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Clandestini. Una parola che confonde migranti e profughi, che esprime diffidenza e condanna e che condensa luoghi comuni su un’umanità senza volto, senza voce. Disprezzati ma necessari, aggrediti e vilipesi. Il caso-esempio di Rosarno svela il volto dell’emigrazione “dopo Lampedusa” che i telegiornali non raccontano, e che i politici preferiscono ignorare. Migliaia di immigrati vengono qui, fin dal 1992, per lavorare nella raccolta delle arance. Arrivano ad ottobre, vanno via a marzo. Vivono nelle condizioni drammatiche denunciate dai media di tutto il mondo.
I luoghi comuni del telegiornale italiano, così come le frasi fatte della politica palesemente razzista e di quella che si accoda alle posizioni dominanti hanno spento la voglia di conoscere, di capire.
“Vengono a delinquere”, ed invece entrano spesso in condizioni regolari, e sono ricacciati nell’ombra da un contratto di lavoro in scadenza, dal razzismo della Bossi-Fini o dalla spaventosa burocrazia italiana. Oppure sono profughi che hanno diritto all’asilo, così come ad essere protetti in base alla Convenzione di Ginevra.
“Sono criminali”, ed invece sono vittime di decine di atti di violenza. Sono “Mattia Pascal” senza documenti, non possono rivolgersi alla polizia, sono bersagli facili specie in contesti dominati dalla criminalità.
“Portano le malattie”, ed invece arrivano sani, giovani e forti, e si ammalano nei campi per gli antiparassitari, per il freddo ed il fumo dei capannoni in cui dormono, per il cibo malsano, per i tanti incidenti sul lavoro.
“Sono un peso per un’economia debole”, ed invece sono fondamentali per tanti settori, a cominciare dall’agricoltura del Sud che senza di loro non potrebbe neppure esistere.
Perché Rosarno?
Perché questi lavoratori partono dall’Africa, ovviamente per cercare condizioni migliori, e poi finiscono in questi angoli di Meridione? Quale “destino sgarbato” li porta dal Sahara alla Libia, da Lampedusa a Rosarno? Chi sono i lavoratori immigrati impiegati nell’agricoltura stagionale al Sud? Perché accettano condizioni tanto dure?
Lo spiega bene Fulvio Vassallo Paleologo – docente di diritto di asilo presso l`Università di Palermo – nel capitolo “Diritti negati e sfruttamento. Dall’accoglienza al lavoro servile”.
“Sono migranti letteralmente ‘respinti’ dalle istituzioni: denegati, richiedenti asilo, lavoratori che hanno perso il contratto di lavoro e quindi il permesso di soggiorno, immigrati precari convinti di trovare al Sud uno Stato meno pressante, un ambiente meno ostile. La necessità li spinge invece in uno stato di lavoro servile, sottoposti a violenze e ricatti”.
Sono il prodotto delle norme razziste volute dalla Lega: esistono cattive leggi, ed esistono leggi cattive. Oggi la legislazione vigente, comprese le ultime norme di stampo nazista note come “pacchetto sicurezza”, non esprime il rifiuto dell’immigrazione ma il desiderio di sottomettere: vengano pure a lavorare, ma in condizione servile.
“Un pugno nell’occhio”
Domenica 22 febbraio è stato presentato per la prima volta il libro “Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l’Italia”. L’incontro si è tenuto nell’Auditorium del comune calabrese, lo stesso in cui si tenevano le assemblee con gli immigrati al tempo del sindaco Lavorato, che ricorda: “Avevano paura di uscire la sera, facemmo la strada insieme, c’erano anche suore, attraversammo il corso di Rosarno. Fu un pugno nell’occhio farci vedere tutti insieme”.
Il libro è un lavoro collettivo che nasce in seguito al ferimento di due lavoratori della Costa d’Avorio di ritorno da campi della Piana, dove vivono in condizioni estreme e lavorano alla raccolta delle arance. Si apre con la prefazione di Valentina Loiero – giornalista del Tg5, corrispondente dalla Sicilia dal 2003 al 2007, autrice del libro Sale Nero – Storie clandestine – e si chiude con la postfazione di Tonio Dell’Olio, responsabile di Libera Internazionale.
L’idea di un Osservatorio che tramite Internet ed un libro mantenesse alta l’attenzione nasceva il 12 dicembre 2008. In seguito al più grave dei numerosi atti di violenza subiti, gli africani di Rosarno si ribellarono. Il loro gesto ha segnato il confine tra la rassegnazione e la protesta, tra il consueto e l’inaccettabile. Molti di loro, in particolar modo i ghanesi, provenivano da Castel Volturno, e poche settimane prima avevano visto la terribile strage dei loro compagni ad opera della camorra, ed anche lì diedero vita ad una rivolta in un territorio rassegnato.
Non sono stati i cittadini italiani a trovare il coraggio della rivolta civile, ma “clandestini” senza diritti e documenti. Rosarno è uno dei tanti paesi agricoli del Meridione dove gli immigrati sono sfruttati, sottopagati, umiliati. Ma è anche l’unico dove, fin dal 1992, sono vittime di sconcertanti episodi di violenza, comprese estorsioni e rapine, in un contesto dove la popolazione è oppressa da un sistema mafioso fatto di narcotraffico intercontinentale ed arcaismo brutale, boss rapinatori e violenze quotidiane.
L’esempio degli africani, che rifiutano il fatalismo ed il destino fino dal momento della partenza e che evocano valori validi per l’umanità intera, indica a tutti gli italiani una possibile via di salvezza: non rassegnarsi, anche in condizioni estreme. Non perdere mai la speranza. Ribellarsi, quando è giusto e necessario. Ricordarsi sempre della propria dignità e dei grandi valori universali.
Rosarno: storia di immigrazione e di lotte sociali e politiche
La storia della Piana non è riducibile all’“inferno” raccontato dagli inviati dei media nazionali. E’ molto contraddittoria, ed ha vissuto momenti eroici, anche recenti, di lotta al latifondo ed alla mafia. Il libro contraddice l’immaginario nazionale secondo cui la Piana di Gioia Tauro è una terra immobile, da sempre dominata dai clan.
Invece può raccontare una storia sconosciuta, nobile, a tratti eroica. Dall’occupazione delle terre all’organizzazione in cooperative, dall’omicidio Valarioti fino alle lotte di massa contro la mafia, dallo scontro sulla Centrale a carbone fino alla prima giunta di sinistra accolta con un capodanno di fuoco. Una storia che inizia negli anni ‘50 e prosegue fino al 2003.
E’ Giuseppe Lavorato, sindaco di Rosarno dal novembre 1994 al luglio 2003 e protagonista di quel periodo, a raccontare questa storia.
Ai margini dell’illegalità
Rosarno – come tutta la Calabria – è popolata sia da una maggioranza di persone oneste e laboriose sia da soggetti che vivono ai margini dell’illegalità, così abituati ad infierire sui deboli da voler estorcere denaro a chi non ha neppure le scarpe ai piedi. Una notte di rivolta, la corale partecipazione alle indagini, l’arresto del colpevole sono la risposta dell’intera comunità africana, che dimostra un senso dello Stato superiore a quello degli abitanti del luogo.
La mafia locale opprima la popolazione. Ma è una criminalità piuttosto diversa da quella raccontata dai media. Spesso è protagonista di episodi sconcertanti, come quelli che coinvolgono i rampolli di quattro dei clan che dominano il narcotraffico internazionale (Bellocco, Mancuso, Soriano, Pesce).
Il primo è il figlio di un boss ruba la giacca ad un camionista rimasto senza benzina. Un altro rapina una fabbrica di fuochi d’artificio per festeggiare il capodanno. Un altro picchia a sangue un marocchino inerme che cammina per strada. Un altro rapisce la fidanzata che vuole lasciarlo.
Prima
Cosa accade prima di arrivare in Italia? Lo racconta Gabriele Del Grande – fondatore dell’osservatorio Fortress Europe – nel capitolo “Prima di Lampedusa. Prima di Rosarno”.
Quelli che arrivano sono i superstiti, sono tutti coloro che non sono morti di frontiera lungo i confini del’Europa. Soprattutto naufragi, ma non mancano incidenti stradali, morti di stenti nel deserto come tra le nevi dei valichi montuosi, oppure uccisi da un’esplosione negli ultimi campi minati in Grecia, dagli spari dell’esercito turco o dalle violenze della polizia in Libia.
Locale/Globale
Nella Piana è possibile senza sforzo ravvisare in pochi chilometri quadri le maggiori contraddizioni della nostra epoca: le grandi migrazioni; la globalizzazione che distrugge le produzioni locali, specie in agricoltura; la criminalità organizzata transnazionale; la corruzione della politica; la diffusione della cultura della violenza; le disumane leggi sull’immigrazione; lo sfruttamento bieco dei lavoratori. Su tutto prevale la parassitaria presenza mafiosa, che prosciuga le risorse del territorio ed azzera il capitale sociale
Non c’è un posto in Italia come Rosarno, che come Rosarno riassuma i drammi e le contraddizioni della nostra epoca. Dall’economia globale a quella criminale, dalla mafia alle migrazioni.
Il libro – di taglio “glocale” – analizza l’aspetto socio-economico (lavoratori marginali inseriti in un contesto mafioso moderno ed arcaico), quello giuridico (come le leggi razziste producono marginalità fino al lavoro servile), storico (dall’occupazione delle terre all’omicidio Valarioti fino alle lotte di massa contro la mafia), geopolitico (le grandi migrazioni dall’Africa all’Europa).
A cura di Antonello Mangano. Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l`Italia. Terrelibere.org edizioni. Febbraio 2009. Interventi di Giuseppe Lavorato, Fulvio Vassallo Paleologo, Fortress Europe. Prefazione di Valentina Loiero. Postfazione di Tonio Dell`Olio. Pagine 104. ISBN 9788890381713