ALCAMO – “Sono un ragazzo marocchino di 26 anni, vengo da Agadir. Sono passato da Spagna e Francia tra mille problemi e difficoltà. Sono venuto in Italia due anni fa. Qui ho sempre dormito in case abbandonate, stazioni, giardini di molte città italiane: Milano, Roma, Torino, Napoli, Salerno, Palermo, Alcamo…Ho lavorato sempre nell’agricoltura 3 o 5 giorni al mese appena. Ad Alcamo ho lavorato per un paio di giorni nei vigneti dove ho dovuto anche comprarmi le cesoie per raccogliere l’uva. In conclusione mi sento senza futuro, sono molto pentito di aver lasciato il mio paese e il mio lavoro. Mi vergogno di stare qui in queste condizioni ma mi vergogno anche di ritornare a casa con le mani vuote”. Agadir, città sull’Atlantico, mezzo milione di persone che provano a vivere di quella che è diventata l’unica risorsa della regione, una lunga e bella spiaggia sabbiosa che attira i turisti. Non tutti ci riescono, in tanti vanno via, provano a passare il muro di Ceuta, qualcuno si avventura fino alle Canarie. Molti muoiono, molti altri vengono rimandati indietro. Qualcuno arriva, da un lato è un trionfo personale, dall’altro l’inizio di una nuova “via crucis” che trova nel Mezzogiorno italiano, nel lavoro agricolo, le stazioni più dolorose.
Solo se regolari
Ogni anno, tra settembre e ottobre, nella Valle del Belice arrivano migliaia di stranieri per la vendemmia. La maggior parte sono maghrebini. E irregolari. Da alcuni anni, il Comune di Alcamo ha istituito un centro di accoglienza in collaborazione con la Croce Rossa Italiana e la Misericordia di Palermo. Come in altre regioni, il centro di accoglienza, capace di ospitare 120 unità, è stato allestito esclusivamente per immigrati regolari. Per poter accedere al centro, i lavoratori regolari pagano un contributo per pernottare in tende che possono ospitare fino a 20 persone, e per un pasto serale. Ad Alcamo, dunque, gli immigrati irregolari sono costretti a trovare soluzioni abitative di fortuna. Le strade del paese, un angolo della piazza, case abbandonate, oppure arrangiati nelle tende in campi limitrofi.
Minacciati col fucile
Ormai si sa. Le condizioni di lavoro in agricoltura sono spaventose. Nel Mezzogiorno, il lavoro nero è la norma, e non sempre si è pagati alla fine della raccolta. Quando va bene, non si mandano a case che pochi spiccioli. Spesso “l’imprenditore agricolo” somiglia pericolosamente ad un criminale.
Ecco una storia esemplificativa: “Sono un ragazzo egiziano di 23 anni. Ho lavorato a Milano come manovale per 8 mesi ma a causa dei controlli sul lavoro nero ho lasciato il nord e sono venuto in Sicilia. Qui con altri 7 egiziani abbiamo lavorato in agricoltura per 4 mesi senza essere mai pagati e addirittura siamo stati minacciati dal datore di lavoro con un fucile solo perché chiedevamo sempre i nostri soldi. Anche senza documenti abbiamo deciso tutti insieme di andare alla polizia e raccontare la nostra storia perché avevamo veramente paura del datore di lavoro. La polizia ci ha ascoltato con grande attenzione e con la CGIL ha cercato di aiutarci; ci hanno consigliato di lasciare il posto dove vivevamo e con il loro aiuto ci hanno trovato dove andare. Grazie alla nuova legge che difende anche persone senza documenti sfruttati dal datore di lavoro, ho avuto il diritto di fare una richiesta di permesso di soggiorno e spero che mi rispondano presto”.
Si tratta del permesso per “protezione sociale”, disciplinato con circolare del 28 maggio 2007. Le Questure possono rilasciare uno speciale permesso di soggiorno alle persone vittime di violenza e grave sfruttamento. Permane un margine di discrezionalità nell’applicazione di questa disposizione da parte delle Autorità di Polizia ed è comunque necessaria, per la richiesta di questi permessi, l’attivazione di una specifica rete di assistenza (associazioni; sindacati; programmi di integrazione).
Arrivano sani, si ammalano in Italia
Lombalgie, malattie della pelle, infezioni respiratorie. Sono il frutto di lavori pesanti, senza pause e senza protezioni. Sono il risultato di ore passate a respirare anticrittogamici. Sono la conseguenza di notti in posti freddi e umidi. Tutti, anche se clandestini, hanno diritto alla tessera sanitaria. Molti non lo sanno, e quelli che lo sanno hanno paura che l’identificazione sia il primo passo verso l’espulsione.
Mohamed vive ad Alcamo da due anni. É irregolare. Un anno fa a Salerno era stato operato d’urgenza per occlusione di un’arteria cardiaca. Il proseguimento della terapia si è reso indispensabile, trattandosi di farmaci cardiovascolari salvavita. M. è stato seguito all’ambulatorio STP di Eboli per due mesi ma al ritorno ad Alcamo non sapendo dove richiedere l’impegnativa per i farmaci, ha abbandonato la terapia. É stato visitato dal personale sanitario di MSF in serio pericolo di vita, con gravi problemi di respirazione. Un immediato ricovero presso la Cardiologia dell’ospedale più vicino ha evidenziato un quadro di ipertrofia ventricolare severa. Dopo due settimane di ricovero e un intervento nel reparto di emodinamica, M. è stato dimesso ed è stato seguito dall’ambulatorio STP di Alcamo.
Mohamed non vota
Nonostante i frequenti cambiamenti nel panorama politico e di governo, nonostante le reiterate promesse da parte delle istituzioni nazionali e regionali, nonostante i solenni impegni di sindacati e organi di controllo, non ci sono cambiamenti sostanziali nelle inaccettabili condizioni degli stranieri stagionali. I prodotti del loro lavoro, dai pomodori alle olive fino all’uva, finiscono alle industrie, diventano beni per l’esportazione, arricchiscono i mediatori e vanno a finire negli scaffali della grande distribuzione. Mohamed magari non beve alcol, e magari non saprà mai che quell’uva che gli hanno pagato pochi spiccioli in breve assumerà ben altro valore.
* Le interviste sono state tratte ed adattate dal rapporto “Una stagione all’inferno” di Medici Senza Frontiere, scaricabile da: www.terrelibere.org/?x=completa&riga=260