“I poveri, i migranti e i lavoratori precari sono spesso considerati degli esclusi. In realtà, nonostante siano dei lavoratori subordinati, sono completamente all`interno dei ritmi globali della produzione biopolitica. Le statistiche economiche possono continuare a presentare le condizioni della povertà in termini negativi, ma non possono fare altrettanto con le forme di vita, i linguaggi e i movimenti e la capacità di innovazione generati dalla povertà”.
Hardt – Negri, Comune. Oltre il privato e il pubblico
Come sono prodotti i cibi che mangiamo? Da dove vengono? Chi li lavora? Perché la Confindustria non butta fuori le aziende che utilizzano manodopera in nero e condizioni di lavoro disarmanti? “Voi li chiamate clandestini”, il libro di Laura Galesi e Antonello Mangano è prima di tutto un viaggio nell’agricoltura meridionale, segnata da mafia e caporalato.
Ma senza pietismi e commiserazione. Nel corso del viaggio durato due anni non abbiamo incontrato “ultimi” e “schiavi” ma lavoratori carichi di dignità, impegnati in attività sindacali di frontiera (Nardò, Castel Volturno) e nell`antimafia di piazza (rivolte di Rosarno e Castel Volturno). Senza la legislazione vigente, repressiva e discriminatoria, sosterrebbero in condizioni civili un intero settore economico.
Già adesso sono essenziali. Come manodopera a costo zero, lavoratori senza diritto nemmeno a un tetto. Sono la parte impresentabile delle produzioni Doc, della dieta mediterranea, della pizza e della pastasciutta, di una buona parte di quanto – almeno fino a oggi – ci rende orgogliosi di essere italiani. Tollerati, sfruttati, criminalizzati e consapevoli, li definiva un rapporto di Medici Senza Frontiere rimasto del tutto inascoltato.
Tutti ci siamo commossi di fronte alle fotografie dei piccoli lavoratori asiatici sorpresi a cucire palloni per marchi notissimi. Alle immagini dei blood diamonds procacciati in mezzo alle guerre africane e venduti ai ricchi occidentali. Ma che dire del nostro piatto di pasta al pomodoro? Delle arance? Del vino? Di fragole, angurie, patate? Nessuno può dirsi innocente, nessuno può dire: non mi riguarda.
Viaggiando nelle campagne del Mezzogiorno (in Sicilia, Calabria, Campania, Puglia e Basilicata), abbiamo trovato tanti tratti comuni tra le varie realtà. Intanto, non c’è praticamente nessuna istituzione che voglia risolvere autentiche emergenze umanitarie. Oltre la nota Rosarno, abbiamo mille e più africani a Palazzo San Gervasio, in un centro che ogni estate scoppiava (quest`anno non è stato neppure aperto); le situazioni estreme di Castel Volturno e San Nicola Varco, dove c`è stato il primo sgombero di massa; i ladri d`acqua di Licata; il trasporto su gomma dai mercati ortofrutticoli gestito da casalesi e `ndranghetisti; i vendemmiatori di Alcamo che dormivano in strada; la tendopoli di Cassibile circondata da tensioni e razzismo e non ultimi i “festini agricoli” nel vittoriese.
Tante piccole emergenze che si ripropongono annualmente rispettando il carattere stagionale delle raccolte. I pomodori d`estate, la vendemmia a settembre, gli agrumi d`inverno. Una soluzione definitiva, per esempio il rispetto della legge che assegna ai padroni l’accoglienza dei lavoratori stagionali o la lotta al caporalato, significherebbe la fine di tanti stanziamenti e interventi più o meno strampalati che sono diventati il lavoro di associazioni, politici locali, enti di assistenza. Tendopoli e corsi di formazione, centri di aggregazione e progetti per l`integrazione. Tutto tranne che il riconoscimento dei diritti.
La campagna “Da leggere prima dei pasti”
Per approfondire:
- Le tappe del viaggio
- La mostra fotografica su Flickr
- Il comunicato stampa ufficiale (manifestolibri)
- Il gruppo su Facebook
La scheda del libro. Laura Galesi – Antonello Mangano, “Voi li chiamate clandestini – Come viene prodotto il cibo che state mangiando?“, manifestolibri, Roma 2010, ISBN: 9788872856512, 143 pagine, euro 16.