Dopo l`accordo (ma la partita è ancora aperta) sui termovalorizzatori, Totò Cuffaro ci riprova, scegliendo ancora una volta Palazzo Chigi per il suo effetto-annuncio, approfittando della presenza di Romano Prodi: la Panther Oil, la società texana pronta a disseminare pozzi petroliferi e gas in giro per la Sicilia sud-orientale, «ha rinunciato a scavare nel Val di Noto», zona dove insiste il vincolo dell`Unesco. Apriti cielo. Dopo tre anni di polemiche e scontri politici, dal centrodestra, ma anche da pezzi del centrosinistra e da Legambiente seppure con qualche sospetto, il coro di soddisfazione è stato unanime, con tutti a cantar vittoria. Persino il ministro dell`Ambiente Alfonso Pecoraro Scanio ci è cascato, definendo quella di Cuffaro «un`ottima notizia», e con lui i Camilleri boys, quanti hanno aderito all`appello contro le trivelle nel Val di Noto che lo scrittore nei giorni scorsi ha lanciato dal sito di la Repubblica.
C`ha pensato la stessa Panther Oil a spiegare come stanno le cose. In realtà nella lettera inviata al Corpo regionale delle miniere la società comunica di rinunciare a scavare nella città di Noto nuova e antica, con annessa buffer-zone. In totale, una ottantina di chilometri quadri su una superficie complessiva destinata alle ricerche petrolifere di 746 chilometri quadri. Su Noto la rinuncia è relativa ad appena 21 chilometri. Insomma, come dire che la società non scaverà nel giardino della città barocca o sotto la cattedrale, quella che Prodi e Cuffaro inaugureranno lunedì, con il comitato «No Triv» pronto a dare loro il benvenuto.
E` sempre la Panther Oil a chiarire che si tratta di un`area «dove comunque non sarebbero mai state effettuate trivellazioni». La società insiste: «E` improprio definirla rinuncia: negli ultimi due anni abbiamo più volte detto che non avremmo certo scavato sotto la Cattedrale di Noto, né nella zona considerata patrimonio dell`Unesco». E aggiunge: «Purtroppo nessuno ci ha mai creduto, sostenendo che fino a quando avevamo i permessi di trivellare in quelle aree il rischio permaneva. Ma il permesso riguarda soltanto la perimetrazione, per scavare avremmo dovuto ottenere una serie di autorizzazioni e licenze che difficilmente comuni e altri enti ci avrebbero rilasciato». Un modo diplomatico per ammettere che la lettera al Corpo delle miniere è stata quasi una cortesia politica.
A spegnere i facili entusiasmi è ancora una volta la Panther Oil, con un annuncio vero: se entro l`8 luglio non saranno presentate osservazioni alla richiesta di valutazione d`impatto ambientale (Via), la società metterà in funzione le trivelle nell`area di Ragusa. La procedura, infatti, prevede sessanta giorni di tempo per la deposizione delle osservazioni, scaduti i quali scatta il principio del silenzio-assenso. Quello di Ragusa potrebbe essere il primo dei 21 pozzi previsti nella zona.
Dopo l`annuncio di Cuffaro, il comitato «no triv» ieri sera si è riunito proprio a Noto per discutere di eventuali iniziative di lotta. «Quello che è successo ha dell`incredibile – dice Salvatore Moscuzza del comitato – Forse qualcuno temeva che la Panther poteva trivellare sotto la cattedrale o nella spiaggia di Vendicari? La storia della rinuncia è un falso».
Il braccio di ferro tra la Panther e gli ambientalisti va avanti da tre anni, da quando la Regione siciliana rilasciò alla società le concessioni per la ricerca petrolifera, autorizzando le trivellazioni nell`area, parte della quale è patrimonio dell`umanità. La polemica, mai sopita, è stata rilanciata dall`appello di Andrea Camilleri. «Salviamo il Val di Noto», ha scritto su Repubblica il padre del commissario Montalbano, «terra di inestimabili capolavori del tardo barocco». Dopo l`intervento dello scrittore la Panther Oil ha parlato di «linciaggio mediatico».
L`unica voce fuori dal coro degli entusiasti è Rita Borsellino: «Se fosse vera la rinuncia alle trivellazioni in Val di Noto sarebbe una vittoria delle comunità locali, ma considerate le notizie contrastanti, per evitare delusioni dopo l`entusiasmo, Cuffaro farebbe bene a chiarire come stanno le cose».
Il manifesto, 16 giugno 2007