Chi muore di iniezione letale non spira con un metodo indolore, ma passa attraverso sofferenze atroci e invisibili. A sostenerlo sono gli ultimi studi scientifici che smentirebbero la teoria della cosiddetta «morte serena» attuata negli Usa con farmaci velenosi iniettati ai condannatati prima di morire.
A riportare d`attualità la «pratica disumana» dell`iniezione letale sono stati i risultati dell`autopsia effettuata sul cadavere dell`ultimo condannato a morte nel Kentucky, Edward Harper – nel 1999 – i quali avrebbe dimostrato che l`uomo «ha sofferto atrocemente per 12 minuti mentre il cocktail di veleni lo uccideva lentamente.
«12 minuti di orrore», durante i quali Harper sarebbe stato «cosciente e capace di soffrire, ma impossibilitato a comunicare le proprie sensazioni, perché paralizzato da uno dei farmaci iniettato nelle sue vene.
I documenti del caso Harper sono stati ora portati in un tribunale dagli avvocati dei due prossimi condannati a morte in Kentucky, che stanno cercando di dimostrare che l`iniezione letale è una tortura, e in quanto tale incostituzionale.
Il Manifesto, 17 settembre 2004