CASSIBILE – Don Lolò Zirafa – il protagonista de “La Giara” di Pirandello – è uno dei più celebri tirchi della storia della letteratura. Tutti ricordano il duello con Zi’ Dima Licasi e il suo mastice miracoloso. Ma neppure un padrone tanto litigioso osava negare un principio condiviso: “Fino a qualche decennio fa, quando erano gli italiani che si spostavano in funzione dei raccolti, i proprietari davano sempre alloggio ai braccianti. Da sempre, è una tradizione: anche nei nostri film, nei nostri libri è raccontato in questo modo. Ora non più…” conferma Franco La Monica – direttore del campo della Croce Rossa – intervistato dagli autori del documentario “U stisso sangu”.
Oggi l’ospitalità dei lavoratori stagionali è diventata un incrocio tra emergenza umanitaria e gestione militare. Siamo a Cassibile, a sud di Siracusa, quattromila anime. Un borgo celebre per la firma dell’armistizio del ’43 tra l’Italia e gli alleati. Nel ‘67, ci furono eroiche lotte bracciantili culminate coi sanguinosi fatti di Avola. La piazza di Cassibile, per migliaia di lavoratori agricoli è stato il luogo di ritrovo tra domanda e offerta di lavoro bracciantile, i famosi jurnateri delle cinque di mattina, con la frequente intermediazione di caporali e la presenza di migranti. Messinesi i primi, arrivati due secoli fa al seguito di un aristocratico a cui fu concesso un feudo dai Borboni. Marocchini, eritrei, sudanesi oggi.
Fotogalleria
Dallo scorso primo aprile, la Croce Rossa ha recintato uno spiazzo nei pressi dell’uscita dell’autostrada, messo su qualche decina di tende, militarizzato l’organizzazione (per entrare e uscire occorre mostrare il tesserino e annotare il passaggio). Un fuoristrada dei carabinieri pattuglia l’ingresso. Centoventi posti solo per regolari e una lunga lista d’attesa. Le domande sono molte di più e i richiedenti aspettano dormendo nei casolari dei dintorni. I volontari ci spiegano che un campo più grande presuppone un diverso livello di organizzazione e sicurezza. Perché oggi, nell’Italia dominata dal verbo leghista e tra queste terre rosse più vicine all’Africa che a Varese, pure un raccoglitore di patate che dopo 8-10 ore di lavoro vuole andare a dormire è un problema di “sicurezza”. All’interno non si può fotografare, le dichiarazioni le rilascia solo il responsabile, un ospite che ruba per fame pochi euro di surgelati finisce ammanettato per “furto aggravato di derrate alimentari” (è accaduto il 5 maggio).
Invece è ancora libero l’autore del pestaggio avvenuto tre giorni prima, un balordo di paese che ha spaccato la testa con un bastone a un eritreo, tra l’altro rifugiato politico, colpevole di un immaginario sguardo alla fidanzata: “Dobbiamo denunciare l’aggressione, durante la quale nessuno è intervenuto, anzi alla vittima è stato rifiutato rifugio in un negozio al centro del paese e non è stata raccolta da parte delle forze dell’ordine la sua denuncia dell’aggressore”, dice Alfonso Di Stefano della Rete Antirazzista. “Il ragazzo eritreo ha fatto denuncia solo dopo essere andato via da Cassibile”, racconta Paola Ottaviano, legale della vittima, intervistata dal giornalista siracusano Massimiliano Perna. “Chi lo ha picchiato era ancora in circolazione e continuava a infastidirlo. Ma la cosa più grave e che questo migrante è stato aggredito in pieno giorno, di fronte a tanta gente e nessuno è intervenuto”.
Rovina il turismo
Intorno alla tendopoli il clima è pesante. La stampa locale ha ripreso le dichiarazioni del segretario locale del Pd: “Non siamo razzisti, ma la tendopoli rovina l’economia turistica del paese”. Un’opinione diffusa nel Consiglio di Circoscrizione. Nessuno ricorda che l’emergenza umanitaria si crea a causa del deficit, diciamo così, di azione sindacale: il caporalato sottrae ai lavoratori parte consistente del loro reddito, almeno 8 euro su circa 40-45 di paga giornaliera. A monte, il sistema legislativo pensato dalla Lega rende ricattabili gli immigrati.
“Dove sono le istituzioni preposte a combattere il caporalato colpendo chi sfrutta il lavoro nero?”, chiede ancora Di Stefano. “Stiamo vigilando perché chi lavora nella campagne abbia un regolare contratto di assunzione. Non solo, ma verifichiamo pure se ai braccianti è concesso un alloggio e se sono erogati i contributi previdenziali. Infine, ci sono dei corpi speciali che lavorano in questa direzione”, risponde Domenico Percolla, Questore di Siracusa, in una dichiarazione alla stampa locale del 14 aprile. La raccolta era ancora all’inizio. Finora i “corpi speciali” non hanno prodotto risultati di rilievo, e la situazione è sempre più grave per la mancanza di lavoro.
Dopo il rogo del 2006, quando andò in fumo l’accampamento di fortuna dei braccianti, Cassibile divenne una questione nazionale. Da allora, ogni anno una soluzione diversa: una tendopoli in paese, poi ad Avola (lontanissimo dai campi), poi niente del tutto, poi di nuovo nei pressi del paese. Giampaolo Crespi – punto di riferimento per gli attivisti di Cassibile -, spiega: “C’è sempre stato un senso di fastidio, gli stranieri vanno bene per lavorare ma non si devono vedere”. In 250 risiedono stabilmente in paese, c’è anche una moschea. Tutto il resto è lavoro stagionale. A novembre, per la semina di patate e insalate, arrivano i marocchini. Da febbraio a marzo gruppi di sudanesi, nigeriani, somali ed eritrei vengono a raccogliere fragole e patate.
Il centro polifunzionale
Duecento chilometri più a nord, a Rosarno, c’è un’attività mai vista per diversi progetti che riguardano i migranti. I fatti di gennaio hanno dato impulso alle attività collaterali, mentre rimangono bene al riparo le cause di fondo (lo sfruttamento esasperato, il clima di violenza, la filiera mafiosa che strangola l’economia locale). I progetti sono gestiti direttamente dal governo: il Ministero dell’Interno (dunque il leghista Maroni) invia le direttive ai funzionari prefettizi insediati al municipio (è stato prorogato lo scioglimento per mafia).
I programmi, inseriti nell’ambito del PON Sicurezza, sono segnati da una evidente sproporzione tra il volume dei finanziamenti e quello degli alloggi previsti per gli immigrati. Quando sarà costruito il centro polifunzionale da due milioni di euro ci dormiranno 60 immigrati. Ogni anno nella Piana arrivano circa 2000 braccianti stagionali. Il comune avrebbe anche presentato un progetto con moduli abitativi prefabbricati per circa 150 posti letto, riservati a chi è in regola con il permesso di soggiorno. Un “modello Cassibile”, ma molto più costoso e limitato.
Per trovare un diverso sistema d’accoglienza, non occorre per forza ritornare alle novelle di Pirandello. Può essere sufficiente risalire la penisola. “In Val di Non”, ricorda Danilo Merz, direttore della Coldiretti trentina, intervistato da Repubblica, “i volontari avevano montato tendoni per accogliere i raccoglitori stranieri. Dopo tre giorni, o avevano trovato un ingaggio o dovevano ripartire. Loro avevano bisogno di noi, noi avevamo bisogno di loro, e così ci siamo dati da fare. Non è sempre stato facile. Quando è uscita la Bossi-Fini la polizia veniva a prendere le impronte agli stagionali stranieri. Non è stata una bella esperienza. Ma da anni la situazione è tranquilla. Gli stranieri – e sono sei, settemila – hanno contratti che per la raccolta delle Melinda prevedono un salario di 7 euro l’ora e l’organizzazione di vitto e alloggio”.
Click Day
Ma cosa può fare chi vuole uscire dall’illegalità e dalla clandestinità? Al Sud praticamente nulla. I flussi stagionali non possono essere applicati nelle zone dove non esiste domanda di manodopera. Nella Piana di Gioia Tauro – per esempio – gli elenchi sono pienissimi di contadini italiani, i campi invece di lavoratori africani. E’ il sistema dei falsi braccianti, inseriti in graduatoria per ottenere indennità immeritate. Un fenomeno di massa noto a tutti ma mai veramente perseguito.
Superato questo problema, ci si scontra con la spaventosa burocrazia italiana. Per l’ultimo “Click Day” per 80.000 lavoratori stagionali, i datori di lavoro dovevano impegnarsi, tra le altre cose, a garantire l`idoneità alloggiativa degli stagionali assunti, pagare il viaggio di ritorno se questi fossero espulsi, comunicare ogni dettaglio del rapporto di lavoro, attendere il parere del Questore, il nulla osta della Direzione Provinciale del Lavoro, firmare il “contratto di soggiorno”, trasmettere per via telematica la documentazione consolare, attendere il rilascio del visto, comunicarlo a tre ministeri, all`INPS, all’INAIL. E questa è solo la prima fase. Poi c’è la seconda e la terza, al termine della quale con buona probabilità i pomodori (o le arance o le fragole) saranno già marci.