La città ospita continuamente assemblee molto partecipate e vive un nuovo fermento culturale. Gruppi pacifisti e studiosi americani di fama internazionale mandano messaggi di solidarietà contro il progetto di una nuova base USA, dichiaratamente postazione avanzata centrale delle nuove guerre contro Africa e Medio Oriente. Vicenza sta lottando da mesi e non intende fermarsi, ma piuttosto estendere la protesta portandola a livello perlomeno nazionale. La città oltre a promuovere manifestazioni di piazza continua ad ospitare convegni, conferenze, dibattiti: si parla di solidarietà, ecologia, economia di pace, conversione dal militare al civile, si criticano guerre, militarizzazione, sprechi, inquinamento, ingiustizie. Il movimento vicentino ha studiato e dà lezioni di politica ed economia al governo, malgrado tutto, nonostante i segnali negativi provenienti da Roma.
I cittadini avevano iniziato a studiare i progetti civili per l’aeroporto Dal Molin, l’ampia area verde a due passi dalla città in cui il Pentagono vuole collocare nuove truppe aviotrasportate, dopo averla cementificata e chiusa. Le ricerche indipendenti dimostrano come il progetto militare avrebbe un impatto ambientale devastante ed hanno diffuso numerose e documentate analisi sui danni economici e ambientali in termini di inquinamento e consumi (www.altravicenza.it).
Secondo alcuni studiosi al Dal Molin si potrebbe invece mantenere un’ampia area verde con un parco attrezzato ad usi civici ed insieme promuovere iniziative culturali (esposizioni, musei, uffici turistici, ostelli della gioventù); accanto ci sarebbe la possibilità di collocare ed ampliare le attività per la protezione civile, attività di lavoro sulle energie rinnovabili (sperimentazione e produzione di energia solare ad esempio), nuovi corsi universitari e formativi (Turismo sostenibile, Artigianato locale, Energie rinnovabili, tecnologie a basso consumo, recupero delle aree militari e riconversione nella regione Veneto…), un Osservatorio ambientale per la città… Si può ancora immaginare, in una città dinamica come Vicenza ed in un contesto sociale favorevole come quello attuale, la creazione di alcune centinaia di posti di lavoro in un’area così vasta.
I vicentini avevano compreso l’importanza di avviare questo dibattito da subito e, vista l’urgenza, anche di entrare nella fase operativa contattando i soggetti potenzialmente interessati (associazioni, centri di ricerca, cooperative, la protezione civile, esperti di energie rinnovabili …).
Di fronte al progetto del Pentagono di accorpare le truppe d’assalto a tutti i costi e spostarle altrove in caso di rifiuto del governo italiano, i comitati cittadini si erano mossi a favore di progetti di conversione preventiva della Caserma Ederle. Da studioso di conversione dal militare al civile posso affermare che ci sono a Vicenza, in caso di chiusura della base già esistente, tutte le condizioni non solo per riassorbire, ma per aumentare i posti di lavoro, come già avvenuto altrove in dimensioni molto più rilevanti. Queste basi in realtà costano moltissimo ai civili, il 41% delle spese di mantenimento delle truppe ad esempio è carico del paese “ospitante”.
La Caserma Ederle, la struttura attualmente operativa, è stata a quanto pare uno dei centri di progettazione della guerra in Iraq e fa parte del “triangolo bellico” del nord Italia che unisce Aviano (attacchi aerei e bombardamenti), Vicenza (progettazione ed esercito) e Camp Darby (munizionamento pesante).
Su Vicenza una grande responsabilità civile e i riflettori del mondo nei prossimi mesi: la protesta è destinata a crescere e a varcare i confini della città.
Siamo tutti vicentini!