“Appena io e i miei fratelli fummo catturati, l’Lra (acronimo per Lord’s Resistance Army – Esercito di resistenza del signore) ci spiegò che cinque fratelli non avrebbero potuto servire nelle loro file perché non avremmo lavorato bene. Allora legarono i miei due fratelli più giovani e ci invitarono a guardare. Cominciarono a picchiarli con i bastoni finché non morirono. Ci dissero che così avremmo avuto più forza per combattere. Mio fratello più piccolo aveva nove anni”. Così ricorda un ex-bambino soldato ugandese l’esperienza del suo tragico arruolamento nell’Lra di Joseph Kony, responsabile nel nord dell’Uganda del rapimento di oltre 20.000 bambini e dell’uccisione di più di 100.000 persone.
Questa e altre testimonianze sono state diffuse oggi dalla ‘Coalizione per fermare l’uso dei bambini soldato’ (‘Coalition to stop the use of child soldiers’), nella giornata della presentazione a Londra, sede della coalizione di organizzazioni umanitarie e pacifiste, del suo rapporto globale, “la rassegna più ampia e completa sulla dimensione del fenomeno su scala mondiale” come sottolinea Amnesty International, che fa parte della coalizione insieme a decine di altre organizzazioni nazionali e internazionali con base in molti Paesi del mondo.
Nel rapporto la Coalizione rimarca l’uso di bambini soldato in molti dei conflitti attualmente in corso pressoché in tutti i continenti e sottolinea lo scarso impegno del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea, del G8 e dei singoli Paesi nell’applicazione e nel rispetto del bando che vieta l’impiego di combattenti d’età inferiore ai 18 anni. Difficile dare cifre certe sul numero complessivo di minori utilizzati nei vari conflitti: continua tuttavia a essere considerata attendibile il dato che parla di almeno 300.000 baby-combattenti.
Dal rapporto si apprende che dal 2001 a oggi decine di gruppi armati hanno fatto impiego di bambini soldato in almeno 21 conflitti locali o regionali in corso, “addestrandoli all’uso delle armi e degli esplosivi e sottoponendoli a stupri, violenze e lavori forzati”. Da sottolineare il fatto che anche gli Stati Uniti, secondo la Coalizione, continuano ad arruolare minorenni nelle file del loro esercito. Sebbene nel documento si esamini la situazione di ben 196 Paesi, particolare attenzione e spazio sono dedicati a realtà come quelle colombiana e dell’est della Repubblica democratica del Congo, dove decine di migliaia di ‘mini-combattenti’ anche di 12 anni sono utilizzati in battaglia, come spie, come portatori o, semplicemente, come schiavi, ma anche a situazioni come quelle del Burundi, di Myanmar, della Costa d’Avorio e di altri Paesi.
A proposito, in particolare, della Colombia, si legge che 14.000 bambini e bambine sono stati utilizzati come bambini soldato da gruppi armati d’oposizione o dai paramilitari che ricevono appoggio dal governo” di Bogotá. In definitiva, la Coalizione chiede ai governi di bandire ogni forma di reclutamento di persone al di sotto di 18 anni nelle forze armate e di dare piena attuazione al trattato delle Nazioni Unite sui bambini soldato, giudicato uno strumento utile per ridurre il numero dei bambini nei conflitti. Ma “almeno 60 governi, tra cui quelli di Australia, Austria, Germania, Olanda e Regno Unito, continuano a reclutare legalmente bambini di 16 e 17 anni” fa sapere attraverso un comunicato Amnesty International.