MESSINA – Tantissime le presenze. Tra le più significative, quella dei rappresentanti del “No Tunnel” di Firenze, contrari alla stazione sotterranea per l’Alta Velocità, sette chilometri sotto una delle più importanti città d’arte. Da Rossano, nel cosentino, gli attivisti che lottano contro la riconversione a carbone della centrale Enel. Dal palco arriva il ricordo di Franco Nisticò, una vita spesa nel comitato per la 106, la “statale della morte” che unisce Taranto a Reggio e che non è mai stata completata.
Nisticò è morto il 19 dicembre alla precedente manifestazione “No Ponte”, quella di Villa San Giovanni. “Quel giorno hanno militarizzato la città”, ricorda Peppe Marra della Rete No Ponte calabrese. “Però mancava l’ambulanza che avrebbe potuto salvare una vita”. In effetti il mezzo c’era, ma era andato via alle 13. Un’ora prima l’infarto di Nisticò. La conclusione della manifestazione era prevista per la serata. Una metafora chiara e drammatica del modello delle grandi opere: si impone l’inutile, anche con la forza, mentre manca l’essenziale.
“La nostra lotta è il simbolo delle battaglie in difesa del territorio e per un uso diverso delle risorse pubbliche”, dice Luigi Sturniolo della Rete No Ponte. “Oggi ricordiamo 37 morti, avevamo paura di toccare questo argomento. In questi giorni, a un anno dalla tragedia di Giampilieri, l’ipocrisia è stata immensa. Abbiamo rivisto il rimpallo delle responsabilità tra Bertolaso, Lombardo e Buzzanca, sindaco di Messina. Questa è la giornata dalla rabbia e dell’indignazione, non della commemorazione. Siamo stati nelle zone alluvionate, nei giorni scorsi, per proporre questa manifestazione. Il rappresentante della Protezione Civile ha detto che 120 milioni sono stati investiti per i lavori, ma ne servirebbero almeno altri 170. Il governo ha detto che quei soldi non arriveranno. In estate il nostro territorio è stato investito dalle trivelle, i nostri soldi sono finiti nel fumo dell’azoto liquido”. Da qualche mese, infatti, il territorio è “perforato” per i carotaggi utili alla progettazione definitiva della grande opera. A questo proposito, i rappresentati del “Comitato Capo Peloro” (i cittadini della zona maggiormente interessata dai lavori) ribadiscono che “decine di migliaia di euro sono state sperperate per distruggere”.
I manifestanti chiedono che i soldi del Ponte vadano alla messa in sicurezza del territorio, al trasporto pubblico nello Stretto, alla scuola. Lo scorso 12 settembre c’è stata una grande manifestazione dei precari della scuola, chiamata “Invadiamo lo Stretto”. “Hanno superato gli argini” dicono dal palco. “Hanno bloccato le navi e questo è servito a rilanciare il precariato nella scuola a livello nazionale. La difesa della scuola pubblica è la nostra battaglia”.
“Si sta emblematicamente sgretolando il territorio”, dichiara Stefano Leoni, presidente del WWF Italia. L’associazione ricorda ancora l’insostenibilità economica e sociale, le ipoteche sulla fattibilità tecnica, in ultimo devastazione del territorio.
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