«È inaccettabile che ogni giorno al mondo vi siano oltre 132 milioni di bambini tra i 5 ed i 14 anni d’età – ha detto Jose Maria Sumpsi Vinas, vice direttore generale della Fao, del dipartimento agricoltura e difesa del consumatore – costretti a lavorare sui campi, in condizioni spesso molto dure e rischiose per la loro salute».
Ma il numero totale dei bambini che lavorano è ben più alto. Secondo le stime dell’Ilo, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, a livello mondiale, il fenomeno coinvolge circa 218 milioni di minori, il 70% dei quali sono occupati in agricoltura, rappresentando un terzo della forza lavoro del settore. E si tratta di stime per difetto perchè il lavoro minorile, spesso clandestino, elude le statistiche ufficiali sull’occupazione.
L’agricoltura, insieme all’industria estrattiva e al settore edile è uno dei settori più pericolosi per decessi e incidenti sul lavoro. La povertà resta la causa principale del lavoro minorile. «La vera strategia vincente contro il lavoro minorile – ha aggiunto Sumpsi – è lavorare alla riduzione della povertà delle zone rurali dei Paesi in via di sviluppo, offrendo opportunità alternative di reddito, affrontando le questioni relative alla salute ed alla sicurezza sul lavoro in agricoltura, migliorando la gestione dei pesticidi ed assicurando uno sviluppo sostenibile».
Datori di lavoro e intermediari senza scrupoli giustificano l’impiego di manodopera minorile con l’insostituibilità delle ’piccole mani agilì per la tessitura dei tappeti, la raccolta delle foglioline di te o dei fiori, «ma studi dell’Ilo – ha spiegato Sumpsi – condotti in industrie pericolose come la produzione di vetro o la pulitura dei diamanti hanno dimostrato che in agricoltura, come negli altri settori, non c’è lavoro che un adulto non possa fare egualmente bene, se non meglio». I bambini vengono reclutati perchè richiedono meno garanzie, sono più facilmente sfruttabili e soprattutto sono molto più economici, fanno lo stesso lavoro degli adulti ma sono pagati molto meno. In alcuni Paesi poveri si è ridotto drasticamente il lavoro minorile negli ultimi anni. Un esempio è quello dell’America Latina e dei Caraibi dove c’è stato un calo del numero dei bambini lavoratori, dal 16 al 5%, tra il 2000 ed il 2004, e una diminuzione del 26% dei bambini coinvolti in lavori pericolosi.
Per affrontare il problema del lavoro minorile in agricoltura è stata firmata oggi a Ginevra una nuova partnership tra la Fao, l’Ilo, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (Ifad), l’Unione internazionale delle Associazioni di lavoratori nei settori alimentazione, agricoltura, alberghi, ristoranti, catering, tabacco e affini(Uita), la Federazione Internazionale produttori agricoli, (Ifap) e l’Istituto Internazionale di ricerca sulle politiche alimentari (l’Ifpri).
In Italia 455 denunce solo nel 2005
Le normative nazionali e internazionali, nonostante la loro puntualità e chiarezza nella condanna perentoria della riduzione in schiavitù dei minori, sembrano essersi rivelate inefficaci nel contrastare un fenomeno la cui diffusione e la cui portata è cresciuta a dismisura. In Italia le persone denunciate per il reato di sfruttamento di minori per l’accattonaggio, nel 2005, sono state purtroppo soltanto 455, a fronte invece di un fenomeno vastissimo che si alimenta di una realtà sommersa che vede diverse ragioni interessate.
«A fronte della gravità del fenomeno -afferma Giovanni Arena, presidente di Telefono Arcobaleno- occorre un forte senso di responsabilizzazione anche da parte di ogni singolo cittadino, oltre che degli operatori pubblici più specificamente interessati a motivo del loro ufficio. Tutti coloro che non vogliano rendersi, col silenzio o con la propria omissione, complici di tale e tanta criminalità, possono contattare tutti i giorni, comprese le domeniche e i festivi, la Linea Nazionale Contro L’abuso sull’Infanzia di Telefono Arcobaleno, con una chiamata gratuita al numero verde 800 025777».
La Stampa, 12 giugno 2007