Nonostante gli anni trascorsi, “Moby Prince” continua a far discutere. Dopo aver ottenuto la riapertura dell’inchiesta sulla più grande tragedia marina della storia d’Italia, l’avvocato di parte civile Carlo Palermo continua a raccogliere prove documentali, che possano portare le aule giudiziarie a stabilire la verità su quello che accadde la notte del 10 aprile 1991 nel porto di Livorno.
Fabio Piselli, in qualità persona informata sui fatti, viene ascoltata da Palermo nel mese di novembre; ma poco prima di quell’incontro avviene qualcosa di inquietante. Piselli, dopo aver raccolto dei documenti e aver incontrato un potenziale testimone, viene aggredito da ignoti. Dopo esser stato drogato, viene chiuso all’interno della propria auto e questa date alle fiamme. Quello che è sembrato un tentativo per toglierlo di mezzo per fortuna non è riuscito; Piselli infatti si trascina fuori dall’auto poco prima che fiamme e fumo lo uccidano. Scompaiono, però, i documenti e le tracce del potenziale testimone appena incontrato. Nonostante l’aggressione subita abbia pregiudicato l’apporto di informazioni per la nuova inchiesta giudiziaria, Piselli è stato comunque ascoltato dall’avvocato Palermo.
L’ex parà della Folgore, esperto in spionaggio elettronico, viene a conoscenze di informazioni sul caso “Moby Prince” mentre sta conducendo una indagine personale sulla morte del cugino Massimo Pagliuca.
L’identità dell’uomo, sconosciuta ai più, viene fuori dalle cronache successive all’aggressione. A suo dire, spesso i media scrivono falsità o inesattezze sul suo conto; decide per questo di pubblicare un proprio blog: http://www.fabiopiselli.blogspot.com/ a cui affidare le riflessioni personali. Del blog e di altro parliamo direttamente con lui.
– Signor Fabio Piselli, all’epoca della tragedia della Moby Prince, dove si trovava e che tipo di lavoro svolgeva?
Nel 1991 ero appena rientrato da un periodo di attività svolta all`estero, sin dal 1989 ero lì come consulente per la sicurezza.
– Lei è intervenuto sul posto? Se sì, con quale ruolo e a che titolo?
Sì sono intervenuto, come operatore della embrionale protezione civile all`interno della macchina dei soccorsi. Ho operato nel trasferimento dei corpi fra la banchina e l`hangar “Karin B” quindi dalle bodybags al tavolo necroscopico.
– A distanza di 17 anni, dal tragico incidente, ci spiega come il suo nome si va ad intrecciare con la riapertura della dell’inchiesta sulla più grande tragedia navale della storia d’Italia?
Purtroppo il mio nome è emerso nelle agenzie di stampa la sera che ho subito l`aggressione, acquisito da un giornalista da qualche operatore di Polizia o del soccorso intervenuti sul luogo. Sostanzialmente sono stato collegato alla presenza del Dott. Palermo in Pisa con il quale mi ero accordato per inoltrare alla sua attenzione un potenziale testimone, utile per fornire notizie d`interesse per le indagini che l`avvocato Palermo stava conducendo rispetto alla tragedia del Moby Prince.
– Dalla stampa, come da lei dichiarato, dice di esser entrato nella nuova inchiesta “Moby Price” perché stava indagando sulla morte di suo cugino. Quali sono, se può dircelo, gli elementi che collegano la morte di Massimo Pagliuca, le informazioni in suo possesso e la nuova inchiesta su Moby Prince?
Riguarda indagini in corso e non posso parlarne
– La tragica morte di suo cugino in che contesto è avvenuta?
Massimo è morto affogato a causa di un incidente navale avvenuto nel 2004, dalle testimonianze pare che non sia stato in grado di reagire alla emergenza ed è morto in pochi minuti. Strano per un soggetto come lui non solo addestrato a gestire lo stress in emergenza ma soprattutto capace di affrontare il mare sia a bordo che in acqua. Motivo per cui ho voluto evidenziare se vi fosse o meno la presenza di ulteriori ragioni per le quali non era nelle condizioni psicofisiche compatibili con le sue capacità.
– C’è un iter giudiziario in corso sulla morte di suo cugino? Se sì, di che tipo e chi coinvolge?
C`è un procedimento penale aperto per omicidio colposo nei confronti dello skipper che guidava la barca, ma non mi sono costituito parte civile. Ritengo che effettivamente sia stato un incidente, ciò nonostante apprezzerei conoscere le ragioni per le quali Massimo non è stato capace di reagire per come egli sapeva fare a quel tipo di situazione emergenziale.
– Veniamo alla recente attualità. L’aggressione da lei subita, pare, a causa del suo coinvolgimento nella riapertura dell’inchiesta Moby Prince. I giornali ne hanno parlato ampiamente. Alcuni aspetti, non mi sono chiari, spero lei sia in grado di darmi delle risposte le chiedo: Secondo lei cosa volevano ottenere esattamente questi ignoti aggressori?
Ritengo che gli aggressori abbiano posto in essere l`evento in una situazione non preventivata, diciamo di emergenza, probabilmente tenevano sotto osservazione il soggetto che ho incontrato il quale ha rappresentato una minaccia per i loro interessi. Hanno attaccato me senza la precisa intenzione di uccidermi, altrimenti lo avrebbero potuto fare, pur non escludendo la mia morte causata dall`incendio che hanno appiccato alla mia macchina dopo avermici chiuso dentro. Il loro intento è stato quello di intimidire il potenziale testimone, di eliminare ogni eventuale traccia documentale acquisita da me, e attraverso il trattamento che mi hanno riservato di inviare una sorta di messaggio a coloro che potrebbero ancora fornire notizie utili.
– L’ha colta totalmente di sorpresa l’aggressione oppure in qualche modo se l’aspettava?
In ragione della mia esperienza e del tipo di attività ho sempre condotto un comportamento attento rispetto ad una potenziale aggressione o meglio contro ogni eventuale attività di sorveglianza, non mi aspettavo quel tipo di evento al quale non ho saputo e potuto reagire. Nelle settimane e nei giorni precedenti ho subito una serie di furti avvenuti nei locali di mia proprietà, nella auto ed anche alla fattoria di Bibbona, qualche telefonata muta, qualche segnale mi è stato inviato tale da rendermi più attento, purtroppo non come avrei dovuto.
– Il fatto che lei sia uscito vivo dall’aggressione lo considera un fatto puramente fortuito? Come considera l’aggressione?
La mia sopravvivenza è dovuta da un lato al normale istinto che tutti noi abbiamo e che si attiva proprio in quel tipo di situazioni, dall`altro dalla fortuna di essere stato in una macchina che mi ha consentito di guadagnare subito aria dalla portiera che ero riuscito ad aprire, seppur stordito dalla sostanza che mi è stata forzatamente somministrata. L`aggressione è stata di tipo tecnico, posta in essere da soggetti addestrati e capaci di neutralizzare una persona, altrettanto addestrata, in pochi secondi e con precise manovre tali da immobilizzarmi a terra, compiute da quattro soggetti che si sono mossi in sincrono.
– In che termini, l’aggressione, ha modificato l’apporto di informazioni che lei ha potuto dare all’avv. Palermo? Di cosa avete parlato, se può dircelo, con l’avvocato Palermo?
Rispetto ai contenuti della collaborazione con il Dott. Palermo preferisco mantenere il riserbo, l`evento ha certamente inquinato i nostri programmi e la sottrazione o la distruzione dei documenti ha diminuito il potere probatorio degli elementi fino ad allora raccolti.
– La persona che lei, poco prima dell’aggressione, ha incontrato sa se ora sta bene? Sa se ha ancora intenzione di rivelare particolari importanti al fine di giungere alla verità sul caso M.P.?
Mi auguro che stia bene, non ho più avuto contatti con il soggetto.
– Dopo l’aggressione e dopo aver verbalizzato le sue informazioni, lei decide di tornare nuovamente nell’ombra. Per circa un mese di lei si sa poco o nulla. Qualche timido commento, comincia a farlo lei su articoli e inchieste che riguardano la sua persona, soprattutto nell’ambito web. E’ esatto?
La mia natura è stata sempre quella di operare con un basso profilo, dopo l`evento e dopo le varie inchieste giornalistiche ho ritenuto opportuno elevare il livello di visibilità per prevenire speculazioni e false notizie che avrebbero potuto recar danno alle attività in corso.
– Lei è mai stato membro dei Servizi Segreti italiani o stranieri?
No
– Il 13 dicembre decide di pubblicare un blog sulla sua vicenda personale, come mai ha scelto di pubblicare le sue opinioni? Come mai ha scelto di farlo utilizzando un blog?
Ritengo il blog un effettivo mezzo democratico di esposizione di un pensiero, senza filtri. Ho scelto questo strumento perchè ormai il fatto è stato reso noto e fra gestire ed essere gestito ho ritenuto offrire il mio contributo per stimolare la collettività alla richiesta di verità rispetto alle cause che hanno prodotto la tragedia del Moby Prince.
– All’interno, del blog, lei fa diverse riflessioni personali, che non sempre sono comprensibili ad una persona esterna a gli eventi e poco conoscitore di terminologie tecniche. Quando cita cose come: “strutture”, fa riferimento: “al gigante abbattuto”, “fratellanze”; ne parla sempre come degli elementi di ostacolo alla verità. Può spiegarci meglio cosa e a chi si riferisce?
A quelle organizzazioni, formate anche da operatori istituzionali, i quali tutelano i propri interessi o quelli della fratellanza a cui appartengono invece di quelli esclusivamente istituzionali. Pongono in essere quelle opere di depistaggio e d`inquinamento delle prove che il loro ruolo pubblico gli consente di fare. Se consideriamo un traffico di armi questo non avviene senza la collusione fra operatori di Stato e quelle organizzazioni che erogano le armi e che le trafficano con la copertura di questi soggetti che ricoprono un ruolo istituzionale.
– La stragrande parte del suo blog è dedicato a delle riflessioni personali sulla vicenda M.P., pochissimo alla vicenda di suo cugino. Può spiegarci il motivo di tale scelta?
Gran parte dei fatti inerenti le indagini relative a Massimo riferiscono ad indagini in corso e non posso parlarne.
– Dal suo blog: ”Livorno ed il suo porto ne ha visti di ufficiali e sottufficiali bollati, ne ha visti di processi ambigui, ne ha sentiti di “…fatti i cazzi tuoi…” detti in vari dialetti, ne ha visti di cargo caricare armi, fare uno stop over a Talamone e ripartire”. Quando parla di “vari dialetti” cosa intende dire?
Semplicemente la provenienza dei vari operatori istituzionali che hanno bollato dei loro colleghi.
– Dal blog: “Ha ripreso altri imbarchi, a Livorno, Massa e Viareggio, fino alla pensione, giunta proprio nel 1991, insieme al tumore diagnosticato mentre il Moby Prince ancora bruciava, strane coincidenze del destino”. Intende dire che il lavoro al porto di Livorno, di suo padre, ha influito sul suo stato di salute? Se sì come?
I ricordi che ho di mio padre hanno il sapore dell`amianto che negli anni settanta era in ogni elemento delle navi e degli accessori. Ma era anche un gran fumatore. Sono numerose le morti per amianto a Livorno ultimamente, solo un anno fa, se ne andato anche mio suocero che lavorava al porto, per un tumore, il quale ha seguito una decina di suoi colleghi morti per la stessa causa.
– Quando dice: “Ricordo i commenti di papà dopo che parlò con i pescatori dei pescherecci che erano al largo del porto di Livorno la notte del 10 Aprile 1991”. Si riferisce a testimonianze mai sentite dalla magistratura? O che hanno raccontato contesti differenti da quelli dei verbali ufficiali?
Non le ho lette nei verbali ufficiali, magari sono secretati e li hanno acquisiti, in fondo sarebbe bastato poco, quindi sono propenso a credere che qualcuno lo abbia fatto.
– L’unica cosa certa, riguardo alla notte della collisione del Moby Prince, è che quella notte c’era una gran traffico nel porto di Livorno. Lei fa delle riflessioni anche su questo ma di tutti gli elementi citati, già presenti anche nelle carte processuali, non cita mai espressamente il peschereccio “XXI Oktobeer II”. Secondo lei lì quell’imbarcazione non c’era?
C`era ed è stato accertato. Ritengo di non citare il XXI Oktobeer II per non creare un diretto collegamento con il caso di Ilaria Alpi, con il quale al momento vi sono solo delle mere coincidenze, tali da suffragare una ipotesi, ma carenti di significato investigativo.
– Fa degli ipotetici collegamenti sulla sua situazione personale, con altri avvenimenti della cronaca nera italiana. Dicendo: “Apparentemente sembrano episodi scollegati fra loro, dipinti di ambiguità a causa delle notizie diffuse ai fini di discredito dei protagonisti, della Alpi hanno detto che era in vacanza in un luogo pericoloso, di Li Causi che era a caccia in Somalia, di Mandolini che era un omosessuale ucciso in una nota zona di scambisti, di me che sono una sorta di psicolabile, nel frattempo sono scomparsi taccuini, documenti, testimoni e memorie” Su quali basi o elementi ipotizza tali collegamenti?
Livorno rappresenta un comune denominatore, la Somalia anche, la Folgore pure, il SISMI e soprattutto la presenza di tutti i soggetti all`interno di un quadro storico ben preciso che riferisce ad eventi specifici che collegano i protagonisti, quali il presunto traffico di armi e di rifiuti tossici.
– Dal blog: “Occorre maggiore volontà di sapere per stimolare la ricerca della verità, non fatta di fischietti e slogan, ma di un compatto quesito formato da molte voci che chiedono una sola cosa, la verità”. Non crede, che con il suo blog potrebbe invece rischiare di confondere l’opinione pubblica sul caso “Moby Prince”?
Non credo di confondere, o meglio, me lo auguro. Ritengo il mio blog uno stimolo per comprendere la complessità delle indagini che i magistrati debbono affrontare i quali necessitano di ogni aiuto inteso anche come testimonianze che potrebbero essere altresì stimolate da chi leggendo fra le righe si riconosce come portatore sano di notizie d`interesse per le indagini.
– Quale è il ricordo, delle 140 vittime del M.P. , che più le è rimasto impresso?
La loro morte
– Costatando i suoi buoni e lodevoli propositi, crede realmente che un giorno verranno accertate delle responsabilità sul caso M.P.?
Sono convinto che almeno le responsabilità politiche e storiche saranno accertate. La verità giudiziaria, basata su testi e prove, quelli sono ancora troppo pochi o troppo morti