La necessità di una legge organica in materia di asilo
L’Italia è l’unico Paese dell’Unione Europea nel quale una materia così importante come quella dell’asilo non è ancora disciplinata in maniera organica. La mancanza di una legge organica in materia di asilo comporta, sotto vari profili, gravi difficoltà non solo per i richiedenti asilo e rifugiati, ma anche per gli stessi operatori chiamati ad applicare una normativa lacunosa e talvolta contraddittoria.
Gli standard internazionali
Una legge organica in materia di asilo dovrebbe essere inserita nel contesto più ampio della normativa sugli stranieri in generale ed altresì riflettere gli obblighi internazionali assunti dall’Italia in base inter alia alla Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiato ed alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
La Consulta sull’Asilo
Ai fini di disporre di adeguate strutture per la futura applicazione di tale normativa e di un efficace sistema di monitoraggio, capace di valutare l’efficienza e l’adeguatezza del sistema e se necessario formulare proposte per ulteriori miglioramenti, sia legislativi che pratici, si ritiene opportuna la creazione di una Consulta sull’Asilo, composta dai principali attori, istituzionali e non, operanti nel settore dell’asilo.
In particolare, alla Consulta sull’asilo dovrebbero partecipare rappresentanti della Commissione Nazionale sul diritto d’asilo, di UNHCR, ANCI-UPI e Servizio Centrale, nonché degli enti di tutela con provata esperienza a livello nazionale nella protezione e accoglienza di richiedenti asilo, titolari di protezione umanitaria e rifugiati.
La Consulta sull’Asilo dovrebbe avere compiti specifici, da disciplinarsi nella legge organica, come il monitoraggio della procedura d’asilo e degli standard di accoglienza. La Consulta dovrebbe inoltre essere chiamata ad esprimere proposte per l’adozione di interventi ed iniziative di cui alla legge organica e pareri su iniziative e provvedimenti formulati dal governo nel settore dell’asilo.
Il dettato Costituzionale
L’articolo 10, terzo comma della Costituzione italiana recita testualmente:“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.” Questa legge, fino ad oggi, non è stata approvata.
Tale legge dovrà specificare, in maniera analitica, a fianco della categoria di chi chiede ed ottiene il riconoscimento dello status di rifugiato, i requisiti soggettivi del richiedente asilo costituzionale e cioè di “colui al quale è impedito l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana”, le modalità per procedere all’accertamento di tale status e la situazione giuridica successiva al riconoscimento del diritto d’asilo.
Con sentenza n. 4674/97 del 12 dicembre 1996 la Corte di Cassazione ha stabilito che “l’art.10, terzo comma, Cost., attribuisce direttamente allo straniero il quale si trovi nella situazione descritta da tale norma un vero e proprio diritto soggettivo all’ottenimento dell’asilo”, attribuendo al giudice ordinario la competenza a decidere sulla concessione del diritto di asilo ai sensi della Costituzione, anche in assenza di una legge di applicazione. Nella stessa sentenza la Corte ha anche espresso un implicito invito, rivolto al legislatore, ad emanare una legge di implementazione del dettato costituzionale che “specifichi le condizioni di esercizio e le modalità di godimento” del diritto di asilo. Appare quindi imperativo, dopo quasi 60 anni di inerzia legislativa, nel contesto di una legge organica in materia di asilo, dare piena applicazione al dettato costituzionale.
La nuova norma organica dovrà pertanto prevedere chi ha diritto di asilo nel territorio della Repubblica italiana, definendo i diritti specifici legati ai rispettivi status:
a) lo straniero al quale sia impedito, nel paese di origine o, nel caso di apolide, di residenza abituale, l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana
b) lo straniero o l`apolide al quale sia riconosciuto lo status di rifugiato previsto dalla Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, resa esecutiva con la legge 24 luglio 1954, n. 722, di seguito denominata «Convenzione di Ginevra», e dal protocollo relativo allo status dei rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e reso esecutivo con la legge 14 febbraio 1970, n. 95.
Lo status di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra del 1951
La Convenzione del 1951, con il suo Protocollo di New York del 1967, rimane il più importante punto di riferimento del sistema internazionale di protezione dei rifugiati. La centralità e l’importanza della Convenzione del 1951 è stata varie volte ribadita anche nell’ambito dell’Unione Europea, ad esempio durante il vertice di Tampere nel 1999 e, più recentemente, nel contesto del “programma dell’Aia” del novembre 2004, ove si auspica una “piena ed inclusiva applicazione” della Convenzione.
In questo spirito, la futura normativa ed i rispettivi dispositivi applicativi dovrebbero dare attuazione alla Convenzione del 1951 tenendo conto degli sviluppi politico-sociali alla base della migrazione forzata, ampliando, ove necessario, il concetto di persecuzione anche oltre gli standard minimi previsti dalla Direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004 sulla qualifica di rifugiato e la protezione sussidiaria. Questa direttiva, peraltro, contempla la persecuzione da parte di agenti non statali tra le cause di riconoscimento dello status di rifugiato: una futura normativa organica dovrebbe prevedere espressamente l’applicazione di tale interpretazione che riconosce protezione a persone perseguitate da entità diverse dallo Stato qualora le suddette entità detengano un effettivo controllo del territorio oppure lo Stato non possa o non voglia intervenire al fine di far cessare la persecuzione.
La protezione sussidiaria
Attualmente lo status di coloro che non hanno i requisiti per essere riconosciuti rifugiati ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra, ma che nondimeno necessitano una protezione (la cosiddetta protezione “sussidiaria”, “complementare” o “umanitaria”), ad esempio in base alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, non è definito in modo esplicito. Inoltre, nella prassi, si è registrato il rischio che in alcuni casi la protezione umanitaria venga riconosciuta a persone che potrebbero essere considerate rifugiati a tutti gli effetti.
In virtù del fatto che anche le persone che hanno ottenuto soltanto una forma sussidiaria di protezione spesso si trovano nel paese di asilo in una situazione analoga, se non identica, a quella dei rifugiati riconosciuti ai sensi della Convenzione, gli standard di trattamento previsti per i due status dovrebbero essere, per quanto possibile, similari.
La futura legge dovrà quindi definire i fondamenti per il riconoscimento della protezione sussidiaria, che dovranno riferirsi al rischio di un “danno grave” per la vita, per i diritti fondamentali e per la salute, di trattamenti inumani e degradanti e di violenze generalizzate, e potranno anche ricomprendere cause legate a catastrofi naturali. Tale normativa dovrà inoltre definire lo status giuridico del titolare di protezione sussidiaria, considerando il diritto alla protezione sussidiaria quale diritto soggettivo. Ai titolari di protezione umanitaria dovrà essere riconosciuto il diritto al ricongiungimento familiare godendo delle stesse facilitazioni previste per i rifugiati e la concreta possibilità di conversione del titolo di soggiorno in lavoro o studio, una volta cessata la necessità di tale protezione.
Il principio di non-refoulement
Il principio di non-refoulement è sancito dall’articolo 33 della Convenzione del 1951, secondo il quale “Nessuno Stato contraente potrà espellere o respingere (refouler) – in nessun modo – un rifugiato verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, della sua religione, della sua nazionalità, della sua appartenenza ad una determinata categoria sociale o delle sue opinioni politiche.” Questo principio è inoltre contenuto nell’articolo 3 della nella Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, così come è implicito nell’articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Tale articolo sancisce infatti il divieto assoluto di tortura e di trattamenti inumani e degradanti; da esso, una consolidata giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo, fa discendere il divieto inderogabile per gli Stati di espellere, respingere o estradare una persona verso un Paese ove sarebbe a rischio di essere soggetta a torture, trattamenti inumani o degradanti o pena di morte. Oltre che del diritto internazionale pattizio, il principio di non-refoulement fa parte del diritto internazionale consuetudinario, e quindi vincola automaticamente tutti gli Stati.
Una legge organica sull’asilo deve quindi prevedere adeguati meccanismi per garantire un effettivo e concreto rispetto del principio del non-refoulement. Nel contesto di eventuali respingimenti verso paesi terzi o verso il paese di origine si deve tener conto dell’ estrema difficoltà per gli organi di polizia di valutare in frontiera, in breve tempo e a fondo, tutti gli aspetti che possono caratterizzare la situazione del richiedente e delle gravi conseguenze di un respingimento in frontiera.
Principi fondamentali della procedura
In ragione della natura di diritto soggettivo dell’asilo, la legge organica dovrebbe basarsi sui seguenti principi:
La procedura di esame della domanda di asilo è unica. Non dovrebbe pertanto essere introdotta alcuna procedura di esame delle domande di tipo accelerato o semplificato;
La domanda di asilo dovrà essere ammessa senza che sia sottoposta a forme di pre-esame e senza prevedere l’introduzione di criteri di ammissibilità. L’eventuale applicazione delle clausole di esclusione di cui dall’articolo 1 (F) della Convenzione del 1951 non deve infatti costituire criterio di ammissibilità poiché la domanda va esaminata unicamente dall’organo decisionale, nel contesto della valutazione di tutti gli elementi pertinenti alla domanda;
La norma non può prevedere l’introduzione di alcuna disposizione che ne limiti l’applicazione in ragione del paese di origine o provenienza del richiedente;
L’esame della domanda di asilo non termina con l’assunzione della decisione amministrativa che rigetta l’istanza ma con la conclusione degli eventuali procedimenti di ricorso. Ciò comporta il pieno rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale, come indicato al paragrafo “tutela giurisdizionale”.
Garanzie procedurali
Anche per evitare una dispersione delle risorse, la futura procedura di asilo dovrà consistere in una procedura unica. A tal fine l’organo competente per l’esame delle domande di asilo procede ad una valutazione omnicomprensiva degli specifici bisogni di protezione internazionale dei richiedenti asilo.
Per quanto riguarda l’applicazione del Regolamento della Comunità Europea in materia di definizione della responsabilità per l’esame di una domanda di asilo (cd. “Dublino II”), al fine di evitare inutili disagi ai richiedenti asilo, l’Italia dovrebbe – in linea di massima – avvalersi della facoltà, peraltro prevista dallo stesso Regolamento, di assumersi la responsabilità per tutte le domande fatta in Italia, ammesso che il richiedente asilo vi acconsenta. Sarebbe inoltre auspicabile che l’Italia si impegnasse a livello dell’Unione Europea per una revisione dell’attuale testo del Regolamento tesa ad evitare eccessivi squilibri nella distribuzione delle domande di asilo, nonché possibili conseguenze negative per la protezione dei rifugiati.
Sia nella fase di presentazione della domanda, che nelle fasi successive, deve essere prevista, ove necessario, l`assistenza di un interprete/mediatore culturale a conoscenza della lingua del richiedente. Durante l’audizione e in tutte le fasi della procedura, il richiedente asilo dovrà poter farsi assistere da avvocati ed enti di tutela. In ogni caso deve essere garantita la possibilità per l’UNHCR di contattare i richiedenti asilo – e di essere contattato dagli stessi – nonché di assistere alle sedute degli organi decisionali.
Al fine di favorire un accesso corretto alla procedura di asilo, deve essere garantita agli eventuali richiedenti asilo la possibilità di entrare direttamente in contatto con gli enti di tutela sui vettori, nelle zone doganali e di transito, nonché nelle aree di sbarco. Gli enti di tutela potranno fornire loro informazioni circa i diritti e i doveri a loro riconosciuti, i passi da intraprendere nelle fasi successive all’arrivo oltre che prestare assistenza ai richiedenti asilo.
In considerazione del fatto che le dichiarazioni rese dal richiedente asilo e la documentazione acquisita nelle varie fasi della procedura possono contenere dati ed informazioni estremamente sensibili, la cui divulgazione potrebbe comportare gravi conseguenze per il richiedente asilo nonché per i familiari rimasti in patria, sarebbe importante prevedere adeguate garanzie per il rispetto della riservatezza.
Programmi di reinsediamento
La legge organica sul diritto di asilo dovrà prevedere adeguati meccanismi per garantire l’ingresso sul territorio italiano di persone bisognose di protezione internazionale. Tali meccanismi devono includere la partecipazione italiana a programmi dell’UNHCR per il reinsediamento di rifugiati da zone dove la loro protezione effettiva non sia garantita.
I programmi di reinsediamento non dovranno essere confusi con piani di esternalizzazione della procedura di esame delle domande, che consiste nel trasferire in un paese terzo le richieste d’asilo presentate nell’UE, in linea con la Risoluzione del 15 dicembre 2004 del Parlamento Europeo. Il reinsediamento non dovrà in alcun modo diventare un elemento sostitutivo del diritto di chiedere asilo sul territorio italiano, bensì fungere da strumento ulteriore che l’Italia potrà utilizzare per dare protezione e accoglienza a chi è costretto a fuggire, con particolare riguardo ai soggetti più deboli e bisognosi di protezione. I programmi di reinsediamento dovranno prevedere specifiche misure di accoglienza e relativa copertura finanziaria.
Accoglienza, protezione e garanzie procedurali per i minori richiedenti asilo e rifugiati
In linea con l’articolo 22 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, la futura legge organica dovrebbe contenere principi e meccanismi tali da garantire ai minori richiedenti asilo e rifugiati la protezione e l’assistenza necessarie per usufruire, sin dal momento del loro arrivo in Italia, di tutti i diritti previsti da tale Convenzione. La considerazione del “superiore interesse del minore” dovrebbe orientare la natura e la cronologia delle misure di protezione applicate ai minori o al loro nucleo familiare. In particolare, la normativa organica dovrebbe garantire un’immediata ed idonea accoglienza ai minori non accompagnati e ai nuclei familiari con minori e rispettare l’articolo 37 della Convenzione sui diritti del fanciullo che vieta la detenzione illegittima, arbitraria o sistematica dei minori, sia accompagnati che non.
La normativa organica dovrebbe inoltre imporre l’immediata individuazione dei minori non accompagnati all’arrivo per garantire loro un’efficace protezione e metterli al riparo da rischi, tra cui la tratta di minori. Le procedure di determinazione dell’età eventualmente utilizzate non dovrebbero basarsi esclusivamente su criteri medico-legali; esse dovrebbero piuttosto mirare a determinare l’oggettiva vulnerabilità dell’individuo, come richiesto dal Comitato delle Nazioni Unite per i diritti dell’infanzia, ad esempio attraverso un’intervista da parte di personale specializzato. In tutti i casi in cui la maggiore età risultasse incerta, tali procedure dovrebbero garantire ai ragazzi e alle ragazze sole il “beneficio del dubbio” in modo che, quando vi sia anche una sola possibilità che siano minori, essi siano considerati e trattati come tali; ciò appare necessario anche per scongiurare il rischio di una loro espulsione esclusa dagli standard internazionali e già vietata dal diritto interno.
La normativa organica dovrebbe espressamente disporre che i minori non accompagnati ed i genitori di minori vengano immediatamente ed opportunamente informati circa i diritti dei minori, accompagnati e non, previsti dalla normativa sull’immigrazione e dalla legge italiana in generale. Ai minori non accompagnati dovrebbero essere garantiti l’accesso effettivo e immediato alla rappresentanza legale tramite la nomina di un Tutore da parte del tribunale competente, l’accesso consapevole alla procedura di asilo e, a tali fini, un’assistenza legale qualificata. Mentre il trattenimento di minori non accompagnati va escluso nella maniera più assoluta, la loro accoglienza andrebbe garantita presso centri di accoglienza per minori che dispongono di personale qualificato e formato nell’assistenza a minori richiedenti asilo o vittime di traffico.
La procedura di asilo applicata ai minori non accompagnati dovrebbe garantire priorità, speditezza e prevedere espressamente una valutazione del timore di persecuzione ai fini del riconoscimento dello status di rifugiato che tenga conto della maggiore vulnerabilità psicologica dei minori rispetto agli adulti, della diversa consapevolezza circa le condizioni del paese di origine e, in generale, delle violazioni che colpiscono in particolar modo i minori, come ad esempio l’arruolamento forzato, lo sfruttamento lavorativo, il traffico. La normativa dovrebbe prevedere che l’audizione sia svolta sempre alla presenza del Tutore e di un’assistente legale del minore, sia condotta da personale qualificato e specificamente formato e sia caratterizzata da modalità che tengano conto della particolare vulnerabilità dei minori e degli eventuali traumi da essi subiti.
Indipendenza, imparzialità e specializzazione dell’organo decisionale di prima istanza
L’esame delle domande di asilo deve essere svolto da un’autorità avente la natura giuridica di “autorità amministrativa indipendente”, soggetta solamente alla legge e non sottoposta a controllo o influenza diretta dell’Esecutivo. La legge deve prevedere le modalità di istituzione di tale autorità amministrativa che dovrà essere dotata di adeguati mezzi per operare in piena indipendenza e imparzialità.
L’esame e la valutazione delle domande d’asilo, nonché la necessaria conoscenza dei paesi d’origine, richiedono un alto grado di specializzazione. A tal fine dovrà essere creato un profilo professionale di “esperto sull’asilo”, al quale accedere tramite concorso, e che richieda dai candidati qualifiche ed esperienze dei candidati nel settore dei diritti umani in generale e del diritto internazionale dei rifugiati in particolare.
Ai fini di una maggiore efficienza, tale autorità dovrà essere preferibilmente decentrata, prevedendo altresì un organo centrale qualificato – quale l’attuale Commissione Nazionale sul Diritto d’Asilo – a sua volta indipendente, con ruolo di coordinamento, di indirizzo e supporto, con la partecipazione dell’UNHCR. L’operato delle Commissioni deve svolgersi in conformità con la normativa italiana in materia di procedimento amministrativo e di accesso ai documenti amministrativi, con particolare riferimento a quanto previsto dalla legge 241/1990.
La tutela giurisdizionale
Come già indicato al paragrafo “principi fondamentali”, la legge organica sull’asilo dovrà garantire il diritto a un ricorso effettivo avverso la decisione amministrativa che rigetta la domanda di riconoscimento del diritto d’asilo (tra l’altro in attuazione dell’art.11 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani e delle libertà fondamentali). Il rispetto del principio di effettività non può che comportare il divieto di allontanamento del ricorrente fino ad esito del giudizio, con prosecuzione di regolare soggiorno dello straniero per richiesta di asilo.
Il giudizio di cui trattasi non è di tipo impugnatorio, bensì l’oggetto del giudizio medesimo riguarda l’accertamento dello status. In ragione di ciò la norma dovrà prevedere l’attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione per tutte le situazioni soggettive dei titolari del diritto d’asilo, prevedendo un procedimento di volontaria giurisdizione davanti al tribunale in composizione monocratica del luogo di domicilio eletto dal ricorrente. La pubblica amministrazione viene pertanto citata in giudizio esclusivamente per l’adempimento degli obblighi amministrativi relativi alla permanenza del ricorrente nel territorio dello Stato e all’adozione delle misure di accoglienza e non certo ai fini dell’accertamento di status in relazione al quale non può avere alcun interesse contrario.
Al ricorrente va garantita la possibilità di accesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato, operando una necessaria modifica dell’attuale decreto legislativo 27 maggio 2005 n. 116.
Cessazione
Nel contesto dell’applicazione delle clausole di cessazione, sia rispetto allo status di rifugiato ai sensi della Convenzione che per quanto riguarda l’asilo costituzionale e la protezione sussidiaria, devono essere assicurate garanzie analoghe a quelle previste per la procedura di riconoscimento dello status, in particolare circa l’effettivo ricorso contro la decisione di cessazione dello status, come previsto dagli standard internazionali. La cessazione degli status suddetti non dovrebbe comportare automaticamente la perdita del diritto di rimanere sul territorio nazionale e si dovrebbe, comunque, tener conto dell’inserimento sociale del beneficiario di protezione internazionale, oltre che di eventuali motivazioni personali, sanitarie e umanitarie. Deve comunque essere garantita la possibilità di conversione del titolo di soggiorno in permesso di soggiorno di lunga durata, anche a prescindere da ulteriori requisiti se in presenza di una permanenza sul territorio nazionale superiore a 5 anni.
Trattenimento/Libertà di circolazione
La legge organica non dovrà prevedere alcuna forma di trattenimento dei richiedenti asilo. Questo rappresenta un punto cardine imprescindibile della nuova normativa, in linea con la Costituzione Italiana e gli standard internazionali.
Il sistema e la pratica attuale prevedono invece forme di trattenimento che non rispettano i principi costituzionali e gli standard internazionali sui diritti umani, tra cui quelli sulla legittimità e non arbitrarietà della detenzione e sul divieto di detenzione generalizzata dei richiedenti asilo.
In base ai medesimi principi, va garantito il rispetto della dignità e dei diritti fondamentali degli esseri umani, anche attraverso la trasparenza di tutti i luoghi di detenzione e la loro accessibilità a organismi non governativi di difesa dei diritti umani come raccomandato, tra gli altri, dal Comitato europeo per la prevenzione della tortura.
L’accoglienza all’arrivo
La legge deve prevedere l’introduzione di efficaci meccanismi di controllo che permettano di dare concreta attuazione al principio di non refoulement (non respingimento) garantendo in particolare ai potenziali richiedenti asilo in frontiera un effettivo accesso al territorio ed alla procedura d’asilo. L’accoglienza dei cosiddetti “flussi misti” nelle zone di sbarchi e dei richiedenti asilo ai valichi di frontiera terrestri, portuali e aeroportuali, dovrà essere adeguata da un punto di vista strutturale e prevedere adeguati servizi di informazione, orientamento legale e assistenza, anche garantendo il pieno accesso agli enti di tutela e l’ausilio di interpreti qualificati.
E’ del tutto evidente come risulti opportuno che la nuova norma preveda l’introduzione di modalità specifiche di gestione della primissima accoglienza in situazioni di emergenza, determinate da arrivi numerosi e concentrati, chiarendo tuttavia che tali misure sono finalizzate esclusivamente a rendere possibile un ordinato invio dei richiedenti nella rete nazionale del sistema di protezione e che rimane esclusa la possibilità di procedere in tale fase ad alcuna valutazione di merito delle domande presentate.
La rete di accoglienza sul territorio
La norma dovrà prevedere un unico Sistema Nazionale di Protezione, rispondente ad una logica “decentrata” che rappresenti lo sviluppo dell’esperienza rappresentata dall’attuale Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati (SPRAR) – basato sull’attività di Comuni e Province – e che coinvolga le diverse strutture di accoglienza già esistenti sul territorio. L’unicità del sistema di accoglienza, il cui funzionamento è incentrato sul sistema delle autonomie locali trova la sua ragione nella unicità della procedura di esame delle domande di asilo, dovendo escludersi, come si è già detto, l’introduzione di procedure semplificate o accelerate di esame delle domande di asilo.
Sono beneficiari del sistema nazionale di protezione tutti i richiedenti asilo la cui domanda sia pendente innanzi all’autorità amministrativa ovvero davanti all’autorità giudiziaria nonché coloro cui è stato riconosciuta una forma di protezione, siano essi rifugiati, titolari del diritto d’asilo costituzionale e stranieri che usufruiscano di una protezione sussidiaria. Nei confronti dei titolari del diritto d’asilo le misure di accoglienza sono finalizzate a sostenerne l’inserimento sociale e il raggiungimento di una piena autonomia.
La norma dovrà prevedere interventi specifici che garantiscano alle persone con maggiore vulnerabilità – quali minori non accompagnati, vittime di trauma e violenza, donne singole, famiglie monoparentali e anziani non autosufficienti, disabili fisici e psichici – una protezione e tutela effettiva, che tenga conto dei loro particolari bisogni, in tutte le fasi della loro permanenza in Italia.
Poiché, anche in virtù delle disposizioni comunitarie, gli Stati hanno l’obbligo di fornire accoglienza ai richiedenti asilo, risulta necessario addivenire a un coinvolgimento crescente del sistema delle autonomie locali. Nell`ottica di equilibrare l`esigenza di disporre di un sistema di protezione basato su principi di uniformità e certezza nell`accesso alle misure di accoglienza con la necessità di preparare con la dovuta gradualità le amministrazioni locali non ancora coinvolte, si ritiene pertanto utile che la norma preveda l`introduzione di disposizioni transitorie finalizzate a realizzare, con adeguato stanziamento di risorse, un progressivo ampliamento delle disponibilità di accoglienza, anche in ragione di una periodica verifica delle domande di asilo e delle relative necessità assistenziali.
Sulla base dell’esperienza dell’attuale SPRAR la norma dovrà continuare a prevedere una struttura gestionale centrale affidata all’ANCI che: a) monitori la presenza e le effettive condizioni dei richiedenti asilo su tutto il territorio nazionale (sappia cioè condurre delle analisi quantitative e qualitative); b) provveda all’inserimento dei richiedenti asilo privi di assistenza nella rete nazionale di accoglienza; c) funga da ufficio di coordinamento e supporto tecnico per le amministrazioni locali, anche in relazione ai necessari interventi di formazione; d) promuova l’ampliamento e il consolidamento della rete nazionale di accoglienza. Si ritiene utile infine che la norma coinvolga le Regioni nella programmazione e nell’attuazione degli interventi, in ragione delle rilevanti competenze attribuite alle Regioni nelle materie dell’accoglienza e dell’integrazione sociale degli stranieri.
La legge sull’asilo dovrà prevedere la creazione o il rafforzamento dei servizi di informazione, orientamento legale e assistenza, da rendere pienamente accessibili ai richiedenti asilo o potenziali richiedenti asilo accolti nei centri di accoglienza. Il nuovo sistema dovrà garantire un’effettiva presa in carico di rifugiati, titolari dell’asilo costituzionale e titolari di protezione umanitaria dal momento del riconoscimento dello status, attraverso una rete di orientamento capillare ed efficace.
Per un inserimento sostenibile
Si rende sempre più necessaria una politica attiva volta a favorire un inserimento socio-economico sostenibile ed una piena integrazione dei beneficiari di protezione internazionale. Una legge organica sull’asilo dovrà prevedere tutte le misure necessarie a garantire non solo la dignità della persona e l’accesso ai servizi, ma anche l’indipendenza economica, l’inserimento abitativo, il proseguimento degli studi ed una formazione che tenga conto delle capacità esistenti. Tale politica dovrà essere sostenuta da un accesso effettivo e facilitato alla naturalizzazione, anche al fine di ridurre i possibili casi di apolidia, attraverso opportuni richiami alla legge sulla cittadinanza e adeguati meccanismi di coordinamento.
Deve essere inoltre necessariamente garantita l’equiparazione tra rifugiati e cittadini italiani in materia di assistenza pubblica, come previsto dalle norme internazionali, in particolare dall’art. 23 della Convenzione di Ginevra, che ne garantisce la piena equiparazione.
Oltre a garantire un’accoglienza di primo livello e una in cosiddetta semiautonomia, è necessario favorire l’inserimento dei rifugiati in abitazioni autonome (finanziamenti per contratti di locazione, fondi per depositi cauzionali, fondi per arredo di base, ecc.), incentivando, attraverso percorsi adeguati alle varie categorie (famiglie, donne con bambino/i, anziani, disabili, ecc.) un percorso di pieno inserimento socio – economico.
E’ inoltre necessario rafforzare percorsi di formazione scolastica e professionale capaci di favorire concretamente l’ingresso nel mondo del lavoro autonomo e subordinato, prendendo in considerazione professionalità ed eventuali competenze maturate dai singoli rifugiati. Infine si richiama l’attenzione su alcune categorie di rifugiati “vulnerabili/più vulnerabili”, la cui condizione può comportare una maggiore difficoltà per un autonomo inserimento nel sistema sociale italiano.
Ai fini di garantire l’applicazione del principio dell’unità familiare, la norma dovrà prevedere l’estensione del diritto alla protezione ed il diritto al ricongiungimento al coniuge non legalmente separato e ai figli minori non coniugati, nonché alla persona stabilmente convivente. La norma dovrà inoltre agevolare concretamente il ricongiungimento familiare, prevedendo la possibilità per il familiare che si trova all’estero di presentare la propria istanza presso le rappresentanze diplomatiche italiane presenti nel paese di origine del richiedente o in un paese terzo ai fini dell’ottenimento di un visto di ingresso nel territorio italiano e, ove necessario, di un titolo di viaggio.
Una banca dati
In questi anni, è emersa la necessità di una banca dati accurata che contenga informazioni dettagliate, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, su richiedenti asilo, rifugiati, titolari del diritto di asilo costituzionale, e di protezione umanitaria presenti in Italia. La norma dovrà prevedere l’istituzionalizzazione di tale banca dati, che – ferma restando la riservatezza dei dati individuali – dovrà fornire regolarmente informazioni utili e aggiornate agli enti interessati. Si propone che tale banca dati sia collocata presso la Commissione Nazionale per il diritto d’asilo che dovrà diventare l’unica fonte ufficiale di tutto il sistema dei dati nella materia dell’asilo. In particolare, detta banca dovrà fornire, con cadenza predefinita, tutte le informazioni relative alle domande di asilo e di status di rifugiato pervenute, esaminate, con i vari esiti, agli irreperibili, ai casi di riesame, ai ricorsi presentati ecc. Dovrà inoltre essere in grado di elaborare, anche attraverso il monitoraggio delle informazioni di altre banche collegate, dati disaggregati relativi, ad esempio, a nazionalità, età, sesso, vulnerabilità, situazione Dublino, eventuale accoglienza in strutture facenti capo al Sistema di Protezione dei Richiedenti Asilo e Rifugiati.
La copertura finanziaria
L’accoglienza di richiedenti asilo, rifugiati e titolari del diritto di asilo costituzionale e di protezione umanitaria costituisce un obbligo dello Stato e va assicurata a tutti coloro che siano in condizioni di necessità. Gli interventi per l’accoglienza dovranno perciò venire realizzati sulla base delle necessità assistenziali concretamente riscontrabili.
Al fine di raggiungere tale obiettivo la norma deve prevedere che la copertura finanziaria per la realizzazione degli interventi di accoglienza e protezione dei richiedenti asilo e dei rifugiati venga definita annualmente sulla base del numero delle domande di asilo presentate nell’anno precedente, nonché sul numero dei titolari a cui sia stata riconosciuta una forma di protezione nel medesimo periodo. Si dovrà comunque prevedere una pianificazione d’urgenza per i casi di afflussi straordinari.
In considerazione della particolare condizione in cui versano gli stranieri ai quali è riconosciuta una forma di protezione, alla luce dei tempi relativamente brevi di riconoscimento dello status conseguenti la nuova procedura, e al fine di garantire ulteriori forme di tutela e di protezione in una fase critica del percorso di integrazione, si raccomanda la costituzione di un fondo ad hoc per le politiche abitative.
Roma, giugno 2006
Tavolo sull`Asilo
Ai lavori del Tavolo sull`Asilo, promossi dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), hanno partecipato: Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) – Servizio Centrale del Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati, ARCI, Caritas, Casa dei Diritti Sociali/Focus, Centro Astalli/JRS, Comunità di Sant’Egidio, Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), Consorzio Italiano di Solidarietà (ICS), Servizio Rifugiati e Migranti – Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Medici Senza Frontiere (MSF), Senzaconfine, Servizio Sociale Internazionale – in collaborazione con Amnesty International.