Diritti negati

Guatemala candidati nel mirino degli assassini. Rischio regime?

Mauro W. Giannini
  Mentre l`ONU e il governo guatemalteco uscente cercano di fronteggire la diffuca impunità nel Paese afflitto da una diffusa insicurezza ed un altissimo tasso di omicidi, sembra crescere la violenza mirata sui candidati alle elezioni che dovrebbero rinnovare la classe dirigente del Paese e l`insicurezza orienta i cittadini verso quei candidati che sembrano mostrare più durezza verso il crimine ma che forse danno meno garanzie sul piano dei diritti umani.
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L`ONU ha dato l`annuncio che una missione politica delle Nazioni Unite si recherà in Guatemala questo mese per cominciare a preparare la commissione indipendente contro l`impunità (CICIG) patrocinata dalla Nazioni Unite che effettuerà un`inchiesta sulla presenza e le attività dei gruppi armati illegali nel paese centroamericano. L`annuncio della missione ha seguito una riunione nella sede dell`ONU a New York fra il sottosegretario generale per gli affari politici Lynn Pascoe e una delegazione guatemalteca di alto livello guidata dal vice presidente Eduardo Stein.

Quando la commissione era stata approvata dal congresso guatemalteco, il segretario generale ONU Ban Ki-moon aveva applaudito la decisione, dicendo che il paese “ha trasmesso un messaggio chiaro, sia alla sua gente che alla Comunità internazionale, di essere impegnato nella lotta al crimine e all`impunità e per fornire sicurezza ai suoi cittadini”. La Commissione potrà anche aiutare le istituzioni locali, specialmente l`ufficio del procuratore generale, suggerendo politiche pubbliche e tutte le misure legali o istituzionali per sradicare i gruppi armati illegali ed impedire la loro riemersione.

In Guatemala, infatti, oltre tre decenni di conflitto si sono conclusi con la firma degli accordi di pace del dicembre 1996, ma gruppi illegali armati hanno continuato ad operare nell`impunità portando avanti attività criminali e compiendo violazioni dei diritti dell`uomo. Le valutazioni ufficiali delle esecuzioni extragiudiziali nel Paese parlano di oltre 5.000 all`anno, dato sicuramente sottostimato. Nel mirino le donne, elementi selezionati fra la polizia ed i militari, uccisioni di gruppo e omicidi correlati al mondo della criminalità, atti di pulizia sociale e atti di violenza casuale. Denunciate anche minacce di violenza sessuale e alla vita dei familiari di donne che operano per il miglioramento delle condizioni delle lavoratrici.

Secondo alcuni, le uccisioni sarebbero aumentate con l`imminenza delle elezioni ed avrebbero cominciato a prediligere i politici. Secondo le associazioni di difesa dei diritti dell`uomo, almeno 50 candidati ed attivisti politici di diversi partiti (i partiti totali sono 21 e i candidati ben 29.300, di cui 14 alla presidenza) sono stati assassinati negli ultimi 15 mesi e decine di altri sono stati aggrediti. Attivisti politici e candidati – fra cui alcuni facenti capo al partito del premio nobel Rigoberta Manchù – sono stati aggrediti a colpi di machete, colpiti con bombe, armi da fuoco o bastoni. Più che una campagna elettorale sembra una guerra, e desta preoccupazione anche in un Paese che vive da anni nella violenza.

Le radici di questa recrudescenza sono ricondotte da alcuni ai cartelli della droga che si ritiene pevadano ormai quasi tutti i livelli del governo guatemalteco. Altri dicono che i mandanti delle uccisioni siano i rivali politici. Altri sostengono che parte della violenza possa essere conseguenza del racket che governa molti settori, minacciando violenza se non riceve i suoi profitti per tutto, dagli viaggi in autobus alla distribuzione del latte.

Il governo ed alcuni osservatori internazionali dicono invece che è impossible sapere se le uccisioni che dominano la campagna siano collegate alla politica. Diego Garcia-Sayan – capo della missione dell`Organizzazione degli Stati Americani che sta monitorando le elezioni e giudice della corte Interamericana dei diritti dell`uomo – ha dichiarato in un`intervista che gli studi non mostrano un modello specifico nelle uccisioni degli operai e dei candidati politici. Inoltre ha detto che l`aumento nella violenza è cominciato prima dell`inizio vero e proprio della campagna, in maggio.

Che sia cresciuta o meno, secondo il Washington Post la violenza ha tuttavia amplificato la campagna presidenziale di Otto Perez Molina, un generale in pensione e capo del servizio segreto e dell`esercito guatemalteco i cui manifesti della campagna, caratterizzanti da un pugno serrato, lasciano pochi dubbi riguardo alla sua posizione sul crimine.

Perez Molina, del partito del Patriot, insiste che qualora eletto rispetterà i diritti dell`uomo, ma ha anche detto alla stampa che non esiterà ad imporre la legge marziale, sospendendo i diritti di riunione e movimento in periodi limitati nelle parti del paese traviate dai cartelli violenti della droga. Lo slogan della sua campagna, che richiama il pugno duro, in questo paese è tuttavia stato associato spesso a governi militari repressivi.

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