Il mostro sullo Stretto di Messina

Ponte sullo Stretto, ricomincia la farsa

Antonello Mangano
  L’intervento pubblico per il Ponte coprirà una piccola parte della spesa, per il resto si aspettano gli improbabili fondi dei privati. Continuano gli sprechi a base di studi, tangenziali e opere inutili. Gli espropri sono iniziati e coinvolgono il tesoriere di Berlusconi e 100 cittadini che hanno già fatto ricorso al TAR. Intanto l`A3 (tratto del corridoio Palermo - Berlino che sta alla base dell’ideologia del Ponte) è una eterna incompiuta dove dominano le ‘ndrine, le frane, gli incidenti. Anas, Impregilo e Condotte sono coloro che hanno fallito nell’autostrada e che ora si propongono per il Ponte.
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Il Ponte dell’efficienza, dell’iniziativa privata e della modernità, l’infrastruttura del project financing e del general contractor sembra a tutti costi voler diventare un’opera da Cassa del Mezzogiorno, una probabile incompiuta o un disastro finanziario, oltre che la pessima scusa per una pioggia di fondi pubblici gettati via senza costrutto. Con tanta voglia di assistenzialismo e clientelismo.

“Non è una priorità”

Il problema di fondo nasce dall’incapacità – tutta italiana – di chiudere la questione con una decisione netta. L’inconcludenza del governo Prodi (“non è una priorità”) ha tenuto in piedi il carrozzone della “Stretto di Messina”, non ha fermato le procedure di esproprio, non ha risolto il nodo del contratto di Impregilo, vincitrice dell’appalto e forte di un accordo che prevede una sostanziosa penale calcolata in circa 400 milioni, dopo una gara da 4,4 miliardi di euro vinta con un ribasso del 12%.

Più esattamente, il General Contractor è un’associazione temporanea d’impresa composta da Impregilo, Condotte d’acqua, CMC di Ravenna ed un paio di altre ditte, una giapponese ed una spagnola.

Il valzer delle date

Il rifinanziamento da parte del CIPE offre subito 1,3 miliardi sui 6,1 di costo totale stimato qualche anno fa, quindi senza tenere conto del rialzo dei prezzi, primo fra tutti quello dell’acciaio. Tutto ciò che non sarà finanziamento pubblico, da reperire sui mercati finanziari nazionali ed internazionali, dovrà evitare al Ponte di diventare la regina delle incompiute.

Se invece le previsioni di traffico risulteranno gonfiate, come denunciato innumerevoli volte da autorevoli fonti, il Ponte non si ripagherà da sé e lo Stato (cioè la collettività) dovrà far fronte ai suoi debiti. Difficile reperire fondi sui mercati esteri: la credibilità internazionale, in questo momento, è prossima allo zero. L’autorevole Financial Times, in un articolo del 7 marzo, cita mafia e problemi geologici, racconta il fallimento dell’A3 e ricorda la grave crisi italiana. Del resto, non crea certo fiducia il balletto di date che gli enti pubblici sfornano periodicamente: Ciucci parla di “dare avvio alla progettazione definitiva nel 2009, di aprire i cantieri entro la metà del 2010 e di inaugurare l’opera entro il 2016”.

Nel 2003, era lo stesso Ciucci ad affermare che la costruzione del Ponte sarebbe stata avviata a metà del 2005 e conclusa nel 2011. E se per il Ponte si può dare la colpa a Prodi ed agli ambientalisti, non hanno giustificazioni le continue proroghe nei lavori dell’A3, i cui lavori dovevano concludersi nel 2001 entro il 2006; nel 2005 entro il 2008; nel 2009 entro il 2013.

Un progetto Anas

A partire dal primo ottobre 2007 l’Anas è azionista di maggioranza della “Stretto di Messina”, con una quota pari all’81,8%, insieme a Rfi con il 13% e le Regioni Calabria e Sicilia ciascuna con una partecipazione pari al 2,6%.

Il presidente delle due società è lo stesso Ciucci. Un buon esempio della nuova autonomia dell’ANAS è il protocollo d’intesa firmato il 9 marzo tra Provincia, Comune e “Stretto di Messina” per un nuovo Centro Studi con sede in città, che avrà il compito di svolgere “analisi del territorio finalizzate alla ricerca della più idonea viabilità e progettualità fra le reti statali, provinciali e cittadine, e di individuare le opere stradali più opportune da avviare”. In realtà, sono stati già spesi nel corso degli anni circa 150 milioni di euro solo per gli studi di fattibilità (e per le ricerche collegate, comprese quelle sul passaggio dei cetacei e sull’impatto socio-antropologico del Ponte sui messinesi), per un totale di 126 kg di carte prodotte.

E non dimentichiamo che il progetto definitivo del Ponte, a 9 anni dalla data della teorica inaugurazione, ancora non c’è. E’ invece presente il desiderio di allargare le reti clientelari e del consenso politico dal cerchio ristretto dei consulenti a quello molto più ampio della disoccupazione intellettuale. A questo si aggiungono tutti i progetti pronti e noti come “opere collaterali”: lo spostamento della stazione ferroviaria, una tangenziale che porterà al pilone, e tutti gli altri cantieri di cui nessuno sente la necessità (a differenza dei collegamenti tra le due sponde che da qualche tempo sono diventati assolutamente inefficienti).

Senza un progetto definitivo non si possono avviare neppure gli espropri, il più curioso dei quali è quello che riguarda nientemeno che il tesoriere del partito di Berlusconi, l’onorevole Rocco Crimi. Il terreno dove sorge sua la villa si trova infatti nei pressi del costruendo pilone. Mentre il politico ha accettato con disciplina l’esproprio, altri 107 cittadini si sono appellati al TAR. Il loro legale parla di un disastro per 15 mila abitanti “incompatibili” con anni di lavori.

Salerno – Reggio Calabria, il corridoio europeo si ferma qui

Riusciranno le ditte e l’ente pubblico incapaci di portare a termine un banale ammodernamento autostradale a realizzare l’opera ingegneristica più complessa al mondo? Riusciranno gli stessi soggetti, che pochi chilometri più a nord hanno stretto imbarazzanti patti con la ‘ndrangheta (oggetto di quattro inchieste giudiziarie, l’ultima delle quali risale a pochi giorni fa) a diventare impermeabili alle famose “infiltrazioni” criminali?

E’ questo uno degli argomenti più interessanti della vicenda Ponte, stranamente esclusa dalle dichiarazioni dei protagonisti che di mafia parlano solo come ipotesi futuribile e non come fenomeno in essere. Il solito Ciucci ha pronta la soluzione: “I cantieri del Ponte saranno controllati con i badge per registrare le presenze e con rilevamenti satellitari che consentiranno di sapere dove sono i mezzi, di chi sono e cosa vanno a caricare e scaricare”. Tra l’altro, era una soluzione già proposta ed in parte avviata all’apertura dei cantieri dell’A3. Anche se sull’argomento tace, l’Anas ha appena affrontato questi problemi, come del resto Impregilo e Condotte (a cui qualche mese fa fu revocata e poi riassegnata la certificazione antimafia): le due società hanno gestito il macro-lotto che coincide con il tratto reggino dell’autostrada.

I risultati sono stati disastrosi: colpite dall’arroganza delle ‘ndrine, le ditte hanno minacciato di andar via, ma solo dopo i procedimenti giudiziari che dimostravano la presenza delle organizzazioni criminali nei cantieri. Le opere procedono da anni ad un ritmo estenuante. Numerosi gli incidenti, l’ultimo dei quali è avvenuto il 12 marzo, col terribile bilancio di 2 morti e 9 feriti. A causa delle forti piogge dell’inverno l’intera regione è rimasta pressoché isolata da frane e smottamenti, una delle quali ha causato una strage all’altezza dello svincolo di Altilia Grimaldi: un pezzo di collina si stacca da un’altezza di sessanta metri, diecimila metri cubi di detriti, massi e fango che si riversano sull’autostrada sottostante e travolgono un furgone in transito, provocando due morti e cinque feriti.

E il pilone calabrese lo comprano due coniugi…

Nella storia delirante del Ponte sullo Stretto non mancano particolari curiosi. Uno dei due orrendi piloni costruiti ed utilizzati in passato dall’Enel (ed oggi senza funzione alcuna) è stato acquistato da una coppia di coniugi direttamente dall’ente gestore dell’energia elettrica lo scorso gennaio. La regolarità della curiosa compravendita è ancora sotto l’esame della Giunta e del Consiglio comunale di Villa San Giovanni. Si tratta dunque del pilone calabrese, la cui “privatizzazione” ha suscitato un certo allarme nella cittadinanza. Il sindaco ha incontrato gli acquirenti, e tutti hanno manifestato volontà di collaborazione. Ma per far cosa? Ancora non si sa, si parla di generiche iniziative imprenditoriali. L’unica certezza è che il pilone non sarà smantellato e che un concorso di idee dovrebbe deciderne l’uso. Paradossalmente, il costoso contratto per l’illuminazione resta al momento sulle spalle della Provincia di Reggio.

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