Nel sud e nel centro nord della Somalia decine di migliaia di sfollati e oltre 3.000 casi di dissenteria e colera nel giro di pochi giorni. Particolarmente colpita tutta la zona che dalla capitale, Mogadiscio, si estende a Sud verso il Basso Scebeli. Una grave emergenza si sta consumando nel disinteresse generale.
“Oggi l’accesso umanitario ad alcune regioni è praticamente chiuso ed è indispensabile ristabilirlo con urgenza, per portare aiuto alle popolazioni al limite della sopravvivenza – spiegano gli operatori umanitari delle Ong che hanno dato avvio al coordinamento umanitario ITALIA AIUTA – E’ fondamentale creare un corridoio umanitario che ci permetta di raggiungere gli sfollati prima che l’emergenza produca i suoi danni peggiori”.
Le notizie che arrivano dalla Somalia diventano di giorno in giorno sempre più drammatiche.
Sono già oltre 250 mila le persone fuggite dalla capitale o costrette a spostarsi al suo interno. La città di Merka, a sud di Mogadiscio, ha visto raddoppiare la propria popolazione con l’arrivo degli sfollati. Lo stesso a Jowhar, Baidoa, Balad, Afgoi ed altri centri delle regioni meridionali che si trovano nelle stesse condizioni. A peggiorare la situazione sono, tra l’altro, una diffusa epidemia di diarrea che ha provocato molte vittime tra i bambini e l’inizio della nuova stagione piovosa.
Anche gli operatori sanitari che operano nelle strutture ospedaliere e territoriali di El Der e Harardrere lanciano un allarme umanitario: la popolazione si moltiplica ogni giorno e scarseggiano medicinali e generi di prima necessità per assisterla.
Le testimonianze che ci arrivano direttamente da Merka e dagli operatori delle associazioni di ITALIA AIUTA sono tragiche, le associazioni di donne della città dicono “Siamo cariche di sfollati, c`è tanta fame e il cibo ormai scarseggia; ci sono bambini abbandonati come nel ‘92, bambini e genitori che si sono persi, stiamo cercando di aiutare tutti ma è come mettere una goccia nel mare”.
I voli da e verso Merka sono ormai bloccati da mesi, anche quelli umanitari, e muoversi via terra è troppo pericoloso. Non ci sono voli in questo momento – dicono da Merka via radio – e non sappiamo se riprenderanno. Se entro la fine di aprile non cambia la situazione le cose andranno anche peggio che nel 1992, sia per la fame e la carestia sia per il numero dei morti.
I dati raccolti nelle strutture sanitarie della città e della regione indicano che il numero dei pazienti è raddoppiato, con oltre 3.000 nuovi casi di sospetto colera.
L’ennesimo periodo d’emergenza umanitaria, iniziato lo scorso dicembre dopo l’intervento dell’esercito etiope a sostegno del Governo Somalo provvisorio e l’apparente sconfitta dell’Unione delle Corti Islamiche, è proseguito senza interruzioni fino ai recenti scontri urbani a Mogadiscio. Secondo molti osservatori, quest’ultima crisi ha riportato il paese alla drammatica situazione dei primi anni Novanta quando – a seguito della destituzione di Siad Barre – la comunità internazionale intervenne inviando contingenti militari con l’operazione Restore Hope.
Gli scontri più recenti tra l’esercito somalo (sostenuto dall’Etiopia) e le milizie delle Corti islamiche hanno aggravato una situazione umanitaria già precaria. Decine di migliaia di sfollati sono fuggiti dalla capitale e si sono riversati nel Basso Scebeli, la regione più a sud della Somalia, del Bay, del Mudug e Galgaduud. in cerca di rifugio.
Servono medicinali, generi di prima necessità di ogni tipo e occorre sostenere le strutture già predisposte dalle Organizzazioni non Governative, le sole effettivamente funzionanti in questo periodo in Somalia.
Già nel 2006, l’estrema siccità seguita da improvvise piogge e inondazioni aveva colpito il sud del paese, distruggendo i principali raccolti e causando la morte di migliaia di animali. La perdita per la popolazione era stata grave, poiché la precaria economia dell’area si basa sull’agricoltura e sull’allevamento. Nel solo Basso Scebeli, più di 3.000 famiglie (almeno 15.000 persone) si erano mosse verso i centri maggiori: Merka, Brava, Qorioley e Afgoye alla ricerca di cibo e ospitalità.
Abbiamo già avuto modo di imparare, da precedenti esperienze, che l’inerzia e i tentennamenti degli aiuti umanitari internazionali aggravano non solo le condizioni delle popolazioni più vulnerabili ma anche le possibilità di ripresa e di dialogo che sempre ci si augura di far seguire alle emergenze. Con queste parole Nino Sergi, a nome di ITALIA AIUTA, lancia un appello a tutti coloro che vogliono aiutare la Somalia a superare questa difficile fase. Dobbiamo intervenire rapidamente con generi di prima necessità, in aiuto delle decine di migliaia di sfollati che si sono mossi senza alcuna speranza verso il Sud del paese. Dobbiamo nello stesso tempo programmare aiuti a medio termine, che consentano – una volta superata la primissima emergenza – di sostenere la popolazione somala e prevenire ulteriori calamità.
Secondo gli operatori d’ ITALIA AIUTA , per evitare che la generosità di molti vada sprecata, è necessario accompagnare gli aiuti con un’intensa attività politico-diplomatica. Per questo chiediamo al Governo italiano di farsi promotore di colloqui di pace e di una richiesta di tregua umanitaria tra le varie parti coinvolte nell’emergenza somala, affinché sia possibile far giungere gli aiuti alle popolazioni più colpite. L’Italia può giocare un ruolo molto importante nell’evoluzione degli equilibri relativi al Corno d’Africa. Promuovere il dialogo e tentare di ricucire la crisi è una responsabilità che ci riguarda direttamente.
Gli operatori delle ONG di `ITALIA AIUTA` si rivolgono alle istituzioni italiane, al Governo ed in particolare al presidente Prodi e al ministro D’Alema, ai media, all’opinione pubblica, perché si apra una mobilitazione in favore della Somalia, prima che la nuova grave emergenza produca i suoi danni peggiori.
La campagna `Un AIUTO alla Somalia`, nasce quindi con l’obiettivo di mobilitare la società e le istituzioni italiane, a favore della creazione di corridoi umanitari per raggiungere ovunque le popolazioni in pericolo. Dare una risposta urgente ai bisogni della popolazione somala, questo l’obiettivo immediato.
`ITALIA AIUTA` è stata avviata dalle Organizzazioni Non Governative Cesvi, Cisp, Coopi, Cosv, Intersos e Movimondo insieme al settimanale del non profit “VITA” ed ha già operato nelle crisi del Darfur e del Libano.