A Palermo, ricordando Borsellino e don Puglisi

Atletico Zen, giovani calciatori antimafia

Raffaella Cosentino
  In uno dei quartieri più disagiati d`Italia, una squadra di calcio fondata da un ex olimpionico marocchino e finanziata da un ristoratore palestinese. Per vincere l`esclusione sociale e strappare i ragazzi alla criminalità.
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Pubblicato su Repubblica.it

PALERMO – Hanno giocato per ricordare Paolo Borsellino e don Pino Puglisi, allenati da un ex atleta olimpico di origine marocchina e sponsorizzati da un ristoratore palestinese di Palermo. Il calcio solidale per vincere l`esclusione sociale di uno dei quartieri più disagiati d`Italia
L`hanno chiamato Atletico Zen pensando alla squadra di Madrid. I colori della maglietta sono gli stessi: a strisce rosse e bianche. Ma questi ragazzi non hanno mai visto la Spagna. Difficilmente mettono piede fuori dal quartiere ghetto, dove 20mila persone vivono nel degrado e nell`esclusione sociale. Zen 1 e Zen 2 sono posti in cui a 19 anni si può finire agli arresti domiciliari per avere già compiuto tre rapine. Per questo, per i ragazzi dell`Atletico Zen un torneo di calcetto è una chance per incontrare realtà diverse. E identificarsi nel quartiere in senso positivo, orgogliosi di rappresentarlo sul campo di calcio. A dargli questa possibilità sono due nuovi cittadini italiani. Rachid Berradi, marocchino d`origine e ormai in pianta stabile a Palermo e un ristoratore palestinese del centro storico (Al Quds) che oltre a cucinare felafel e cous cous sponsorizza la squadra.

Ex atleta olimpico e primatista italiano di mezza maratona, Berradi  voleva mettere insieme una squadra di atletica con la sua associazione sportiva “Atletica Berradi 091”.  Poi ha ripiegato sul calcio, lo sport più popolare e democratico che si gioca nelle borgate per strada. Mutando pelle si è adattato a fare l`allenatore, il preparatoreatletico, all`occorrenza il portiere durante le partite. E` diventato il punto di riferimento per circa quindici calciatori con un`età compresa tra i 14 e i 19 anni. Tutto volontariato ovviamente. “Io ci sono passato, so cosa significa trovarsi in un posto disagiato e non avere nessun luogo di aggregazione e di ritrovo  –  racconta Berradi  –  uso lo sport come strumento per farli stare insieme e per tirarli fuori dallo Zen”.
L`isolamento che questi ragazzi vivono ogni giorno salta fuori anche da una frase. “Andiamo a Palermo” dicono quando si allenano allo Stadio delle Palme o vanno a giocare in un`altra zona della città. A quel punto Berradi cerca di spiegare loro che anche lo Zen fa parte di Palermo. Ma nel quartiere non c`è una piazza né un prato dove allenarsi o disputare le partite. Ci sono impianti sportivi abbandonati di cui nessuno fruisce, come il Velodromo, inaugurato nel 1991 e mai aperto agli abitanti del quartiere. “Riqualificarli, fare qualcosa per il quartiere” è un chiodo fisso per Rachid che proprio non capisce perché debbano restare cattedrali nel deserto.
Con Berradi, i ragazzi dello Zen sono diventati testimonial di iniziative antimafia. Hanno ricordato Don Pino Puglisi in occasione del decimo anniversario della scuola di Brancaccio intitolata al sacerdote caduto per mano dei fratelli Graviano. Sotto un solo cocente, il 19 luglio hanno giocato alle quattro del pomeriggio con la squadra di Addio Pizzo per celebrare Paolo Borsellino nel primo memorial di calcio a 5 dedicato al giudice ucciso in via D`Amelio. Le partite si sono svolte negli impianti sportivi situati a cento metri dal luogo della strage. Oltre a partecipare alle iniziative di Libera e del Coni Sicilia, hanno giocato anche al Mediterraneo Antirazzista.
“Allo Zen non ci sono neanche gli occhi per piangere”, dicono apertamente i giovani calciatori. Per questo per loro sarà un`occasione importante allenarsi tutte le settimane e partecipare al prossimo torneo di calcio a cinque “Calciando in rete” che li vedrà impegnati ogni domenica da marzo fino a giugno. È un campionato organizzato da 35 associazioni di quartieri palermitani. L`Atletico Zen ha appena un anno di vita ma ha già fatto gol, dando una prospettiva diversa a ragazzi che conoscevano solo le regole della strada come legge per la sopravvivenza.    

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