E’ l’ultimo ritrovato in fatto di cancellazione di diritti e di esperienze condivise e internazionalmente riconosciute come valide e potrebbe essere il colpo definitivo per abbattere l’edificio scolastico già minato dalla riforma della fondamentalista Moratti. Tutto accade come se niente fosse: l’On. Santulli di Forza Italia, manco a dirlo, con dodici apostoli, tra i quali una delle sorelle Carlucci, sono i firmatari di un proposta di legge, la n° 4091.
Una legge come tante! Si potrebbe obiettare. Ma non è così. Gli insegnanti saranno la prima categoria a vedersi piovere ope legis uno statuto dettato, tra l’altro, dal pensiero autoritario, antidemocratico ed eversivo che caratterizza questa maggioranza.
Lo stato giuridico dei docenti ne esce totalmente stravolto. Lo statuto ribadisce la libertà d’insegnamento, come se non fosse già dettato costituzionale, ma subito dopo sancisce la gerarchizzazione degli stessi docenti, che tale libertà dovrebbero esercitare, in tre livelli: iniziale, ordinario e esperto, e il passaggio da un livello all’altro ha luogo mediante concorso. Gli insegnanti dovranno iscriversi ad un albo regionale curato dalle associazioni professionali (la scuola al servizio dell’impresa), e le assunzioni avverranno a mezzo di contratti di formazione lavoro.
La contrattazione viene di fatto eliminata ad ogni livello e si cancella l’art. 21 della Legge 15 marzo 1997, n. 59, ponendo fine alla rappresentanza docente nelle RSU (rappresentanze sindacali unitarie). La progressione economica si aggancia ad una valutazione periodica del servizio da parte di una Commissione permanente regionale nella quale figurano un funzionario della direzione regionale (C.S.A.), il dirigente della scuola, due docenti, due genitori, un alunno e un tecnico rappresentativo nominato dalle associazioni professionali.
Si istituisce il port-folio personale del docente, come se non bastasse già quello degli alunni. L’autonomia scolastica da principio costituzionale che era viene svuotata di significato e insieme ad essa periscono l’autonomia didattica e quella di ricerca. Si cancella ogni pratica collegiale riproponendo un insegnamento a porta chiusa.
La scuola pubblica e i centri di formazione professionale del sistema formativo regionale vengono posti sullo stesso identico piano, come fossero la stessa cosa. Si istituisce la figura del vice-dirigente, il vice-preside per intenderci, per concorso, si separano i docenti dagli Ata, si sancisce la chiamata diretta del personale, si ripristinano le vecchie commissioni disciplinari.
Insomma con appena otto articoli e l’esame di un ristretto Comitato della Commissione Cultura della Camera dei Deputati, così ristretta da rispecchiare la sola volontà del deus ex machina, si vuole “spacciare” per innocua una proposta di legge destabilizzante, che cancella le regole di pari dignità tra i docenti che fin qui hanno costituito la spina dorsale della scuola democratica italiana.
E’ curioso che una maggioranza che lamenta l’egemonia culturale della sinistra, ma che poi si arrende di fronte all’evidenza di pensare, scrivere e pubblicare poco ed esser letta ancora meno, stia mettendo a ferro e fuoco la scuola e l’università pubbliche italiane, costringendole su un sentiero alla cui fine c’è il precipizio, il non senso, la follia.