Prove vaghe, incomplete o inconsistenti. Pressioni sulla giuria affinché ai prigionieri venisse attribuito o confermato lo status di «combattente nemico», l`invenzione giuridica grazie alla quale l`amministrazione Bush ha negato ai musulmani prigionieri a Guantanamo le garanzie attribuite dalle convenzioni di Ginevra ai prigionieri di guerra.
Nel dibattito sulla chiusura del carcere Usa nell`isola di Cuba, dove sono tuttora detenuti circa 375 sospetti terroristi, irrompe la testimonianza di un «pentito», un avvocato militare che ha denunciato le modalità di funzionamento dei cosiddetti Combat status review tribunals (Csrt), le corti (di tre componenti) addette periodicamente al riesame della posizione dei detenuti. Il colonnello Stephen Abraham, un veterano con 26 anni d`esperienza nell`intelligence militare statunitense, ha messo tutto nero su bianco, in una deposizione davanti alla Corte suprema. «Quelle che avrebbero dovuto essere dichiarazioni contenenti prove specifiche, mancavano anche del più basilare riscontro oggettivo», ha dichiarato Abraham davanti ai giudici, durante un`udienza per Fawzi al-Odah, un detenuto quwaitiano ricorso alla suprema corte di Washington per chiedere di essere giudicato dalle corti federali anziché dalle commissioni militari di Guantanamo. «La deposizione di Abraham prova ciò che tutti noi sospettavamo – ha dichiarato all`Associated press il suo avvocato, David Cynamon -, che le Csrt cono una vergogna». Un portavoce del Pentagono, il comandante della marina Chito Peppler, ha provato a difendere l`organismo dichiarandolo il migliore mai creato in tempo di guerra da qualsiasi nazione» e ha attaccato Abraham, che non sarebbe stato «in una posizione dalla quale aveva una visione completa dei processi delle Csrt».
Il 46enne riservista e avvocato californiano però prestò servizio come ufficiale di collegamento tra le agenzie d`intelligence e le corti ed è difficile immaginare una posizione più adatta dalla quale giudicare l`operato di queste ultime. Tra il 2004 e il 2005, 558 prigionieri sono stati passati al vaglio delle Commissioni e tutti, tranne 38 (93%), sono stati giudicati «combattenti nemici».
E l`altro ieri, dopo che l`Associated press lo aveva anticipato, è saltato un «importante incontro» dell`Amministrazione repubblicana sulla sorte di Guantanamo. La Casa Bianca si è limitata a commentare, per bocca del suo portavoce Dana Perino: «Il presidente ha da tempo espresso il suo desiderio di di chiudere Guanatanamo e di farlo in maniera responsabile».
Non sembrano tuttavia esserci iniziative immediate: i tentativi di smantellare Guantanamo si scontrano con la linea del vicepresidente Cheney e con le obiezioni giuridiche del ministro della Giustizia Gonzales, per il quale trasferire i detenuti in prigioni sul suolo americano aprirebbe la strada a una marea di cause e processi.
Il Manifesto, 24 giugno 2007