Un centinaio di dimostranti ha tentato di raggiungere la sede del governo provvisorio del primo ministro Gerard Latortue ma è stato fermato e disperso dalla polizia, con l’aiuto dei ‘caschi blu’ della Minustah, la missione Onu nel Paese. Fonti non confermate parlano di almeno due morti che andrebbero ad aggiungersi alle circa 50 vittime, in gran parte agenti delle forze dell’ordine, provocate dalla nuova ondata di violenza scoppiata nella parte occidentale dell’isola di Hispaniola alla fine di settembre. Dopo gli ultimi incidenti, gli Stati Uniti hanno deciso di chiudere la propria ambasciata, esortando il personale non necessario a lasciare il Paese; il Dipartimento di Stato ha anche avvertito che gli spostamenti verso e dalla capitale sono a rischio per la scarsa efficienza delle forze dell`ordine e il dispiegamento ancora parziale dei militari Onu (3.200 soldati presenti ad Haiti su un totale di 6.700 militari e 1.622 agenti di polizia, previsti dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza Onu 1542). I Paesi del Centroamerica hanno accettato di dare il loro contributo alla Minustah, autorizzando l’invio di un contingente formato da soldati provenienti da Guatemala, Honduras, Nicaragua e El Salvador; altri 200 militari provenienti dalla Spagna si aggiungeranno nei prossimi giorni ai ‘caschi blu’ già in servizio.
I sostenitori di Aristide, costretto ad abbandonare Haiti il 29 febbraio scorso dopo un’insurrezione armata, chiedono il suo rientro dal Sudafrica, dove risiede stabilmente dalla fine di maggio pur senza aver ottenuto l’asilo politico. Non è casuale che le proteste siano iniziate il 30 settembre, giorno in cui l’ex-salesiano delle bidonville avrebbe festeggiato il decimo anniversario del suo ritorno al potere dopo il golpe del 1991 e due anni di esilio negli Stati Uniti. La tensione sarebbe aumentata giovedì scorso, dopo l’arresto del sacerdote Gérard Jean Juste, considerato vicino ad Aristide e sospettato di legami con i sostenitori con l`ex-presidente.