Crimini ambientali

Sentenza decisiva per gli inceneritori in Sicilia

  Le donne, forse, salveranno la nostra bella Sicilia. La nostra storia infatti, nella sua parte virtuosa, ha inizio proprio con due donne. La Dott.ssa Rosalia Messina e la Dott.ssa Maria Stella Boscarino sono infatti i magistrati del Tribunale Amministrativo di Catania, che col loro lavoro, hanno impresso una significativa svolta alla vicenda della costruzione del termovalorizzatore di Contrada “Valanghe” (sito del territorio del Comune di Paternò).
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Sono questi infatti i giudici che hanno redatto le motivazioni delle ordinanze cautelari con cui il TAR Catania ha dapprima accolto le domande di sospensiva dei provvedimenti con cui Totò Cuffaro aveva dato il via libera alla costruzione del termovalorizzatore di Paternò e poi ha sollevato la questione di legittimità costituzionale delle norme frettolosamente approvate dalla Casa delle Libertà negli ultimi giorni di attività del Parlamento, proprio per vanificare il lavoro dei

Tribunali Amministrativi Siciliani.

Attenzione però, questa non è la solita storia della opposizione popolare al mostro della cenere, ma è invece il frutto della giusta e sacrosanta indignazione nei confronti di una operazione caratterizzata da palesi illegittimità, incongruenze di ogni tipo e addirittura da marchiane violazioni di norme costituzionali e comunitarie.

Tutto ha inizio con la brillante idea di Cuffaro (nella qualità di Commissario per l’emergenza rifiuti) di realizzare quattro mega inceneritori di rifiuti (definiti termovalorizzatori) senza spendere un euro (della regione o dello stato). L’idea è semplice e geniale allo stesso tempo.

Non essendo disponibili le colossali somme (circa trecentocinquanta milioni di euro per ognuno dei quattro termovalorizzatori) necessarie per appaltare i lavori di costruzione dei termovalorizzatori, il Commissario per l’emergenza

rifiuti (e cioè Cuffaro), ha pubblicato un bando pubblico con cui si chiedeva alle imprese del settore di presentare offerte che prevedessero la costruzione a proprie spese degli impianti in cambio della gestione di quanto così realizzato, senza alcun contributo economico della Regione o dello Stato. E così gli inceneritori si possono fare, i cittadini non escono un euro e tutti sono felici e contenti. Non ci credete? Non credete più a Babbo Natale?

Ed infatti la Sicilpower non è Babbo Natale, ma un raggruppamento di imprese

locali e nazionali, che si sono associate per costruire e gestire l’inceneritore di Paternò, ovviamente il tutto traendone utili. Ma come si può pensare di realizzare l’inceneritore di Paternò, che dovrebbe occupare un’area di circa 500.000 mq, ed il cui costo è stato stimato in oltre 350.000.000 di euro, mentre il costo finale (complessivo della gestione) dovrebbe sfiorare quasi 1.000.000.000 di euro? Ma è semplicissimo.

La costruzione dell’inceneritore infatti, invece di essere pagato in euro, sarà pagato con i rifiuti. Si, avete capito bene! Sarà pagato con i rifiuti o meglio con tutti i nostri rifiuti che la Regione Siciliana, che Totò Cuffaro, si è impegnato a conferire in via esclusiva e per i prossimi 20 anni alla Sicilpower s.p.a. che li brucerà nell’inceneritore di Paternò. E allora dove sta il problema? Il problema del costo di questa operazione sarà chiaro ed evidente come il sole, quando arriveranno le prime bollette per lo smaltimento rifiuti emesse dopo l’entrata in funzione dell’inceneritore.

Solo allora sarà a tutti chiaro se è vero quanto affermano numerosi parlamentari siciliani (che hanno invano sollecitato Cuffaro ad un confronto), secondo cui il costo del conferimento all’inceneritore sarebbe di 167 di vecchie lire per ogni chilo di rifiuti. Per capire l’impatto di quanto costerà questa operazione a ciascuna famiglia, bisogna fare solo un piccolo esercizio di aritmetica. Bisogna prendere l’ultima bolletta dei rifiuti e moltiplicare l’importo per 3 o per quattro. E se vi sembra una esagerazione pensate che attualmente la vostra bolletta (se siete catanesi) è determinata da un costo di conferimento in discarica di circa 37 lire al chilo (mentre il conferimento all’inceneritore di Paternò dovrebbe costare 167 lire al Kg). Ma vi è di più.

L’importo della bolletta dei rifiuti infatti, non solo è fuori dal controllo delle pubbliche autorità, ma è stato rimesso da Totò Cuffaro alla discrezione della società di gestione dell’inceneritore, che anno dopo anno è già stata autorizzata a richiedere un aumento della tariffa. Ma vi è di più e di meglio. Secondo gli accordi ventennali sottoscritti per tutti noi da Totò Cuffaro (nella qualità di Commissario), la maggior parte dei nostri rifiuti deve essere obbligatoriamente destinata all’incenerimento, pena un incremento della già elevata tariffa di smaltimento. Si tratta di un vero e proprio meccanismo di disincentivazione della raccolta differenziata dei rifiuti. Se nei prossimi 20 anni dovesse diminuire la quantità di rifiuti conferita all’inceneritore, magari perché è stata finalmente avviata una seria e sistematica attività di recupero e di riciclo, tale diminuzione comporterebbe un aumento della tariffa (cioè, meno rifiuti si inceneriscono e più costa farlo ed il costo è carico di tutti noi). Ma non è finita qui.

Un altro problema l’ha posto l’Unione Europea che ha aperto una procedura di

infrazione a carico dello stato italiano e della gestione commissariale di Cuffaro, sostenendo che il bando per la realizzazione dell’inceneritore di

Paternò (ed anche degli altri tre previsti) violerebbe le disposizioni europee che regolano la partecipazione delle imprese ai pubblici appalti.

Non si tratta certo di un buon inizio quindi, se consideriamo che il “sistema” dei quattro inceneritori rappresenta forse il più importante appalto pubblico dopo il ponte sullo stretto.

Ma il meglio deve ancora venire (giù, forse). Il termovalorizzatore di Paternò infatti, dovrebbe essere realizzato a pochi chilometri dai centri abitati di Paternò e di S.M. di Licodia, fra aranceti e uliveti, in un’area inserita per l’alto valore ambientale fra i siti di interesse comunitario (c.d. zone SIC), nell’alveo di uno dei principali affluenti del fiume Simeto. Questa area – e non è uno scherzo – si chiama “contrada valanghe” ed è stata definita, non dagli ambientalisti, ma dall’Ufficio del Genio Civile di Catania come “a rischio idraulico potenziale elevato” in quanto soggetta a periodiche esondazioni. Sempre secondo il Genio Civile l’area presenta una pericolosità ecologica legata ad eventi sismici amplificata dalle caratteristiche geomeccaniche scadenti dei terreni (non per nulla si chiama contrada valanghe). Si tratta cioè di un’area nella quale la legge vieta la realizzazione di impianti di questo tipo. Le disposizioni di legge però, in forza dei poteri commissariali conferiti da Berlusconi (nella qualità di Presidente del Consiglio) a Totò Cuffaro (quale Commissario per l’emergenza rifiuti), possono essere derogate (ma con congrue motivazioni). Secondo il Tribunale Amministrativo di Catania (Ordinanza n°1549/05) però, tali circostanze avrebbero dovuto “…. indurre ad osservare anziché derogare il divieto legislativo di allocare tale tipologia di impianto nella zona vietata….” dato che “…è vicinissima all’alveo del Simeto, per cui si tratterebbe di una scelta illegittima ed irresponsabile…”.

Il 24 Maggio 2006 il Tar Lazio si troverà a decidere il destino dell’inceneritore di Paternò. L’ordinanza di sospensiva con cui il TAR catania aveva accolto il ricorso di Legambiente e dei Comuni di S. Maria di Licodia e Paternò, bloccando così i lavori di costruzione dell’inceneritore di Paternò, sembrava avere dato una svolta decisiva a questa incredibile storia..

Questa ordinanza avrebbe dovuto essere appellata al CGA, organo d’appello dei TAR siciliani. Il Governo Berlusconi però negli ultimi giorni della legislatura ha pensato bene di sottrarre ai giudici siciliani queste cause disponendo con una legge che fossero discusse innanzi al TAR Lazio.

Ci sarebbe da chiedersi il perchè.

Con una norma che non ha precedenti nella storia dell’ordinamento giudiziario italiano il TAR Lazio sarà chiamato il 24 Maggio a revocare o modificare le ordinanze dei TAR siciliani emanate in materia di incenerimento dei rifiuti. Per la prima volta nella storia un provvedimento guidiziario sarà appellato innanzi ad un organo pari grado invece che dal giudice d’appello. Questa abnormità ha suscitato l’intervento del Tar Sicilia che con due diverse ordinanze ha rimesso questa incredibile legge alla corte cosituzionale per violazione di numerosi principi costituzionali nonché dello statuto della regione siciliana.

Se il 24 Maggio il Tar Lazio decidesse di annullare le ordinanze del Tar Catania nonostante l’Unione Europea abbia censurato l’operato di Cuffaro, nonostante la Corte Costituzionale debba ancora pronunciarsi sulla leggittimità costituzionale della norma “salvaincenneritori”, i cittadini siciliani si troveranno costretti a pagare il conto, molto salato, di tutta l’operazione.

Perchè nessuno ne parla?

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