C`è un`intercettazione telefonica e a parlare è Umberto Bellocco, classe 1991. Poco più che un ragazzino, rampollo della celebre famiglia di `ndrangheta. Umberto Bellocco dice al proprio interlocutore: “Rosarno è nostro e deve essere per sempre nostro…sennò non è di nessuno”. Una frase che assomiglia maledettamente alla ormai celebre “siamo cent`anni di storia” pronunciata dalle famiglie mafiose di Gioia Tauro e che fotografa in maniera lucida e impeccabile la percezione che le consorterie hanno del territorio nel quale sono nate e nel quale operano.
Nella notte, però, lo Stato ha messo a segno un altro colpo nel tentativo di ripristinare le gerarchie in territori ad alta densità mafiosa: sono in tutto sei i fermi eseguiti dalle Squadre Mobili di Reggio Calabria e Bologna e dal Commissariato di Gioia Tauro. I fermi colpiscono la potente famiglia dei Bellocco, strettamente legata a quella dei Pesce. In manette finiscono Rocco Bellocco (classe 1952), Domenico Bellocco (classe 1977), Domenico Bellocco (classe 1980), Umberto Bellocco (classe 1991), Rocco Gaetano Gallo (classe 1953) e Maria Teresa D`Agostino (classe 1959). Provvedimenti d`urgenza dovuti a una possibile recrudescenza criminale che avrebbe potuto portare nuovo ed enorme spargimento di sangue.
Secondo gli inquirenti, infatti, nell`ultimo mese si sarebbe registrata una frizione tra la famiglia Bellocco e la famiglia Amato, non una consorteria mafiosa, ma di etnia rom con evidenti sogni di gloria e di controllo del territorio rosarnese. Il teatro delle frizioni sarebbe l`Emilia Romagna, Bologna, dove sia i Bellocco che gli Amato si sono trasferiti da tempo: questi ultimi, in particolare, rivendicherebbero la testa di alcuni sodali dei Bellocco, responsabili della morte di Cosimo Amato (classe 1959) assassinato nel 1989 e della scomparsa, probabilmente a causa della lupara bianca, di Mario Amato (classe 1961). La famiglia Amato arrivava persino a minacciare un esponente di spicco della cosca Bellocco, al fine di vendicare la morte dei parenti.
Insomma, secondo gli inquirenti, anche in seguito al ritrovamento degli armamenti necessari per eventuali agguati, la situazione stava degenerando pericolosamente e, tramite i fermi, che dovranno essere convalidati e poi tramutati in custodie cautelari in carcere, si sarebbe riusciti a “stoppare” una possibile faida. Un lavoro sinergico, sottolineato anche dal capo della Squadra Mobile di Reggio Calabria, Renato Cortese, con i poliziotti di Bologna, città nella quale si sarebbero potuti compiere gli eventuali fatti di sangue. “Rosarno non è nè dei Bellocco, nè degli Amato, ma dei cittadini onesti”, dice il Procuratore Aggiunto Michele Prestipino commentando l`intercettazione telefonica che fornisce il nome all`operazione. I documenti dell`operazione sono sul tavolo dei magistrati di Palmi, competenti per ragioni di territorio, ma è lo stesso Michele Prestipino ad annunciare una collaborazione con i colleghi della Procura retta da Giuseppe Creazzo.
E se nelle intercettazioni telefoniche si può leggere anche il proposito di “non risparmiare nè donne, nè minori”, in merito al duplice omicidio avvenuto qualche giorno fa a Scilla, gli investigatori, al momento, escludono qualsiasi collegamento, anche se una delle due vittime, il quindicenne, si chiamava proprio Amato ed era legato alla famiglia in rotta con i Bellocco da una lontanissima parentela.