Perché di questo si tratta, anche nel nuovo testo modificato. Non c’è più il principio del paese d’origine, ma la libera prestazione dei servizi fra i paesi dell’Unione potrà essere esercitata senza nessun vincolo; vengono infatti mutuate “sic et simpliciter” le normative Gats dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e nella stesura definitiva sono stati eliminati perfino i deboli richiami alla difesa dei consumatori. Permane la deregolamentazione totale del lavoro autonomo, ovvero la spinta ad un’ ulteriore accelerazione della precarizzazione dei contratti di lavoro. Risulta confermata la messa sul mercato di moltissimi settori di servizi pubblici – la cui estensione e portata sarà più chiara una volta visto l’effettivo testo uscito dalla votazione di 404 emendamenti, spesso contraddittori fra loro – e si relegano le assemblee elettive, dai municipi ai governi nazionali a meri osservatori del libero fluire della circolazione dei servizi.
Con il voto di oggi, si conferma la distanza fra l’Europa delle elites politico-economiche e l’ Europa dei popoli, che anche in questi giorni, con le due mobilitazioni dell’11 e del 14 a Strasburgo, avevano dimostrato il loro netto rifiuto delle politiche liberiste e il loro desiderio di un’Europa sociale e di pace.
Di fronte a questo quadro, risultano francamente incomprensibili le grida di vittoria della dirigenza europea della CES, il cui segretario Monks sembra non accorgersi delle differenti posizioni assunte da forti e importanti categorie europee, Funzione Pubblica in primis. E anche le esultanze in casa riformista, sembrano non vedere né i dissensi interni – i socialisti francesi e belgi – né calibrare gli abbracci mortali in cui hanno finito per ritrovarsi. Come faranno gli spasimanti nostrani – Ds e Margherita – del futuro partito democratico a spiegare ai loro elettori che hanno votato in totale sintonia con Forza Italia?
Il voto del Parlamento Europeo, pur essendo ancora solo un passaggio e non la conclusione dell’iter, è un voto politicamente pesante. Dice a chiare lettere come le elites politico-economiche dell’UE intendano superare l’evidente crisi del modello di integrazione europea, spingendo l’acceleratore sull’approfondimento delle politiche liberiste, anziché sul loro abbandono come chiedono le popolazioni, che hanno bocciato il Trattato Costituzionale, che hanno punito i governi liberisti nelle elezioni politiche, che si sono mobilitate a livello europeo contro la direttiva Bolkestein. Ai movimenti sociali e sindacali, alla società civile più generale il compito e la responsabilità di un salto di qualità nei prossimi mesi – e nel FSE di Atene a maggio – affinché la mobilitazione, nei singoli paesi e a livello europeo si allarghi e si approfondisca. Perché se Europa sarà, potrà esserlo solo dalla rottura con le politiche liberiste e dal riconoscimento fondativo di uno spazio pubblico dei diritti sociali, del lavoro e di cittadinanza. Che altro significa altrimenti la democrazia?
Attac Italia – 16 febbraio 2006.