Freddi numeri
Dal 2000 a oggi gli omicidi in Italia sono passati da 13,1 a 10,3 per milione di abitanti. A sostenerlo una fonte autorevole – l`Istat – nel rapporto “100 statistiche per il Paese” presentato il 7 maggio 2008.
Nel documento si legge che gran parte degli omicidi sono commessi nel Mezzogiorno, ma anche qui emerge un andamento decrescente. Nel panorama europeo, l`Italia è uno dei Paesi più sicuri per numero di morti violente: è al di sotto della media, con 14 delitti per milione di abitanti e in ottava posizione complessiva (in testa c`è l`Austria). Le ex repubbliche russe del Baltico (Lituania, Estonia e Lettonia) detengono invece il record negativo, con indici rispettivamente pari a 118,3, 83,9 e 55,2 per milione di abitanti.
Stando a queste cifre i cittadini lituani dovrebbero chiedere a gran voce provvedimenti d`emergenza, mentre in Italia dovrebbero essere i cittadini del Sud a protestare più degli altri. Invece, sono città come Bologna e Firenze a capeggiare il delirio sicuritario, mentre al Sud non si registrano manifestazioni di massa se si eccettua un assalto al campo rom da parte di cittadini napoletani (le cui foto sono finite su Times, Indipendent, New York Times, Associated Press, Le Monde, El Mundo), ai quali va evidentemente bene essere ammazzati, derubati, scippati, avvelenati, rapinati dai propri concittadini ma che reagiscono ad un sospetto rapimento – peraltro non provato – con un pogrom da primo Novecento: un paradosso brutalmente sintetizzato dal titolo a tutta pagina del Times di Londra: “`Mafia` vigilantes firebombs Gipsy camps“.
Paura europea
Il “colpevole” del delirio sicuritario ha un solo nome: Lega. È stata la crescita costante di questo movimento a portare alla paradossale situazione di isteria collettiva che produce assalti ai campi nomadi, norme fuori da ogni diritto e da ultimo lo scherno dell`Europa di fronte alla richiesta di blindare le frontiere di Schengen da parte di un paese che da cento e più anni esporta mafiosi e malfattori in ogni angolo del globo (la strage di Duisburg risale appena all`estate del 2007).
Qualunque successo elettorale della Lega ha portato tutte le forze politiche ad accodarsi al “metodo” del vincitore, sostenendo che “hanno buone ragioni”, pur se espresse male; che colgono le domande della gente; che infine non hanno tutti i torti, portando avanti sostanzialmente idee giuste e condivise dal popolo.
Il fatto è che la Lega non ha idee: i suoi leader sono semplicemente imprenditori politici della paura, che trovano spazio fertile nelle fasi di recessione economica e di insicurezza diffusa, quando è molto più semplice e comodo trovare un capro espiatorio che industriarsi a risolvere i problemi.
Ma la Lega non è un fenomeno solo italiano. Partiti fratelli sono il Fronte Nazionale di Le Pen in Francia (arrivato qualche anno fa fino al ballottaggio delle presidenziali con Chirac), Blocher in Svizzera (29% di voti), Haider in Austria (è stato ministro), i secessionisti fiamminghi in Belgio, l`estrema destra olandese, e il Fremskritt Partiet in Norvegia, 22% dei voti, un programma che prevede di cacciare gli extracomunitari e cancellare lo stato sociale.
Come molti movimenti di estrema destra, la Lega muta “obiettivo” in base alla possibilità di ottenere consenso. L`abitudine a vivere l`informazione giorno per giorno porta a cancellare la memoria, nonostante gli archivi informatici che oggi permettono facilmente di mantenere traccia di cioè che è avvenuto in anni recenti. Quanti ricordano, ad esempio, che la Lega nasce contro il Meridione e per la secessione?
Fase 1. Razzisti? No, solo contro i terroni
Luigi Moretti, leader della Lega Lombarda – Alleanza Nord, primo nome della Lega (600 mila voti alle elezioni europee), in una intervista al settimanale Epoca, affermava che il suo partito non è razzista, ma è solo contro i meridionali che emigrano al Nord.
“Contro i negri non abbiamo proprio niente. Anzi, per noi sono meglio dei terroni“. Moretti, bergamasco di 45 anni, ribadisce che il problema che sta più a cuore al suo partito è proprio quello meridionale. “Siamo contro il meridionalismo, siamo contro Roma che manda al Nord i suoi consoli a comandare. Contro gli insegnanti meridionali che insegnano ai nostri figli una lingua e una cultura che non ci appartiene, che non vogliamo. E poi: prefetti meridionali, giudici di tribunale meridionali… è ora di finirla. La Lombardia è dei lombardi e deve essere guidata e amministrata da lombardi”. Il modello amministrativo da seguire è quello della Svizzera: “Vogliamo un`Italia fatta di regioni confederate. In Svizzera un insegnante non può passare da un cantone all` altro senza prima aver superato un esame. Ogni regione ha il diritto di difendere la propria cultura”.
È il 1989, il movimento è agli albori. Degli immigrati si occupa di rado.
Un atto di coraggio: tornate a casa
“Onesti e bravi siciliani, calabresi, campani e sardi, fate un atto di coraggio: tornate a casa. La criminalità organizzata e protetta si è impadronita delle vostre terre e quella povera gente ha bisogno di voi. I nostri figli ci sono già andati e sono stati accolti a fucilate. In una terra ostile, dove il razzismo e la criminalità dilagano e la presenza degli alpini e di tutti i nostri giovani soldati è osteggiata, vogliamo ritorni la civiltà”.
Si tratta probabilmente del punto più alto della campagna leghista contro i meridionali, un esplicito invito a tornarsene a casa, un implicito riferimento alla pulizia etnica che proprio in quel periodo – siamo nel 1992 – infuriava in Jugoslavia.
La firma è dei “Giovani del Nord”, l`organizzazione giovanile della Lega di Bossi, ed il grande manifesto campeggiava sui muri dell`Emilia, del Trentino, del Veneto, della Lombardia.
Le reazioni non mancarono. Il diretto responsabile, tale Luca Matteja, segretario del movimento giovanile, diede una risposta debole ed evasiva: “Il vero razzismo è continuare a opprimere la gente onesta e sana del Sud con il modo di governare della Dc” (sì, c`era ancora la DC, Mario Segni era il politico più in vista, Di Pietro un grande eroe popolare, i militari di leva erano impegnati nel Sud “contro la mafia”).
Marco Formentini, allora capogruppo della Lega a Montecitorio, disse che quel manifesto “era stato fatto nel mese di agosto, in occasione delle tensioni scoppiate tra i nostri militari e alcuni individui faziosi”. L`intenzione era quella di invitare “gli altri giovani di ogni regione d` Italia, ad impegnarsi nella lotta alla criminalità e per il riscatto della gente onesta”.
Fase 2. Dalla secessione all`alleanza col catanese
Quanti ricordano che “Padania” era il nome della repubblica del Nord di una immaginaria Italia divisa in tre? Etruria e “Repubblica del Sud” erano le altre sezioni di uno stivale che lo spadone di Alberto da Giussano doveva spezzare. Il nome ufficiale diventa “Lega nord per l`indipendenza della Padania”.
La Lega – tuttavia – rischia di diventare una forza politica importante ma emarginata, specie dai partiti che al Sud hanno una base importante di consenso.
Il cambio di rotta avviene con la Lega ormai integrata nel governo Berlusconi, dove convive con i partiti che prendono voti in tutta Italia e che non possono sopportare l`ingombrante alleato antimeridionale. Così la secessione – già annacquata nel federalismo – diventa “devolution”, sparisce il razzismo contro i “terroni” e tutto l`odio viene concentrato sugli extracomunitari.
Nel novembre del 2005 la Lega partecipa a Reggio Calabria ad una manifestazione – il Devolution Day – pensata per spiegare la riforma ai meridionali. Il Palasport trasuda imbarazzo ed ipocrisia, ma sono divertenti i resoconti giornalistici degli inviati vicini alla destra.
“I charter padani partono da Milano e da Venezia, ma pure da Torino e Roma. E si portano dietro lo stato maggiore del movimento: deputati, senatori, sottosegretari, consiglieri regionali e sindaci.
Che arrivano al palasport del capoluogo calabrese con l`imbarazzo che gli si legge in faccia e un sorriso di circostanza che gli tira in volto. Si ride e si scherza, ma ci si stringe pure in gruppi, perché – dice un deputato veneto – siamo `come le antilopi nella savana quando sono braccate dai leoni`“.
Infine arriva l`alleanza organica con l`MPA di Lombardo, gli autonomisti del Sud, ma quelli accusati di usare sistemi clientelari, provati da un singolare “incidente”: un giornalista che cercando “Pinnacle” su e-Mule si trova davanti cartelle, documenti, archivi e fogli Excel pieni di indicazioni per raccomandazioni e favori troppo dettagliati per essere frutto di fantasia. La Lega contro il sud corrotto, la Lega che ancora grida “Roma ladrona” ha come alleati personaggi che usano i più biechi sistemi clientelari, proprio quelli contro cui la Lega è nata.
Ma la Lega è solamente un partito di “onesti” che si allea per ragioni strategiche con i corrotti meridionali? Anche questo non è vero. Umberto Bossi è stato condannato ad otto mesi per le tangenti Enimont, con sentenza confermata in Cassazione. Diventato deputato europeo, ha “sistemato” il fratello Franco Bossi e il figlio primogenito Riccardo presso il Parlamento di Bruxelles con la qualifica di assistenti accreditati. Stipendio 12.750 euro. Sono stati fatti rientrare solo dopo lo scoppio dello scandalo.
Sul Corriere della sera del 27 settembre 2005, Gian Antonio Stella ironizza sullo “scambio di coppie” della Lega, riferendosi ai due parlamentari in camicia verde Ballaman e Balocchi che si assumono a vicenda le mogli. Ma del resto, in Italia, le “regole” le devono rispettare solo i poveri che vengono da fuori.