Crimini transnazionali

Tanzania: gli hadzabe in pericolo

Sara Milanese
  Vivono liberi da migliaia di anni, ma potrebbero essere sfrattati per far spazio ad un safari: la vita e la cultura degli hadzabe, popolo tribale della Tanzania, è seriamente a rischio. La società proponente è di proprietà dei principi degli Emirati Uniti.
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La creazione di un area nuova per safari in Tanzania potrebbe mettere a rischio la vita degli hadzabe, una delle ultime popolazioni tribali africane, che vivono da almeno 50 mila anni nella valle Yaida, cacciando e raccogliendo ciò di cui hanno bisogno. A minacciare le tribù degli hadzabe, tra i 1.500 e i 2.000 individui, è una società araba, la UAE Safaris Ltd, di proprietà della famiglia reale degli Emirati Arabi Uniti. I principi arabi vogliono più spazio per uno dei loro giochi preferiti: la caccia di animali esotici. Un tour in elicottero vicino al parco nazionale del Serengeti è bastato per identificare in una zona limitrofa al parco quella che risponde alle esigenze reali: quasi 4000 chilometri quadrati di savana incontaminata.

L’anno scorso, gli arabi hanno comprato l’area, vicina alla valle Yaida nel distretto di Mbulu, a 200 chilometri dalla città di Arusha. In poco tempo anche una seconda zona , compreso il lago Eyasi, è entrata nella trattativa per far parte dell’area dedicata al safari. A fine maggio 2007, il Consiglio del distretto di Karatè ha annullato l’accordo, riconoscendo che la creazione del safari mette seriamente in pericolo non solo le tradizioni e gli stili di vita degli hadzabe, ma la loro stessa sopravvivenza. Se la concessione venisse accordata, gli hadzabe non avrebbero infatti più accesso alle loro risorse alimentari, come la selvaggina e i tuberi selvatici. Si ritroverebbero condannati alla fame e alla malattia, perché la zona prevista per il loro insediamento si caratterizza per un clima caldo e secco, inadatto all’agricoltura, attività che loro non hanno mai praticato. In giugno è partito un secondo round di trattative, ma stavolta i principi arabi potrebbero godere di un supporto più forte da parte del governo tanzaniano.

Già 40 anni fa gli hadzabe era stati forzati ad abbandonare le loro terre per andare a vivere in villaggi stanziali, nella speranza di riuscire a “svilupparli”, a far “trovar loro un lavoro”. Non funzionò: gli hadzabe durarono solo pochi giorni nel loro villaggio, e tornarono presto alla loro vita fatta all’aria aperta fatta di caccia e scandita dai ritmi della natura. Oggi molti di loro sono costretti a vivere in insediamenti costituiti dalle caratteristiche capanne di paglia, ma si spostano ancora nel territorio circostante alla ricerca di cibo. Ora Dar Es Salaam ha cominciato una nuova campagna per la loro sedentarizzazione: “Vogliamo che vadano a scuola” hanno dichiarato i ministri tanzaniani “ Vogliamo che si vestano. Vogliamo che siano decenti.”

Una storia che ha molte somiglianze con quella dei boscimani, popolazione tribale che il governo del Botswana ha sfrattato dalle terre in cui viveva per permettere alla De Beers di sfruttare i giacimenti di diamanti di cui il paese è ricco. L’esperienza dei boscimani ha messo in luce come non solo il forzato e radicale cambiamento di vita abbia concretamente piegato la popolazione, ma anche come le conseguenze soprattutto sui giovani siano devastanti: la perdita di identità culturale li ha resi facili preda di alcol e droga; la disoccupazione e l’aids, malattia sconosciuta prima, hanno fatto il resto. Anche gli hadzabe, come i boscimani, si stanno organizzando in associazioni per sostenere e difendere i loro diritti, ma devono far fronte alle intimidazioni della polizia locale: arresti arbitrari, percosse, pressioni, minacce.

Nigrizia, 4 luglio 2007

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