E` la considerazione emersa nella 40° Conferenza nei ministri degli esteri dell’Africa orientale, centrale e meridionale conclusasi nei giorni scorsi a Victoria Falls, in Zimbabwe. Dovendo fronteggiare l’emergenza dell’Hiv/Aids le strutture sanitarie avrebbero avuto meno risorse e personale dedicato ad altri servizi con il risultato che molte malattie, come infezioni respiratorie, dissenteria, malaria e malnutrizione, hanno provato un maggior numero di piccole vittime.
Secondo un rapporto presentato dall’Unicef (Fondo per l’infanzia delle Nazioni Unite) durante la conferenza nel Botswana, uno dei Paesi africani con la maggiore percentuale della popolazione infettata dal virus Hiv, la mortalità dei bambino sotto i 5 anni è aumentata dal 58 per mille nel 1990 al 110 per mille nel 2002; analogamente nello Zimbabwe si sarebbe passati dal 80 per mille al 123 per mille nello stesso periodo di tempo e nello Swaziland dal 110 per mille al 149 per mille nel 2002. Il ministro delle Sanità di Harare, presente al vertice, ha esposto cifre leggermente diverse affermando che dal 1985 al 1999 nel suo Paese la mortalità infantile è salita da 40 al 65 casi per mille.
Secondo le osservazioni dell’Unicef se non si provvederà a misure che rendano stabili i progressi ottenuti nei decenni scorsi, sarà difficile per molti Paesi raggiungere l’obiettivo di abbassare per il 2015 la mortalità infantile di due terzi, come sottoscritto tra i ‘Millennium development goals’ dell’Onu.