“A partire dal 3 novembre inizieremo una tappa di smobilitazione di truppe fino al disarmo di un numero non inferiore a 3.000 combattenti entro la fine dell’anno”: lo si legge in un comunicato diffuso dai paramilitari delle Auc (Autodefensas unidas de Colombia) da Santa Fe de Ralito, sede dei colloqui di pace con il governo di Bogotá. Nella nota si precisa che la smobilitazione includerà anche la resa del massimo dirigente delle ‘autodifese’, Salvatore Mancuso Gómez, e di uno dei suoi più fedeli ‘collaboratori’ Ivan Duque Gaviria (alias ‘Ernesto Báez’).
L’alto commissario per la pace del governo, Luis Carlos Restrepo, ha espresso la sua soddisfazione per l’annuncio delle Auc, giunto peraltro in un momento critico del negoziato, e ha riferito che i dettagli della proposta saranno esaminati con il presidente Alvaro Uribe la prossima settimana. “Contiamo di tornare presto al tavolo del dialogo per annunciare al Paese come sarà resa operativa questa smobilitazione” ha aggiunto Restrepo. L’impegno delle ‘autodefensas’ con il governo è quello di completare il disarmo di circa 20.000 uomini entro il dicembre 2005, una meta che diversi osservatori indipendenti considerano troppo ambiziosa, anche alla luce di una serie di avvenimenti che dai primi mesi del 2004 – in particolare dalla misteriosa scomparsa, ad aprile, del fondatore del gruppo armato Carlos Castaño, prontamente sostituito da Mancuso – e fino alla settimana scorsa hanno rischiato di bloccare le trattative.
Gettano più di un dubbio sulla reale volontà di pace delle Auc episodi come l’omicidio, a settembre, di Miguel Arroyave, capo del ‘Bloque Centauros’ delle Auc, che si apprestava (almeno sulla carta) a procedere alla smobilitazione dei 6.000 uomini al suo comando negli Llanos Orientales o la strage di 14 persone perpetrata domenica scorsa in una fattoria nel sudovest del Paese, attribuita dall’ufficio Onu per i diritti umani di Bogotá alle stesse Auc.
A ciò si aggiungano le persistenti denunce di violazione del ‘cessate-il-fuoco’ decretato unilateralmente dal gruppo armato nel dicembre 2002 e le difficoltà riportate dall’Organizzazione degli Stati americani (Osa) ad effettuare un reale monitoraggio del processo di pace e della fase di disarmo dei combattenti.
Lo stesso Mancuso, nella sua ‘storica’ e contestata audizione al Parlamento nell’agosto scorso, aveva chiarito che disarmare in blocco tutte le ‘autodifese’ “sarebbe un gesto del tutto irresponsabile, capace di provocare un disastro in gran parte del territorio nazionale e portare al collasso l’economia colombiana”. È un fatto che finora solo 870 ‘paras’ hanno effettivamente abbandonato la lotta armata: si tratta degli ex-combattenti del ‘Bloque Cacique Nutibara’ di Medellín, componenti di una milizia urbana smobilitata nel novembre del 2003, ora impegnati in un ‘processo di reinserimento nella vita sociale’ (848 le offerte di lavoro – 698 da parte del comune di Medellín, 150 da imprenditori privati – già ricevute dagli ex-‘paras’). Anche in questo caso, tuttavia, non sono mancate le critiche di alcuni osservatori: secondo l’International Crisis Group (Icg)- organizzazione no profit con sede a Bruxelles che esegue il monitoraggio sui conflitti nel mondo – il gruppo di ‘paras’ smobilitati sarebbe stato composto per lo più da ‘pandilleros’ (giovani appartenenti a bande criminali) reclutati all’ultimo minuto nelle file dei combattenti e fatti passare per ‘autodefensas’.[FB]
Misna, 9/10/2004