E` proprio la “nostra” impresa di Stato ad essere tristemente famosa in Nigeria, come altrove, per i suoi comportamenti e per le continue violazioni dei diritti delle comunità locali. Basterebbe solo ricordare che l`ENI ricorre al “gas flaring”, pratica vietata da noi, contribuendo a far diventare la Nigeria il primo inquinatore al mondo per le emissioni di CO2 da gas-flaring ed a diffondere in atmosfera tossine mortali che contribuiscono tutti i giorni a fare aumentare in maniera esponenziale epidemie e malattie mortali tra gli abitanti del Delta.
In un periodo in cui la politica ed i mezzi di informazione discutono sempre più di cambiamenti climatici, del protocollo di Kyoto, di una politica estera di pace, di rispetto dei diritti e dell`ambiente, appare ipocrito e intollerabile il comportamento di un`impresa di stato come l`ENI che invece di essere soggetta alle regole ed alle scelte di politica ambientale fatte dal governo, porta avanti una politica incentrata sullo sfruttamento dei paesi e delle comunità del sud del mondo, in totale violazione delle stesse convenzioni firmate dai paesi del nord del mondo.
L`ENI è stata esclusa dal 2004 dagli indici di investimento socialmente responsabile FTSE4Good ed è stata al fianco delle dittature e dei governi militari che in Nigeria si sono successi dal 1983 al 1999 e che hanno calpestato e violentato i diritti di 20 milioni di nigeriani che vivono sul Delta del Niger con meno di 2 dollari al giorno nonostante le enormi ricchezze della regione.
L`ENI con le sue politiche, con il suo appoggio a governi militari e corrotti, con le sue pratiche di gas-flaring, con il suo rifiuto di riconoscere l`enorme debito ecologico e con le violazione dei diritti economici, umani e politici delle comunità locali, dove continua ad estrarre tutti 160.000 barili di petrolio al giorno, contribuisce pesantemente a mettere a rischio anche la vita degli stessi lavoratori e tecnici italiani che operano nel Delta del Niger, dove è in atto una guerra a bassa intensità.
La situazione nel Delta sembra essere sfuggita di mano alle multinazionali, non più capaci di fermare con le polizie private, già autrici di ignobili massacri, il malcontento di milioni di nigeriani che si sentono derubati e violentati da oltre 40 anni di sfruttamento petrolifero che ha visto fare enormi profitti alle grandi imprese come ENI, SHELL e Texaco ed ha solo lasciato ulteriore povertà, inquinamento, malattie, corruzione e guerre.
Per tutelare e salvare la vita dei nostri lavoratori in Nigeria dobbiamo chiedere al Governo ed al Parlamento di imporre un cambio nella politica estera ed energetica dell`ENI nel mondo. Dobbiamo chiedere una svolta per evitare che il nostro paese sia responsabile della guerra e dello sfruttamento provocato dal comportamento della nostra impresa di stato che nel corso di questi decenni ha utilizzato la Nigeria come una colonia per fare affari ed i nigeriani come schiavi senza nessun diritto. La politica del nostro paese, delle nostre imprese e del nostro governo deve essere di pace, di cooperazione e di rispetto dei diritti umani ed ambientali delle comunità e dei paesi del sud del mondo.
Senza un impegno reale dell`Italia per risarcire i milioni di nigeriani colpiti dalle violazioni dell`ENI e senza una vera politica di cooperazione e di pace verso la Nigeria e le sue comunità, sarà difficile pensare di portare a casa i lavoratori italiani ed evitare che succedano nuovamente in futuro casi analoghi. Non si può e non si deve continuare ad affidare la politica estera ed energetica del nostro paese ad interessi o imprese che non sono state né elette né indicate dagli italiani per portare avanti le loro politiche nel mondo nel nome del nostro paese ed a discapito dei suoi lavoratori.
Il Coordinamento di associazioni, sindacati di base, movimenti e comitati locali che si è creato in Italia sullo scandalo ENI in Nigeria continua con preoccupazione ed insistenza a chiedere alle forze politiche un maggiore impegno per garantire:
. il rilascio dei lavoratori italiani e un’ equa soluzione della controversia
· il risarcimento per i danni ambientali e sociali provocati
· una bonifica ambientale
· l’applicazione di politiche rispettose dei diritti umani, ambientali, economici e sociali che consentano un`equa redistribuzione dei proventi dell’attività petrolifera.