Una vicenda di indifferenza, razzismo, odio, opportunismo e mafia che non avremmo voluto mai raccontare: la storia dell`ex cartiera di Rosarno. La struttura è uno dei lasciti visibili delle truffe alla legge 488, che ha permesso numerosi scempi nel corso del tempo. Il copione è quello di sempre: un generoso imprenditore del nord decide di investire nel povero sud depresso ma, una volta presi i soldi, ha pensato bene di scappare.
Il capannone rimasto è diventato, con il passare del tempo, ricovero di migranti, lavoratori stagionali nei campi di Rosarno e dintorni che vivono in condizioni di vera e propria schiavitù. Migranti sfruttati per far fruttare la terra calabrese. Grazie a loro il prezzo delle produzioni agricole all`origine, subisce una significativa contrazione che non corrisponde, però, ad un abbassamento dei costi al dettaglio; tutto ciò non fa altro che favorire solo pochi grossisti e impoverire tutti gli altri. Se non è mafia questa! Come se non bastasse i migranti dell`ex cartiera, oltre a dover condurre una vita indegna di questo nome, come già denunciato – ad esempio – da una indagine di Medici senza frontiere, sono stati spesso vittime di odio razziale concretizzatosi in offese, insulti e veri e propri agguati. Quasi sempre verificatisi in periodi di pagamenti, come a dire: schiavi in tutto e per tutto.
Nel frattempo si registrano vari episodi: tre persone, successivamente arrestate e condannate, feriscono e gravemente con armi da fuoco due giovani ivoriani, scatenando una rivolta; qualcuno si degna di arrestare qualche sfruttatore; nel mentre si fanno passerelle politico-sindacali. Durante un rogo divampato nell`ex cartiera, nello scorso mese di luglio, le forze dell`ordine non intervengono tempestivamente e lasciano che il capannone vada in fiamme. Nell`incendio alcuni migranti sono rimasti feriti, tutti hanno perso i loro già pochi averi. Solo poche realtà hanno tentato di portare la loro solidarietà. In seguito a questo episodio, il commissario prefettizio ha richiesto il ripristino della “legalità” ed il conseguente sgombero della cartiera. Usare questi termini nei confronti dei migranti che subiscono le angherie dei rampolli di alcune delle famiglie di `ndrangheta più influenti come i Mancuso o i Bellocco, ha del grottesco.
Dinnanzi a questa indifferenza si continua a parlare di integrazione, come nulla fosse. Forse solo per non perdere la faccia, si fa riferimento ad alcune realtà come quella di Riace, a ragione, indicate come modelli virtuosi. A pochi passi, a Caulonia, invece, c`è chi si riempie la bocca di tanti paroloni e organizza eventi di dubbia integrazione come il torneo diamo un calcio al razzismo, molto illuminante, venuta alla luce solo a pochi giorni dall`evento stesso. Ad organizzare il tutto è la blasonata Connecting People, un grande consorzio di consorzi di cooperative che addirittura gestisce quattro accoglienti CIE: Torino, Gradisca d`Isonzo, Bari e Trapani. Questi luoghi, è bene precisarlo, sono vere e proprie carceri per recludere persone che non hanno subito alcuna condanna, quindi non si possono ritenere colpevoli di alcun reato, malgrado questo, si resta nell`indifferenza generale e diffusa, dove si assoldano generali per la gestione del CIE di Gradisca teatro, in questi ultimi giorni di una serie di ribellioni, proteste varie da parte dei detenuti che si sono estese un po` in tutta Italia.
Cosa fare? È possibile un`altra integrazione oppure si continuerà a essere sordi? Certamente l`indifferenza, si sa, uccide ogni possibilità di cambiamento.
Nel frattempo l`otto agosto un gruppo ha partecipato alla manifestazione NO PONTE a Messina, uscendo dal limbo dell`isolamento.
APPROFONDIMENTI:
- Il libro Gli africani salveranno Rosarno
- Osservatorio invernale sulla raccolta della arance nella Piana di Gioia Tauro
- Un albergo diffuso anche qui è possibile?
- Oltre Rosarno c`è anche Palazzo San Gervasio
- Stare alla larga da questi esempi di accoglienza
- Macerie e storie di Torino
- L`ex cartiera di Rosarno su Africanews