NARDÒ (LE) – L’hanno chiamata ‘anguria city’. Una delle più belle località del Salento, per il centro storico barocco e il mare incontaminato di Porto Selvaggio. La città è medaglia d’oro al valore civile perché ha accolto i fuoriusciti dai campi di concentramento. Tuttavia, negli ultimi anni, anche qui i braccianti agricoli stagionali che da oltre due decenni raccolgono le angurie tra giugno e agosto, sono stati costretti a vivere in masserie abbandonate o addirittura direttamente sotto gli ulivi. Centinaia di persone, in gran parte tunisini e marocchini, ma anche subsahariani Tanto che per non avere problemi, alcuni proprietari l’anno scorso hanno preferito radere al suolo i loro ruderi, mentre la vecchia masseria in cui si rifugiavano era stata soprannominata “Guantanamo”. Anche in Salento, nel pieno della stagione turistica, ad agosto si vede la faccia amara dello sfruttamento e degli sgomberi per gli stagionali.
Ma questa volta le cose sono andate diversamente, grazie al campo “Masseria Boncuri”, finanziato dal comune e gestito dall’associazione pugliese Finis Terrae, che si occupa di diritto d’asilo dalla fine degli anni Novanta e di stagionali dal 2004, e dai volontari della Brigata di solidarietà attiva. “Questo come punto di riferimento crea tranquillità e riduce il conflitto con la popolazione locale”, spiega Gianluca Nigro, presidente di Finis Terrae. Il campo, che ha chiuso i battenti il 31 agosto, mentre nei giorni scorsi i suoi abitanti si sono diretti verso le altre raccolte stagionali, ad esempio a Palazzo San Gervasio (Pz), ospitava 300 persone. Alloggiati nelle tende da sei-otto posti in gran parte, altri nelle camerate della masseria con i letti a castello.
Un’esperienza unica in Italia per una serie di ragioni. Il centro non è stato gestito in modo militarizzato, né dalla Croce Rossa, né dalla Protezione civile. I servizi erano aperti anche agli irregolari. Dodici volontari al giorno per tre mesi si sono alternati con turni di dieci giorni. I volontari, un centinaio in totale, hanno dormito in camerate con i letti a castello, nella stessa struttura degli africani, ma al piano superiore. Questo ha portato, a una maggiore condivisione della condizione dei braccianti stranieri e a momenti di scambio culturale. Ad esempio i braccianti, in gran parte maghrebini, hanno celebrato l’inizio del Ramadan al campo, dove è stata adibita un’area per la moschea. Ma anche a una presenza costante dei volontari sulle 24 ore, a differenza delle solite esperienze di semplice trasporto di generi di prima necessità a chi vive nelle campagne. Oltre ai servizi di accoglienza, servizi igienici, doccia e acqua potabile gratuita, cucina autonoma, ambulatorio al ritorno dal lavoro e sportello legale, è stata fatta un’azione mirata per contrastare il lavoro nero.
I braccianti sono andati nei campi con delle T- Shirt con su scritto “Ingaggiami contro il lavoro nero” e per la campagna di sensibilizzazione sono stati realizzati volantini e vignette in diverse lingue. Alla fine, il bilancio comunicato da Nigro era di 160 ingaggi regolari, una buona media considerato che non tutti gli ospiti del campo avevano trovato lavoro. Anche qui la manodopera lavora per un euro ad anguria e sotto un rigido sistema di caporalato. C’è anche ‘il capo dell’acqua’ che la vende a un euro e cinquanta centesimi a bottiglia. Ma a cercare i braccianti non sono i proprietari terrieri, bensì i commercianti (che provengono spesso da altre regioni, come calabresi e casertani), i quali prendono in affitto il campo dal contadino. Le angurie si lavorano in squadre da 6, 9 e 12 persone. Il caporale ha più squadre, ognuna diretta da un caposquadra. In un volantino i gestori del campo hanno inserito le tariffe agricole del contratto provinciale di lavoro, quelle che devono essere rispettate da chi ingaggia i lavoratori.
Gli ospiti africani sono persone che spesso hanno girato mezza Italia, perché facevano i saldatori e gli operai specializzati al nord o, come Hassan il sudanese, fanno il classico giro delle campagne: Rosarno, Cassibile, Nardò. La Masseria Boncuri è di proprietà del comune di Nardò e si trova nell’area industriale, prima dell’ingresso in paese. E’ stata ristrutturata con fondi per l’emersione del lavoro nero. Il comune ha speso 300 mila euro per i lavori strutturali dell’edificio e per il campo annesso, rifacendo il piazzale con la ghiaia, con l’impianto elettrico e i bagni chimici. Altri 19 mila e seicento euro è costata la presenza dei volontari per tre mesi.
E’ diventato subito un punto di riferimento tanto che all’interno si è svolto anche il casting per il nuovo film di Ermanno Olmi, dal titolo “Il villaggio di cartone”, che sarà girato in Puglia tra ottobre e novembre prossimi. Tra i braccianti di Nardò, la produzione Oz Film ha cercato i protagonisti del film non le comparse, che saranno tutti attori non professionisti, per narrare l’incontro tra africani ed europei.