E se per assurdo li mettessero tutti in galera? Beh, se davvero accadesse, il paese perderebbe una discreta fetta della sua ricchezza. Perché al dunque, al di là delle paure e dell`ossessione – sicurezza, i clandestini sono anche una preziosa risorsa. Per restare solo nella sfera economica, che non è certo l`unica: questo esercito di invisibili, che trova comprensione in Vaticano ma è preso di mira dal governo, quando lavora – nelle fabbriche, nei campi, nei cantieri, nelle case degli italiani – produce Pil, dunque benessere. E tanto, anche, come forse non s`immagina.
I calcoli naturalmente sono empirici. Ed è logico, poiché riguardano persone che, per definizione, vivono nell`illegalità e dunque di nascosto. Però un tentativo è possibile. Ci provano gli studiosi della Cgia di Mestre prendendo in esame i 700 mila individui che hanno presentato regolare domanda per emergere dal mondo sommerso in cui vivono. La loro ipotesi si basa sull`idea che questa marea umana ancora oscura produca quanto gli stranieri “regolari”, che sono ormai 2,5 milioni e contribuiscono al Pil per il 9,2% (dati Unioncamere).
Ecco allora che, calcolatrice alla mano, s`arriva ad un risultato sorprendente: il loro lavoro “nero” può valere qualcosa come il 2% del Pil, cioè circa 30 miliardi di euro. Più o meno quanto la manovra triennale sui conti pubblici annunciata ora dal ministro Tremonti. Circa dieci volte il costo del taglio dell`Ici e la defiscalizzazione degli straordinari decisa dal governo. Grosso modo la cifra che spendono ogni anno i turisti in Italia.
Esistono anche alcuni calcoli più scientifici. Sempre l`ufficio studi della Cgia di Mestre stima quanto sarebbe il gettito Irpef e contributivo se per magia questi 700 mila individui diventassero tutti “visibili”. Ebbene, senza la quota a carico delle aziende, la loro “dote” arriverebbe a sfiorare un miliardo di euro. Rilevazioni del Sole 24 ore su dati Inps, Ismu, Istat e Caritas parlano di un “tesoretto” ancora più consistente: circa 2,5 miliardi di gettito complessivo, se i clandestini che lavorano emergessero dalla palude e i loro datori di lavoro pagassero i contributi.
Irregolari e preziosi, perciò. E quasi non ci si crede, poiché per forza di cose il loro è un universo sfuggente e anche perché siamo abituati a vederli su instabili carrette del mare o in brulicanti centri d`accoglienza o, peggio, protagonisti delle cronache nere dei giornali. Ma non è solo così. Le statistiche elaborate da diverse organizzazioni d`accoglienza e confermate dall`allora ministro Livia Turco dimostrano che spesso questi immigrati diventano clandestini “allungando” illegalmente il visto da turista, proprio per poter lavorare.
Sono muratori, carpentieri, operai, imbianchini, elettricisti, agricoltori. Cuciono le tomaie per i grandi marchi. Assemblano di nascosto i “pezzi” di importanti “griffe”. Oppure assistono gli anziani, badano ai bimbi e rassettano le case, uniche categorie che, forse, il governo “salverà” con emendamenti ad hoc, perché svolgono una funzione sociale. Ma tutti, in una maniera o nell`altra, contribuiscono ad ingrossare in silenzio il Pil nazionale.
Secondo il dizionario italiano, clandestino è colui che si trova in una condizione di illegalità e vive celando la propria identità: un mondo grigio per definizione. Opaco. Sommerso e perciò difficile da quantificare. Inevitabile allora che fiocchino i numeri più svariati su quanti sono effettivamente. Così, accanto ai 700 mila “emergenti” che rappresentano – meglio, rappresenterebbero – il 2,84% della forza lavoro in Italia e l`1,19% della popolazione attiva, – vi è anche un fiume di persone che non è riuscito neppure a presentare la domanda di regolarizzazione, ma svolge la sua brava giornata lavorativa. Calcoli Ismu quantificano gli irregolari con una attività in piedi in almeno 650 mila persone. La Caritas arriva alle stesse conclusioni.
Clandestini come risorsa e in cerca di risorse. Un “censimento” del Dipartimento demografia dell`Università Milano Bicocca effettuato per il Sole e la Fondazione Ismu proprio sulla base delle domande presentate per il decreto flussi , calcola che i “sans papier” che lavorano nelle città italiane sarebbero 11 ogni mille abitanti; che la loro capitale è Brescia (32 ogni 1000), seguita da Mantova e da tutte le città del Nord Est, dove c`è appunto il lavoro. Ora in 700 mila chiedono di essere regolarizzati. E per gli esclusi si profila il reato di clandestinità.