Militarizzazioni

A Vicenza un`altra base Usa rivolta contro il Sud del mondo

Andrea Licata
  Le basi militari USA si insediano secondo tecniche persuasive ben collaudate, scegliendo le zone dove maggiore è l’ospitalità, minori i costi e più deboli i controlli ambientali.
Dovendo mantenere migliaia di soldati all’estero con le famiglie c’è chi sostiene che vengano preferite le località turistiche, da presentare come incentivo per compensare il rischioso arruolamento per il fronte.
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Queste strutture vengono posizionate anche per condizionare le politiche delle economie capitaliste più forti, oltre ché per muovere attacchi la cui risultante finale sono tra l’altro nuove basi. Il network in questione, quello delle basi USA, che secondo alcuni autori sarebbe però in crisi, appare come un progetto separato, parte di un Risiko che si gioca sopra le nostre teste. Possiamo affermare che installazioni come quella in progettazione a Vicenza non sono proposte (o meglio imposte) per ragioni di sicurezza, per dare impulso all’economia locale o proteggere l’ambiente: vengono costruite per esigenze strategiche, sono basi militari per nuovi attacchi e sono oggi rivolte al Sud del mondo.

Possiamo distinguere alcuni momenti per meglio comprendere cosa sta succedendo a Vicenza:

La fase attuale, la “politica del sorriso”. Il generale apre “ad orologeria” le porte della Caserma di Vicenza, una forma di propaganda ad hoc, in quanto successivamente risulteranno difficili persino le visite dei parlamentari, saranno vietati i controlli ambientali indipendenti. Questa fase è accompagnata da rassicurazioni, promesse di sviluppo che si rivelano poi poco fondate, ma sono loro utili a convincere la popolazione. Sappiamo infatti che le basi USA si mantengono in realtà grazie alle tasse imposte ai paesi ospitanti i cui cittadini pagano centinaia di milioni alle truppe (da notare che a Vicenza aumenterebbero). In questa fase le basi vengono descritte come luoghi sicuri (sugli incidenti ci sono invece intere pubblicazioni), addirittura a Vicenza sarebbero senza armi (non è possibile! le fonti militari affermano non a caso il contrario) e rispettose dell’ambiente (quest’ultima un’affermazione è smentita da svariate pubblicazioni scientifiche, ad esempio quelle del BICC, e dai fatti, ossia le migliaia di siti inquinati pesantemente ed in vario modo nel mondo).

Secondo le autorità, per fare un esempio, non ci sarebbero armi atomiche nelle basi USA in Italia, ma sappiamo che la versione ufficiale non è credibile ed è smentita da molte fonti (è riconosciuto che ci siano decine di testate atomiche in Italia).

La vera politica della base. Queste strutture non sono ovviamente progettate né per aiutare l’economia locale, né per salvaguardare l’ambiente, anzi: sono postazioni avanzate di guerra. Da Vicenza partirebbero evidentemente importanti azioni militari, in un contesto politico estremo, il bushismo, in cui il presidente USA detiene un immenso potere ed ha introdotto proprio in questi giorni leggi speciali su prigionia, basi CIA ed interrogatori. Una volta concessa l’area del Dal Molin tutto diventa possibile, anche un uso differente da quello accordato durante la fase dei sorrisi di circostanza (magari in segretezza, essendosi insediato un nuovo governo…); trattandosi di una nuova grande struttura possiamo inoltre ipotizzare che l’area resti militarmente occupata per anni e possa trasformarsi nel tempo a seconda delle esigenze del Pentagono. Allo stesso modo non possiamo però escludere che, nonostante il raddoppio, anche queste basi, che sono paragonabili a degli accampamenti, decidano autonomamente in un prossimo futuro di chiudere per ridurre costi, trovare una maggiore libertà sulla questione ambientale (cioè maggiore libertà di inquinare) o per altri motivi tra cui la protesta diffusa, come è già successo altrove. Per tutte queste ragioni il ragionevole compito delle amministrazioni locali dovrebbe essere, ma così evidentemente non è, tutelare i cittadini ed il territorio contrastando la militarizzazione, non la delega totale al Pentagono che ha già i suoi mezzi per imporsi in maniera autoritaria.

3) Sulle conseguenze. La terza fase che possiamo prevedere, attraverso comparazioni con situazioni analoghe, è quella dell’amara realtà: guerre, militarizzazione e inquinamento vengono confermate le vere attività; pericoli e tensioni internazionali alcune fra le conseguenze aggravanti; a livello locale emergono a questo punto le mancate opportunità, i costi per i privilegi dei militari, i ricatti occupazionali, gli enormi consumi energetici, gli sprechi d’acqua, i problemi dovuti a rifiuti e discariche, la viabilità e la sua manutenzione straordinaria, la vigilanza a carico del paese ospitante e del comune risultano alla fine il vero disastroso impatto economico, che altrove (ad esempio in Friuli o in Sardegna) ha portato a continue spese aggiuntive; in Italia non sono mancate le infiltrazioni mafiose nella costruzione delle basi. L’inquinamento e i costi di bonifica, sempre che risulti possibile, sono poi forse l’aspetto più drammatico del dopo base.

La città di Vicenza diventerebbe definitivamente una grande caserma con l’economia e la politica locali fortemente condizionate dalle esigenze dei militari.

Non a caso a fronte di strutture del genere ci sono proteste notevoli, anche se non se parla molto. Se restiamo ai fatti e non alla propaganda, non abbiamo in definitiva elementi per affermare che a Vicenza le basi USA abbiano un impatto differente da quello negativo già verificatosi altrove, anzi …

Andrea Licata – Presidente del Centro Studi e Ricerche per la Pace dell’Università di Trieste.

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