Tra burocrazie europee e decisionismo dei sindaci

Ancora filo spinato a Lampedusa

Fulvio Vassallo
  Cento delegati dei 33 Paesi membri hanno partecipato a Lampedusa alla riunione del GDISC, che finora ha operato come “rete informale” per coordinare la “cooperazione pratica” tra i servizi per l`immigrazione, cioè atti di rimpatrio forzato, voli charter congiunti e forme diverse di respingimento in frontiera o in acque internazionali. Ma già le operazioni del Frontex sono state fallimentari, perché in acque internazionali non ci sono clandestini da respingere ma solo persone da salvare. Ci si commuove se una donna partorisce in mare, o se si ritrova un cadavere che galleggia davanti alle spiagge, ma il giorno dopo si pensa solo alla militarizzazione, al filo spinato ed agli aerei spia.
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Dal 21 al 23 maggio si è svolta Lampedusa la 5ª Riunione Annuale dei Direttori Generali dei Servizi per l’Immigrazione dei Paesi dell’Unione Europea (GDISC – General Directors’ Immigration Services Conference) organizzata dal Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno e presieduta dal nuovo sottosegretario all’interno Alfredo Mantovano. Negli stessi giorni centinaia di migranti sono stati fatti partire dalla polizia libica e dalle organizzazioni criminali dalle coste di Zuwara in direzione della Sicilia. Gheddafi, come al solito, ha dimostrato di conoscere assai bene i tempi della politica europea e dei governanti italiani.

Dopo gli ultimi “sbarchi”, che sbarchi non sono perché i migranti, per la maggior parte, vengono salvati in mare dalla Marina militare, il nuovo “centro di accoglienza” di Contrada Imbriacola, in una fossa all’interno dell’isola, è di nuovo in emergenza, con oltre mille “ospiti”, tra cui molte donne e minori, rispetto ai seicento posti disponibili. Sembra che i trasferimenti verso altri centri polifunzionali ( di identificazione e di permanenza temporanea, oltre che di accoglienza) rispetto allo scorso anno siano assai rallentati. Dopo la stretta del nuovo governo Berlusconi nei confronti dei clandestini e dei rom, anticipata dalle retate delle questure italiane, anche ai danni di cittadini comunitari, tutti i centri di trattenimento di immigrati, quale che sia la loro denominazione presente e futura, sono stracolmi, un anticipo di quello che succederà quando la durata della detenzione amministrativa sarà portata a diciotto mesi. E a Torino c’è scappato pure il morto, per l’assenza colpevole di cure mediche, ma questo era già successo due anni fa nel CPT “modello” di Caltanissetta e la situazione non è meno tesa a Ponte Galeria a Roma, o a Gradisca d’Isonzo, dove vengono portati molti migranti da rimpatriare dopo essere arrivati a Lampedusa.

Il GDISC, che finora ha operato come una “rete informale”, al riparo da occhi indiscreti, si prefigge di avviare, coordinare e migliorare la “cooperazione pratica” tra i servizi per l`immigrazione; garantire una “risposta flessibile ad eventuali cambi delle rotte migratorie”; costituire una piattaforma per lo scambio di esperienze; fornire pareri alle istituzioni europee per quanto riguarda gli “aspetti operativi dell`immigrazione e dell`asilo”. Per “cooperazione pratica” e per “aspetti operativi” si intendono operazioni di rimpatrio forzato, voli charter congiunti, e forme diverse di respingimento in frontiera o in acque internazionali, tanto per essere chiari. Alla riunione di Lampedusa hanno partecipato oltre cento delegati dei trentatrè Paesi membri, quasi tutti i direttori generali dei ministeri dell’interno europei che ambiscono ad ottenere il riconoscimento di una autonomia funzionale e finanziaria, con un ufficio dell’Unione Europea in funzione di supporto all’azione dei Governi nazionali nella “guerra al’immigrazione illegale”, sul modello dell’Agenzia Frontex, creata dall’Unione Europea nel 2004 per il controllo delle frontiere esterne. Qualcuno a Bruxelles avverte forse la concorrenza di Frontex, con sede a Varsavia, in Polonia, che per il 2008 ha ottenuto il raddoppio del budget, oltre 70 milioni di euro ( più della metà di spese per il personale) a carico dei contribuenti europei, ma con risultati così deludenti che a Bruxelles hanno deciso di verificarne la futura operatività.

Dal 18 maggio è partita, con base a Malta, l’ennesima operazione congiunta di Frontex nel Canale di Sicilia, denominata Nautilus III. Come in passato, l’avvio dell’operazione, per la quale si prevede un budget di alcuni milioni di euro, non ha prodotto risultati concreti, anche per le divergenze sulle regole di ingaggio e per la mancanza di una base giuridica generalmente condivisa. In acque internazionali in base alle convenzioni internazionali non ci sono clandestini da respingere ma solo persone da salvare. Il numero degli immigrati arrivati in Sicilia, o più spesso salvati dalla marina Militare italiana, è intanto cresciuto rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. La Libia, nel frattempo, ha rinnovato le sue accuse ai paesi europei di lasciar morire in mare i migranti, ed ha rifiutato la sua collaborazione, malgrado le rassicuranti dichiarazioni del governo Berlusconi, che si è detto pronto di volare a Tripoli per incontrare Gheddafi. Sembra che sia proseguita soltanto l’attività di formazione della polizia libica da parte della Guardia di finanza italiana. Attività “formative” che forse contribuiranno a fare diminuire gli stupri commessi regolarmente da trafficanti e da agenti di polizia libici ai danni delle giovani migranti in transito verso l’Europa.

Mentre negli ultimi mesi sembra diminuita la collaborazione offerta dal governo libico per arrestare, detenere e deportare i migranti irregolari verso l’Europa,oltre 65.000 arresti nel corso del 2007 e diverse decine di migliaia di espulsioni dalla Libia verso i paesi di origine, in Italia si sta trasformando, giorno dopo giorno, la funzione dei centri di detenzione, e si contano già nuove vittime della politica di internamento generalizzato degli irregolari voluta dal governo Berlusconi. Un anticipo di quello che succederà dopo il prolungamento della detenzione amministrativa a diciotto mesi. Anche a Lampedusa sta cambiando qualcosa. Se nei prossimi mesi saranno prolungati i termini della detenzione amministrativa e se i migranti non potranno lasciare più Lampedusa entro 24/48 ore dallo “sbarco” per essere trasferiti verso altre strutture in Italia, la situazione diventerà esplosiva. L’intera isola rischia di trasformarsi in un gigantesco lager a cielo aperto.

Proprio mentre a Lampedusa era in corso la riunione dei direttori generali dell’immigrazione di tutta Europa, un migrante solitario ha eluso la sorveglianza dei gestori del “Centro di prima accoglienza e soccorso” e ad attraversare il centro abitato dell`isola, riuscendo ad entrare dentro l’aeroporto, fermandosi sulla pista mentre stava decollando un aereo civile. Il “clandestino” veniva quindi bloccato dalle forze dell’ordine e trasferito nel carcere di contrada Petrusa ad Agrigento, dove dovrà rispondere dell`accusa di “attentato ai mezzi di trasporto”. Il processo davanti al tribunale di Agrigento meriterà un sicuro interesse. Questo isolato tentativo di fuga ha subito offerto al nuovo sindaco di Lampedusa il pretesto per chiedere la militarizzazione del “centro di accoglienza e soccorso” dell’isola, di fatto una trasformazione della struttura in centro di detenzione, dopo che il precedente governo aveva tentato la strada della “umanizzazione” dei centri di accoglienza e dei centri di permanenza temporanea.

Secondo il sindaco di Lampedusa “in seguito a input politici del vecchio governo Prodi, gli immigrati che vivono all`interno del centro non possono essere controllati dai carabinieri e non è dato loro sapere neanche quanti clandestini ci sono al suo interno”. “I carabinieri – conclude lo stesso sindaco- svolgono egregiamente i loro compiti, ma non hanno gli strumenti necessari per potere operare controlli adeguati”. “Questa è una situazione che va affrontata e in fretta – avverte il sindaco – Già da domani avvieremo l`iter per poter installare, di concerto con la Prefettura di Agrigento, del filo spinato lungo il muretto perimetrale del centro d`accoglienza”

Si ritorna dunque ad una “accoglienza dietro le sbarre” dopo che nel 2006 la Commissione De Mistura aveva denunciato abusi e disfunzioni in diversi CPT e centri di identificazione per richiedenti asilo in Italia, confermando – non senza gravi omissioni – le denunce fatte per anni dalle associazioni antirazziste, denunce che, dopo una ispezione del Comitato europeo contro la tortura, avevano costretto il ministro Pisanu e la prefettura di Agrigento a chiudere il CPT di contrada San Benedetto. Secondo quanto affermato lo scorso anno, anche a Bruxelles, dal Direttore generale dell’immigrazione, dr. Morcone, il centro di Lampedusa avrebbe dovuto rappresentare un nuovo modello di “gestione umanizzata” degli arrivi dei migranti irregolari con la collaborazione, nell’ambito della missione Praesidium, finanziata dall’Unione Europea, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) , della Croce Rossa Italiana e da quest’anno di Save The Children. Adesso però, il sindaco di Lampedusa punta l’indice proprio contro le direttive del governo Prodi e le associazioni che gestiscono il centro, chiedendo che la struttura venga militarizzata come un CPT per garantire la “sicurezza” di Lampedusa, il tranquillo svolgimento della stagione turistica dalla quale gli abitanti dell’isola ricavano, oltre che dall’accoglienza offerta all’imponente presidio militare che staziona a Lampedusa tutto l’anno, i mezzi di sostentamento. In realtà la preoccupazione principale del sindaco è quella degli operatori turistici e dei titolari delle agenzie di viaggio che stanno puntando sulla “riqualificazione turistica” dell’isola, basata come al solito su una speculazione selvaggia, e vorrebbero la chiusura del centro di “accoglienza e soccorso” mentre una buona parte della popolazione ricava il proprio reddito proprio dalla presenza di centinaia di militari di stanza a Lampedusa, tutto l’anno, “per contrastare l’immigrazione clandestina”.

Vorremmo rassicurare il sindaco di Lampedusa (del Movimento per l’autonomia- MPA) ed i suoi cittadini che hanno votato in massa per la Lega Nord. Presto il presidente del Consiglio Berlusconi ritornerà in Libia per negoziare con Gheddafi nuovi strumenti di contrasto dell’immigrazione clandestina, come in passato sulla pelle delle migliaia di migranti che quel regime, con il sostegno di diversi paesi europei, arresta, detiene ed espelle verso i paesi di origine, come il Sudan e l’Eritrea nei quali i migranti trovano torture e morte. Dopo le brillanti missioni di D’Alema e di De Gennaro, lo scorso anno in Libia, fino alla stipula a Tripoli dell’accordo di collaborazione del 29 dicembre 2007, i rapporti tra l’Italia e il colonnello Gheddafi ritorneranno idilliaci, soprattutto se l’Italia si impegnerà a versare ( con l’Europa) qualche milione di euro per convincere lo scomodo alleato ad una maggiore collaborazione nella guerra contro l’immigrazione illegale. Forse rivedremo tra poco le espulsioni collettive da Lampedusa verso la Libia, come nel 2004 e nel 2005, quando l’Italia si fermò solo alla vigilia di una condanna da parte della Corte Europea dei diritti dell’uomo. E i burocrati europei stanno partorendo un`altra “brillante” idea contro l’immigrazione illegale, non ancora paghi dell’imbarbarimento della direttiva sulle procedure di rimpatrio. Di fronte ai risultati fallimentari delle missioni Nautilus di Frontex si sta pensando di utilizzare aerei spia senza pilota che, partendo dagli aeroporti pugliesi, dovrebbero monitorare le acque del Canale di Sicilia in modo da segnalare con maggiore tempestività le partenze delle imbarcazioni cariche di “clandestini” dalla Libia verso la Sicilia. A quando i satelliti ed missili intelligenti? Magari solo per colpire le eliche delle imbarcazioni che partono dalla Libia.

Come al solito, si cercano tutti i mezzi per respingere i migranti verso i porti di partenza, non certo per salvare vite umane in pericolo. Non si pensa né a garantire la protezione internazionale né ad aprire reali possibilità di ingresso per ricerca di lavoro. Del resto la clandestinità conviene a tutti, agli apparati di polizia che si vedono crescere mezzi e poteri, ed agli imprenditori in nero, che ci guadagnano, come al solito, conviene molto meno, o per nulla, alle vittime, a quelli che si vuole chiamare “clandestini”, anche quando hanno un nome, un indirizzo ed un lavoro, o sono richiedenti asilo. E nel canale di Sicilia non si contano più i cadaveri ed i dispersi delle tante “tragedie dell’immigrazione clandestina”. Nessuno ricorda che ormai solo il 9 per cento degli immigrati che entrano irregolarmente in Italia arriva dal mare. Nessuno ricorda che la maggior parte di coloro che arrivano a Lampedusa sono potenziali richiedenti asilo, donne e bambini. Ci si commuove se una donna è costretta a partorire in mare, o se si ritrova un cadavere che galleggia davanti alle spiagge di Lampedusa, ma il giorno dopo si pensa solo alla militarizzazione del territorio, al filo spinato ed agli aerei spia.

 

 

 

 

 

 

 

 

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