Crimini ambientali

La Cina e gli scempi olimpici

Daniela Greco
  Pechino costruisce un`autostrada per le Olimpiadi, sul monte Everest. Costerà circa 20 milioni di dollari e si snoderà per più di 100 chilometri, dai piedi della montagna fino al punto da cui partono la gran parte delle spedizioni alpinistiche.
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Lo scorso aprile gli organizzatori di Pechino 2008 ci avevano preparati al colpo di scena: la torcia olimpica arriverà a destinazione dopo la staffetta più lunga della storia, avevano annunciato. E` così, in effetti, sarà. L`agenzia di stampa statale, la Xinhua, è scesa nei dettagli: una nuova, nera autostrada, dotata di guardrail nuovi fiammanti, taglierà i fianchi della montagna più alta del mondo fino al suo campo base, a 6 mila metri sul livello del mare. Costerà circa 20 milioni di dollari e si snoderà per più di 100 chilometri, dai piedi della montagna fino al punto da cui partono la gran parte delle spedizioni alpinistiche alla conquista della vetta dell`Everest. Il tutto affinché la fiaccola olimpionica, dopo aver vagato per 130 giorni in lungo e in largo per i cinque continenti, percorrendo quasi 14 mila chilometri di tedoforo in tedoforo, possa arrivare a toccare la vetta, a oltre 8 mila metri. Vederla inerpicarsi lungo il rugoso sentiero che oggi porta al campo base non deve essere sembrato sufficiente alle autorità cinesi, che hanno finalmente l`occasione di esporsi sulla vetrina mondiale e non vogliono lasciarsi sfuggire l`impareggiabile occasione.

In nome dei giochi olimpici. Occasione buona, dicono alcuni maligni, anche per tornare a stringere, intingendola in una sorta di legittimità internazionale, la presa sullo stato tibetano, invaso nel 1951 e da allora considerato semplicemente Provincia Autonoma della Repubblica Popolare Cinese, nonostante la resistenza, puntualmente soffocata, della popolazione.

Ma in nome delle Olimpiadi tutto, o quasi, è concesso. Anche tagliare le rocce metamorfiche e granitiche di uno dei più maestosi monti del mondo, il monte Chomolangma, nome tibetano dell`Everest che significa “dea madre delle nevi”, pavimentarle di asfalto e farci correre atleti, turisti e scalatori. Sarà una buona attrazione, infatti, che rimarrà a disposizione dei viaggatori di tutto il mondo anche dopo le Olimpiadi. E che finalmente permetterà a frotte di visitatori di arrivare in massa fino al campo base del monte sacro, dove scatteranno foto, mangeranno un panino e da cui, a bordo di veloci automobili, fuggiranno in fretta e furia, rendendosi a mala pena conto di essere quasi arrivati a toccare la terra più alta del mondo.

Peacereporter, 20 giugno 2007

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