Ancora non ci crede nessuno. Mancano poche settimane dall`apertura ufficiale del primo cantiere, sono passati pochi giorni dall`alluvione di Messina. La messa in sicurezza del territorio è già stata accantonata, nessuno si è dimesso. Tutto andrà come prima, anzi: peggio di prima. Si inizia dal versante calabrese, ancora più a rischio idrogeologico di quello siciliano. “I primi lavori per il ponte riguardano necessariamente lo spostamento delle interferenze” – spiega l`A.D. della Stretto di Messina Ciucci, citato dal quotidiano l`Unione Sarda. “In questo caso la ferrovia di Cannitello, che verrà spostata più a monte”. Lavori per un importo di circa 20 milioni di euro.
Nei primi mesi del 2010 toccherà all`altra sponda, quella siciliana. Partiranno infatti i cantieri stradali in Sicilia, ovvero la progettazione e il collocamento della tratta di Torre Faro verso Messina. L`annuncio dei primi cantieri delle opere a terra, a dicembre o al massimo a gennaio, è del ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Altero Matteoli, che continua a difendere la necessità dell`opera: “E` una priorità del governo”. “I soldi per il Ponte di Messina – circa 5 miliardi – sono in gran parte privati, non possono essere dirottati” e “il governo ha l`obbligo politico di mantenere gli impegni programmatici senza lasciarsi trascinare da polemiche strumentali e senza avvallare le richieste di chi utilizza una tragedia immane per bloccare una infrastruttura così necessaria”, afferma Matteoli.
Non c`è nessun collegamento, nè tecnico nè finanziario, tra l`alluvione nel Messinese e la realizzazione del ponte sullo Stretto, ribadisce a sua volta Ciucci. Anzi, se i cantieri fossero stati avviati due anni fa, come previsto, questo avrebbe di certo aiutato tutta l`area, sia dal punto di vista economico che del monitoraggio ambientale. “Il ponte sarà realizzato in prevalenza con capitale privato in project financing – dice il presidente Anas – e l`assegnazione recente di 1,3 miliardi è inferiore alle risorse ex Fintecna destinate al ponte. Se non ci fosse stato il blocco, a mio avviso ingiusto, a metà 2006, quale sarebbe stata oggi la ricaduta economica e di controllo del territorio con i cantieri aperti già da due anni?”, chiosa Ciucci. “Certo l`occupazione ne avrebbe giovato, ma anche il monitoraggio ambientale, e in un`area certo più vasta di quella interessata dai cantieri. Difficile oggi discutere di ciò che non è avvenuto, ma credo che almeno un aiuto economico a tutta l`area di entrambe le regioni può essere ipotizzato, soprattutto in una fase di crisi come questa”.
“I due soggetti principali hanno ripreso a lavorare da lunedì”, dice Ciucci, riferendosi a Eurolink (società di progetto costituita dall`associazione temporanea di imprese che si è aggiudicata la gara, formata dalla capogruppo Impregilo e da altre imprese tra cui la spagnola Sacyr Sa e Condotte) e a Parson Transportation Group, incaricata delle attività di controllo e alta sorveglianza. La quota pubblica di risorse è pari al 40% del costo complessivo dell`opera, il 60% al mercato privato. Per il Ponte sono stati stanziati 1,3 miliardi di euro con la delibera Cipe del 6 marzo scorso. Sarà però necessario un aumento di capitale della Stretto per circa 900 milioni, che avverrà “nei prossimi mesi”.
Denaro privato e territorio sicuro? Si continua a negare che gli investimenti privati saranno in ultima istanza garantiti dallo Stato, esattamente quanto avvenuto per l`Alta velocità, che ha prodotto un danno da far pagare a tutti i cittadini, anche quelli che non saliranno mai su un treno. Con le opere collaterali, l`intero territorio dello Stretto diventerà un immenso cantiere: una devastazione certamente non compensata dal “monitoraggio ambientale”.
“Tanto per fare un esempio il treno, dal Ponte, deve raggiungere la stazione ferroviaria di Messina attraverso un’intubata, che è più o meno come dire una metropolitana, ma come tutti sanno, per una metropolitana c’è un cantiere aperto ogni cento metri circa, il che significherà sventrare tutto il centro di Messina”, spiega Fernando Giovine, l`esperto che ha firmato le controdeduzioni allo Studio di Impatto Ambientale della Stretto di Messina. “E la gente che abita i palazzi che verranno espropriati per fare i cantieri dove andrà? Bisognerà costruire nuove case. Dove? Io non faccio una valutazione di tipo visivo, ma di impatto su un territorio fortemente antropizzato. Aldilà di cantieri, cave, discariche bisognerà costruire nuovi quartieri ove trasferire migliaia di persone con un ulteriore consumo di suolo ed una devastazione ambientale nemmeno immaginabile”.
Ad agosto, Giovine aveva dichiarato: “Secondo me non ci approssimiamo all’apertura dei cantieri del Ponte, ma delle opere accessorie. Il ponte, così come è progettato, lo dice l’Ing. Calzona, non si può fare e questo lo sanno tutti. Ciò che avverrà, a mio avviso, sarà l’inserimento di tutta una serie di opere accessorie in altri progetti esecutivi con espropri e sbancamenti in un massacro del territorio senza precedenti, poi, visto che il Ponte non si può fare se ne andranno, il che sarà peggio che se il Ponte lo facessero per davvero.
Le rispondo semplicemente che tutta l’area dello Stretto non ha bisogno del Ponte, ma che gli stessi soldi siano investiti per diminuire il rischio idrogeologico e mettere a norma antisismica tutte le case di Messina, Villa e Reggio. Questo sarebbe un buon modo di utilizzare quei soldi, purtroppo non sarebbe un’opera faraonica che dà visibilità politica a chi la propone e per questo questi interventi non verranno mai fatti”.