Ma ad oggi, dei 717 articoli proposti solo 138 hanno trovato il consenso necessario: da discutere ne restano «solo» 579, il che potrebbe richiedere anni.
Come si è venuto a creare questo pantano legislativo? La destra, minoritaria nel paese ma forte dell`appoggio delle poderose oligarchie terriere soprattuto dell`est, tiene in scacco la maggioranza sul nodo che riguarda l`autonomia amministrativa rivendicata dalle province più ricche della «mezzaluna» orientale (i dipartimenti di Beni, Pardo, Santa Cruz e Tarija).
La classe dirigente criolla della Mezzaluna vede nella politica del governo Morales una deriva socialista, rispetto alla quale l`autonomia amministrativa garantirebbe una difesa sostanziale dei propri interessi , legati a doppio filo al latifondo (e al gas).
Da una parte il Mas, il partito di Morales, cerca di evitare il rischio di una possibile guerra civile nel caso l`autonomia (che in quest dipartimenti ha avuto la maggioranza nel referendum dell`estate scorsa) venisse se non ignorata limitata, e riformula quindi la proposta come un percorso a tappe. Dall`altra, cerca di far suo il richiamo all`autodeterminazione ma rovesciandola in chiave indigena: più che autonomia macro, per ora, tante micro autonomie delle comunità indigene «come forma di risarcimento per 500 anni di vessazioni passate – dice il vicepresidente Alvaro Garcia Linera -, ma anche come esempio di democrazia diretta per il futuro».
Paradossalmente, le forze autonomiste della Mezzaluna a quest`idea hanno risposto facendo appello alle forze armate perché vigilino sull`unità del paese, che così andrebbe incontro a una frammentazione irrecuperabile e alla perdita dell`identità nazionale. Un`enfasi patria piuttosto ipocrita di chi – prima di tutto i settori autonomisti di Santa Cruz – da un anno minaccia di passare alle vie di fatto e dice che dal 2 luglio, anniversario del referendum del 2006, consegnerà al governo uno statuto di autonomia sottoscritto unilateralmente.
Le comunità indigene , dal canto loro, finalmente intravvedono una speranza di partecipazione a un processo democratico da cui sono state sempre escluse e, per bilanciare le mobilitazioni degli autonomisti orientali, hanno indetto una marcia in difesa dello Stato plurinazionale, delle risorse naturali e per la rappresentanza diretta delle comunità nella struttura statale a venire.
Epicentro di tutte queste pressioni opposte è Sucre, capitale amministrativa e sede della costituente, che quotidianamente vede manifestazioni di protesta o di appoggio al governo.
Quel che è certo è che l`assemblea ha sempre di più l`aspetto di un insieme di pulsioni e di interessi che, quando non si escludono a vicenda, tendono quantomeno ad ignorarsi, ciascuno impegnato a rappresentare le istanze di un elettorato le cui aspirazioni, spesso, hanno più a che fare con la geografia che con la politica. Questo spiega perché la destra abbia avuto gioco facile a rallentare i lavori delle commissioni, rendendo la marcia della costituente un battibecco estenuante che rischia alla fine di scontentare tutti.
Simbolicamente c`è una sola commissione che ha presentato nei tempi previsti la sua relazione finale, ed è la commissione sulla coca. Sul diritto a coltivare «la foglia sacra», sotto la spinta dei cocaleros del presidente Morales, si sono trovati tutti d`accordo.
Il Manifesto, 29 giugno 2007