Chiuse le indagini della Procura di Messina

Tragedia del Segesta Jet: “tutti” colpevoli

Peppe Caridi
  Un mega-portacontainer diretto in Israele comandato da un ucraino. Uno scafo che trasporta i pendolari da Messina a Reggio. Un traghetto impegnato a trasportare i mezzi pesanti dal secondo porto di Messina a Villa San Giovanni. Sono i tre mezzi che si incrociano il 15 gennaio del 2007 nelle acque dello Stretto, 4 i marinai morti. Secondo la Procura la responsabilità è da dividere tra tutti. Accusato di omissione di soccorso il mezzo della Caronte. Da allora è iniziato l`incubo dei pendolari dello Stretto. Alla paura per un tratto di mare tra i meno sicuri e più trafficati al mondo si aggiunge la scarsità di mezzi
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Era il 15 gennaio 2007: l’aliscafo veloce di Rfi partito da Reggio verso le 17.30 stava per arrivare a Messina quando un violento scossone, accompagnato da un boato fragoroso, scuoteva la tranquillità dei circa 150 passeggeri e uccideva il comandante, Sebastiano Mafodda, e tre membri dell’equipaggio, ferendo inoltre gravemente una ragazza messinese che tornava a casa dopo un’ordinaria giornata didattica presso l’Accademia di Belle Arti.
Oggi, dopo un anno e mezzo dal tragico incidente, la procura di Messina ha chiuso le indagini: i comandanti delle navi coinvolte direttamente o indirettamente nell’incidente (la portacontainer Susan Borchard, il traghetto Zancle e il Segesta Jet ) sarebbero tutti colpevoli.

 

Eppure è stato un miracolo. Chi conosce l’aliscafo e lo frequenta quotidianamente ha ancora i brividi pensando a quella che poteva essere una tragedia devastante e che invece, in fondo, ha visto uscire vivi da quell’inferno tutti i passeggeri.

 

http://www.meteoweb.it/images/segesta/3.jpgE’ andata molto peggio invece al comandante, Sebastiano Mafodda di 54 anni e al direttore di macchina, Marcello Sposito di 41 anni: per recuperare le loro salme è servito il lavoro dei vigili del fuoco poichè dopo la collisione i corpi senza vita sono rimasti incastrati nelle lamiere della plancia. I cadaveri di altri due membri dell’equipaggio, Lauro Palmiro di 50 anni, e Domenico Zona, 42 anni, motorista, sono invece stati recuperati in mare.
E’ rimasta gravemente ferita anche la ragazza che misteriosamente si trovava in cabina di comando con loro, ma per fortuna dopo una settimana di battaglia tra la vita e la morte, cinque giorni in rianimazione e due mesi di convalescenza, è tornata ad una vita normale.

 

Proprio la fortuna volle che lo speronamento da parte del mega-portacontainer diretto in Israele avvenisse proprio nella parte centrale dell’aliscafo, dove non esistono sedili per i passeggeri nel piano centrale: pochi metri più verso poppa (o verso prora) e il numero delle vittime sarebbe aumentato di diverse decine.

 

Oggi, dopo un anno e mezzo esatto dal tragico incidente dello Stretto, la procura di Messina ha chiuso le indagini confermando le indiscrezioni che erano già trapelate nei giorni scorsi: le responsabilità dell’incidente sono da dividere un pò tra tutti i comandanti delle imbarcazioni coinvolte nello spiacevole e tragico episodio: l’aliscafo Segesta Jet che ha riportato le conseguenze peggiori, il portacontainer Susan Brochard e il traghetto Zancle della Caronte & Tourist che era partito da Tremestieri diretto a Villa San Giovanni.

 

http://www.meteoweb.it/images/segesta/4.jpgComunque per i sostituti procuratori Angelo Cavallo, Francesca Ciranna e Vito Di Giorgio le responsabilità sono decisamente differenti, e quella maggiore ricadrebbe sul defundo comandante del Segesta Jet che non avrebbe rispettato la precedenza

.

 

Sono ancora indagati, però, anche Maksym Poludnyev il comandante ucraino della Susan Borchard, e Francesco Donato, comandante della nave traghetto Zancle della Caronte: ad entrambi è stato notificato l’avviso di chiusura dell’inchiesta.

 

Poludnyev non avrebbe fatto nulla per evitare la collisione, pur avendo la precedenza. Il comandante della Zancle deve invece rispondere di omissione di soccorso per essersi allontanato dal luogo del disastro senza intervenire e senza lanciare l’allarme: è questa la vera novità che emerge dalla chiusura delle indagini rispetto alle “puntate” precedenti.

 

Ecco alcuni spezzoni dell’avviso dei giudici: “Il traghetto veloce Segesta Jet superava in rotta di sicurezza la motonave Zancle ma, omettendo di tenere un efficiente servizio di vedetta, non si avvedeva del pericolo proveniente dalla motonave Susan Borchard e anzichè dare la precedenza a tale ultima nave che proveniva da dritta, manteneva inalterata la sua velocità e la sua rotta di collisione, senza peraltro operare alcuna manovra di emergenza e diversione, quali una decisa accostata alla propria dritta per lasciare libera la rotta all’altra unità o almeno una drastica riduzione della propria velocità; il traghetto veloce Segesta Jet accostava solo all’ultimo momento alla propria sinistra, senza riuscire ad evitare la collisione con la Susan Borchard”. Il Segesta, infatti, viaggiando dalla Calabria verso la Sicilia si era ritrovato la visuale coperta dal passaggio della Zancle, e solo dopo aver superato la poppa del traghetto si ritrovò sulla sua destra il portacontainer Susan Brochard.

 

Le conclusioni dei periti nominati dalla Procura confermano le convinzioni dei magistrati per cui la colpa principale dell’incidente sarebbe del defunto comandante Mafodda.

 

http://www.meteoweb.it/images/segesta/2.jpgPoludnyev e Donato, comunque, sono accusati di concorso di colpa: “Pur avendo il diritto di precedenza – scrivono i giudici – nonostante avesse avuto piena consapevolezza della rotta di collisione assunta e mantenuta inalterata dal traghetto veloce Segesta Jet, consapevolezza acquisita dalla visione della propria strumentazione di bordo, il portacontainer Susan Brochard manteneva costante la propria velocità, omettendo di ridurla per tempo; ometteva di effettuare qualsiasi manovra di emergenza, decisa ed in tempo utile, diretta ad evitare tale collisione, quale il “crash stop” (inversione del passo dell’elica –macchine indietro tutta) e/o una decisa accostata sulla propria dritta, in modo da dare più acqua per la manovra di emergenza del Se gesta Jet; manovre almeno una delle quali, se poste in essere da parte della motonave Borchard, nel momento in cui veniva avvistata anche otticamente l’unità veloce Segesta Jet, avrebbero certamente evitato la collisione stessa. Inoltre ometteva (sempre riferito al comandante Poludnyev) di effettuare qualsiasi chiamata sul canale di emergenza VHF 16 in modo da richiamare l’attenzione della unità Segesta Jet e così farla deviare dalla rotta di collisione intrapresa”.

 

http://www.meteoweb.it/images/segesta/5.jpgPer il comandante Donato l’accusa è pesante: omissione di concorso. “Pur essendo – hanno scritto i giudici – l’imbarcazione più vicina nel momento in cui la Susan Borchard, alle ore 17.55.44, lanciava sul canale VHF 16 il primo segnale di May Day, ometteva di prestare assistenza diretta ai natanti ed alle persone e, comunque, di verificare che altra nave stesse portando soccorso in condizioni più idonee, nonché ometteva qualunque contatto sul canale VHF 16 con la Capitaneria di Porto di Messina, deputata a coordinare le operazioni”.
Bisogna ricordare che nei mesi scorsi ci sono state molte polemiche tra i magistrati della procura di Messina e i familiari di Stefano Mafodda che hanno incaricato degli esperti i quali hanno sostenuto che il traghetto Zancle sarebbe il maggior colpevole dell’accaduto poichè la nave della Caronte, tenendo una rotta sbagliata, avrebbe fatto da schermo fra il Segesta e la Susan Brochard impedendo a Mafodda una visione ottimale.

 

Donato ha sempre respinto le accuse sostenendo di aver mantenuto la propria rotta e, poi, di non essersi accorto dell’incidente e quindi di aver continuato per la propria strada senza avvisare nessuno.

 

Comunque gli indagati avranno venti giorni di tempo per chiedere di essere ascoltati dai magistrati e deporre la propria difesa prima che la Procura avanzi le richieste di rinvio a giudizio.

 

Quel giorno, inoltre, segna l’inizio di un incubo per tutti i pendolari dello Stretto (che sono 12 mila circa). Dopo quel tragico incidente, infatti, la situazione dei trasporti tra Reggio e Messina è precipitata continuamente tanto che oggi un solo mezzo, il Tindari Jet, è costretto a garantire risicati e lenti collegamenti senza alcuna alternativa in caso di guasto o di ordinari problemi di manutenzione.

 

E, in realtà, ci si sta concentrando sempre di più per capire di chi sia la colpa di quell’incidente (anzi, per capire chi ha le maggiori responsabilità, visto che a quanto pare la colpa è un pò di tutti!) e sempre meno per risolvere le gravi problematiche della mobilità nello Stretto.

 

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