato assolto dopo una trafila giudiziaria durata tre anni. Ora è la volta degli Stati Uniti, che proprio in vista del SuperBowl (la finale del campionato di football vale una fortuna in diritti tv) hanno negato l’accesso all’intero website e ad altri nove siti analoghi.
Il fatto è gravissimo. Gli USA non impediscono l’accesso sul proprio territorio, ma al mondo intero. I suffissi .org e . com (rispettivamente destinati a organizzazioni no profit o commerciali) nascono per siti internazionali e non per un solo paese, che però ne esercita il controllo anche per gli altri. L’ICANN, l’ente che controlla il database internazionale dei nomi a dominio, è nei fatti un organo USA. Finalmente il nodo viene al pettine, e non riguarda solo la giurisdizione. Da oggi, un sito come terrelibere.org, pur essendo sottoposto alla giurisdizione italiana, può essere teoricamente oscurato dall’amministrazione americana.
E’ chiaro che una funzione del genere deve essere svolta da un organismo transnazionale. Le Nazioni Unite abbondano di enti poco utili o sottoutilizzati, ma non hanno mai posto l’esigenza di un ente super partes che stabilisca le regole del web. In questi giorni si è discusso a lungo di Egitto e Tunisia. E della censura sul web operata da regimi totalitari. Il problema non riguarda solo i paesi del c.d. Terzo Mondo, ma tutti noi. Non sarà difficile passare dai link del calcio a temi più propriamente politici.
Per ora non entriamo nel merito della questione. Le ragioni delle parti sono note e si confrontano da anni, anche in Italia. I servizi internet sostengono di compilare una sorta di “guida ai programmi tv”, e di non essere responsabili di tutto il resto. Le tv a pagamento, tra cui Sky, affermano che senza queste indicazioni gli utenti non riuscirebbero con altrettanta facilità a reperire i link su cui vedere le partite. Il giro di affari è comunque in forte incremento, perché spesso i video in streaming sono ancora di scarsa qualità ma gratuiti. E le pagine tendono a riempirsi di pubblicità.
Il “circuito” di coloro che beneficiano del sistema, legale o illegale che sia, è molto vasto. E’ una rete di reti. Nei video delle partite, gli utenti inseriscono spesso le pubblicità in overlay che provengono dai circuiti AdSense di Google o TradeDoubler. E così può anche capitare che lo sponsor di una partita “pirata” sia Feltrinelli (v. immagine in basso).