In questa bacheca ci sono le storie di chi ha deciso di dire `basta` allo sfruttamento dentro e fuori le redazioni giornalistiche. Le storie non corrispondono alle adesioni della campagna perche` ci sono giornalisti che hanno deciso di inviare una testimonianza pur non sentendosi pronti a rifiutare il lavoro sottopagato. E viceversa c`è chi ha aderito senza inviare testimonianze. Alcune le pubblichiamo anonime, garantendo la riservatezza alle nostre fonti. A queste persone va tutto il nostro sostegno. A chi si espone e a chi non vuole dire il suo nome.
I giornalisti italiani hanno paura. Temono gli altri colleghi e l`editore, temono il sindacato che non li tutela. Hanno subito ricatti e intimidazioni all`interno delle redazioni perchè chiedono un lavoro dignitoso. Hanno motivo di credere che potrebbero perdere il poco ottenuto, cioè l`elemosina dei pochi euro a pezzo. Spesso i più timorosi non sono giovani alle prime armi, ma professionisti con dieci anni di esperienza alle spalle e le agendine piene di contatti che servono come il pane al datore di lavoro che li sfrutta. Ecco la verità nascosta dell`informazione italiana. I giornalisti precari e freelance sono minacciati dalle redazioni con cui collaborano nel momento in cui chiedono dignitose condizioni di lavoro. E` lo scandalo e la vergogna dell`informazione italiana.
Speriamo che questo racconto possa servire da traino per altri colleghi che vogliano raccontare la loro storia, da sostegno per chi subisce lo sfruttamento del lavoro intellettuale e si sente isolato, per i giovani che si affacciano ora al mestiere e per gli studenti delle scuole di giornalismo, perché capiscano che se accettano di lavorare gratis anche all`inizio si stanno bruciando il futuro con le loro stesse mani.
Non da ultimo, ma come prima cosa, ci rivolgiamo ai lettori italiani perchè chiedano a gran voce che l`informazione che consumano non sia prodotta sfruttando gli schiavi della notizia. Se la prima agenzia di stampa italiana, l`Ansa, si basa sul lavoro sottopagato, come saranno le realtà più piccole?
Le testimonianze dei giornalisti
Ricatti e intimidazioni dai capiredattori. Succede in Lombardia, Piemonte e nelle Marche. E contratti capestro per tv locali con riprese, montaggio e servizio all inclusive
Sono Massimo D`Agostino, 37 anni, laureato in Lettere Moderne, ho lavorato sia nelle Marche, sia in Lombardia, sia in Piemonte. Problemi li ho avuti sempre, poiché a Radio Studio 24 ho fatto uno stage gratuito nel 2000-01, a Il Resto del Carlino ho collaborato 5 anni con contratto di collaborazione da dipendente co.co.co. con Cud travestita da autonoma nella natura giuridica contrattuale. A “Quattroruote” ho un contratto di collaborazione “saltuaria” dal 2008 per 51 euro minimo a pezzo ma che non vincola l`editore a chiamarmi a lavorare (e non mi chiama), ad “AltaitaliaTV” ho lavorato sei mesi nel 2009 con contratto capestro non da firmare, a servizio, con varie categorie che comprendevano anche i montaggi e le riprese video.
Ricatti morali continui, tentativi di intimidazione dagli stessi capiredattori. Stress alle stelle specie nelle Marche, nessun incentivo dagli editori a migliorare, a cercare di vendere più copie, segno che le sovvenzioni dallo Stato sono più che sufficienti.
Dieci anni all’Ansa per 2 euro e 50 centesimi. Una sola sostituzione in un decennio e in compenso ritorsioni perche` chiede di essere regolarizzata.
Giornalista professionista, dal 2001 co.co.co all`Ansa in una città del meridione. Laurea, master in comunicazione, corsi di perfezionamento, 2 lingue parlate. In dieci anni migliaia di pezzi, lavorato notte e giorno: emergenze, politica, cronaca nera, bianca, sanità. Tutto. Pagata da 10 anni 3 euro lordi a pezzo (2,50 euro in busta paga) e non solo brevi lanci anche veri e propri servizi dopo intere giornate di lavoro. In dieci anni una sola sostituzione, nel 2009 a Roma, sezione Ansa multimedia. Nella mia città mai avuto una possibilità. Le scuole di giornalismo, vero problema italiano, riescono a infilare i loro studenti nelle redazioni cittadine scavalcando i precari storici. E subiamo ritorsioni tutti i giorni solo per dire che siamo precari e vogliamo essere regolarizzati (Testimonianza firmata).
Caserta, alla collega al nono mese di gravidanza: “Non posso bucare una notizia perché tu stai partorendo” Quattrocento euro al mese, due figli piccoli e minacce per un articolo sulla famiglia di Michele Zagaria, il boss latitante a capo dei casalesi.
Laureata in Lettere Moderne alla Federico II, corso di lingua inglese a Londra nel 2005, breve tirocinio a La Repubblica Napoli, collaboro con Il Mattino e scrivo nelle pagine di Caserta. Quando ero pubblicista potevo scrivere fino a 21 pezzi al mese, oltre i quali non potevo scrivere perchè altrimenti avrei avuto un`arma nelle mie mani per farmi assumere. Da quando sono diventata professionista ne posso scrivere 15. Vengo pagata 25 euro a pezzo. In pratica riesco a guadagnare, più o meno, 400 euro al mese. Collaboro anche con l`Agi, ma mi paga pochissimo. Collaboro con mensile “Fresco di Stampa” che paga 8 euro a pezzo. Piccolo particolare: ho due figli. L`ultimo ha solo 4 mesi e non ho potuto usufruire della maternità, allattamento.. insomma: niente. Perché sono precaria e ho il vecchio contratto “cocopro”. In pratica: mi pagano quanto scrivo. Il Pc è mio, connessione a internet mia, fonti mie, cellulare mio… registratore vocale mio… tutto mio.
Ho lavorato fino al nono mese di gravidanza con il Pc sulle ginocchia perchè la sedia era scomoda e la mia pancia urtava contro la mia scrivania. E mi sono sentita dire dai miei capi: “Non posso bucare una notizia perchè tu stai partorendo…” Nel mese di settembre – mese in cui ho partorio e ho avuto mio figlio in ospedale in terapia intensiva per delle complicanze legate al parto – sono stata pagata 50 euro da “Il Mattino”. Poco più di 100 euro dall`Agi. Non posso mandare la mia prima figlia in gita scolastica perchè non ho soldi, non posso pagare l`Inpgi perchè non arrivo nemmeno a fine mese…
Dimenticavo: nel 2007 ho ricevuto minacce da una persona che mi redarguiva su un articolo scritto sulla famiglia di Michele Zagaria. Ho fatto denuncia, ma non è cambiato niente. L`ho anche comunicato in redazione ma, appunto, non è cambiato niente. Diciamo che se lavoro abbastanza l`Agi mi paga circa 300 euro al mese… Ma non mi rimborsa niente.
Solo che la direttrice di Napoli, devo essere sincera, mi aiuta molto ed è molto dolce, forse la migliore, umanamente parlando, che ho trovato in tutto l`ambiente. Provo esclusiva gratitudine per lei. E` stata davvero l`unica a capirmi. (Testimonianza firmata)
Trieste. Lo stipendio di febbraio? 80 euro. In cambio disponibilità totale, anche a Natale. Le offrivano una seconda collaborazione. Al giornale hanno detto: “Scegli, o noi o loro”.
Collaboro con il quotidiano locale della mia città che è Trieste da diversi anni. Fino allo scorso anno scrivevo circa una ventina di articoli al mese, e quindi 200 euro netti in tasca con punte di 300, a volte. Parlo al passato perché a gennaio mi hanno chiamato pochissime volte, quindi a febbraio avrò uno stpendio di 80 euro circa.
Scrivo a chiamata di solito e la chiamata prevede la disponibilità sempre. Ma soprattutto questo giornale non ti dà possibilita` di crescita. Mi è capitato di lavorare anche durante le festività per 10 euro ad articolo. Nel 2010 praticamente non sono andata da nessuna parte ho sempre lavorato. Nel frattempo il giornale fa il contratto a gente mai vista prima, paracadutata con contratto.
Quando un`altra testata mi ha proposto una collaborazione, al giornale mi hanno detto “o noi o loro”. Insomma, per me la misura è colma. E` veramente dura e sinceramente non so se avrò la forza di continuare, questo è il lavoro che voglio fare ma ormai sono così demoralizzata. Continuo a vedere che ci sono persone che passano avanti a me dopo che mi avevano detto di tenere duro che ci sarebbero state delle possibilità, che io sono la collaboratrice di punta. Insomma un altro anno a 200 euro al mese non so se lo reggo. (Testimonianza firmata)
Da anni pagata 4 euro ad articolo e tutto il giorno a caccia di notizie. La storia di Viviana che lavora a Palmi, nella piana di Gioia Tauro, a casa della ‘ndrangheta più sanguinaria.
Ho iniziato a collaborare con questa testata diversi anni fa. Sapevo che era un mondo difficile, ne avevo sentito parlare più volte. Ma non avrei mai immaginato di ritrovarmi a dover pensare che il mio non è un lavoro ma una semplice “collaborazione”. Perché quando sei pagato 4€ per un articolo, nonostante stia tutto il giorno in giro a caccia di notizie per far riempire le pagine di un giornale, tutto ti sembra ma non un lavoro.
Il lavoro è uno dei principi sui quali si fonda la nostra Costituzione e questo principio è oggi calpestato, bistrattato, cancellato. Come giornalista mi sento umiliata; spesso mi dico: “Cambia lavoro, lascia stare”, ma io questo lavoro lo amo e lo difenderò fino all`ultimo. Chiedo solo, come tanti colleghi, un po` di rispetto e considerazione in più. Nessuno, credo, vuole diventare milionario, ma il giusto, quello sì che lo vogliamo. Viviana Minasi, Palmi (RC), Il Quotidiano della Calabria.