È una di quelle notizie che aprono il telegiornale: tre città sono “in preda al traffico”, i cittadini respirano gas di scarico, sono vittime di incidenti e rischiano il cancro delle polvere sottili.
“Provvedimento di emergenza, adesso basta, non se ne può più”. Interviene il ministro, assegna “poteri speciali” ai prefetti, i politici auspicano e stigmatizzano, i giornalisti si indignano.
Siamo alla fine del 2001, e le tre città uccise dal traffico sono Milano, Villa San Giovanni, Messina. La prima per ragioni strutturali, è una grande metropoli europea. Le altre due perché nessuno finora è riuscito ad organizzare il traghettamento in modo razionale, evitando che i Tir passino dal centro delle rispettive città.
A Messina, infatti, tutti il traffico gommato che passa dalla Sicilia al “continente” (stimato in una media giornaliera di oltre 7.000 automobili e da oltre 3.500 automezzi commerciali) si imbarca in pieno centro, attraversa le strade principali per arrivare alla rada S. Francesco, dove ci sono le navi della Caronte, o alla stazione marittima delle Ferrovie.
Il 21 dicembre 2001 il ministro dell’Interno Scajola finalmente firma l’ordinanza per l’emergenza Tir. Il deputato di “Forza Italia” Crimi afferma solennemente che il 31 dicembre 2002 i Tir non attraverseranno più la città.
Si arriva alla decisione: approdo d’emergenza, un nuovo imbarcadero che sposti l’imbarco in periferia.
Sono passati molti anni da allora, e sono stati punteggiati da incidenti da incubo: camion che travolgono decine di autoveicoli, autoarticolati che rompono i freni e vanno a finire nei pressi di scuole e chiese, pensionati falciati mentre attraversano la strada, giovani donne schiacciate; una galleria degli orrori che pesa su molte coscienze.
Troppe persone sono morte sotto le ruote dei tir, molte altre hanno rischiato di fare la stessa fine, tutti i cittadini hanno sopportato l’infernale strombazzare dei clacson e respirato i gas dei camion e la situazione, pur rimanendo identica nel corso degli anni, non ha più commosso alcun telegiornale.
Andiamo all’inizio della storia. Il 7 giugno del 2000, su iniziativa del comitato “La nostra città” (il cui sito raccoglie la cronologia completa degli incidenti), vengono raccolte 7.000 firme per la chiusura della rada S. Francesco al traghettamento.
Il 20 giugno 2000 il sindaco Leonardi obbliga il consiglio Comunale ad approvare la “delibera per il doppio approdo”. Il 13 aprile 2001 il comitato indice la prima marcia sul viale Boccetta, il luogo dove si susseguono gli incidenti causati dai camion che vanno ad imbarcarsi. Una settimana più tardi, la fiaccolata con 3.500 cittadini viene fermata agli imbarcaderi della Caronte dai manganelli della polizia.
Il 20 maggio il viale Boccetta viene chiuso al transito con la manifestazione “lascia il segno”. La strada della morte viene disegnata con le sagome dei partecipanti.
A fine mese il comitato “La nostra città” occupa l’aula del consiglio comunale. Il prefetto Marino e il sindaco sottoscrivono a Palermo, con il Presidente Leanza, l’impegno per il finanziamento di circa 40 miliardi necessari a realizzare due moli d’emergenza nella zona Sud.
Iniziano le procedure per il progetto, l’appalto, l’esproprio dei terreni interessati ed infine l’esecuzione dei lavori. Trascorre così tutto il 2002 tra incontri e dichiarazioni.
Solo il 7 maggio dell’anno successivo – ed in piena campagna elettorale – il Prefetto Marino “posa la prima pietra dell’approdo”.
Intanto si continua a morire. Dopo i tanti morti ed incidenti sul Viale Boccetta, il 30 maggio Bianca Di Stefano viene schiacciata da un Tir sul viale Europa, altra arteria di collegamento tra autostrada ed imbarcaderi.
Ma il clima in città sta cambiando. La famiglia Franza, proprietaria dei traghetti, è accusata dall’opinione pubblica di non fare nulla per cambiare una situazione che favorisce i propri interessi. Ad un certo punto gioca la carta del calcio, la squadra passa in poco tempo dalla serie C alla A e la questione si ribalta. Adesso sono pochissimi quelli rimasti ad accusare “il presidente”. L’otto giugno del 2003 Pietro Franza per la morte di Bianca offriva la maglietta del calciatore Buonocore…
Negli anni successivi, le discussioni del messinese medio mutano drasticamente argomento: dai morti sul Boccetta alla emozionante trasferta di San Siro.
Il 22 dicembre 2003 si insedia il commissario Bruno Sbordone che non interverrà mai sulla questione.
Per tutto il 2004 i lettori della cronaca locale leggono le cronache che descrivono l’imminente ultimazione dell’approdo. Quello che l’impresa realizza viene intanto sommerso dalla sabbia.
All’inizio del 2006 il molo non è ancora aperto. Adesso il problema è l’insufficiente dragaggio dei fondali: c’è il rischio che i natanti si vadano ad incagliare già al collaudo e che il mare danneggi la costa. Con linguaggio da prefettura del Regno, arrivano (ultimi in ordine di tempo) provvedimenti di “imperiosa urgenza”…
Il nuovo sindaco è Francantonio Genovese, esponente di una famiglia da sempre legata ai Franza e loro socia in affari.
A molti anni dall’ordinanza ministeriale dei poteri speciali, la situazione non è ancora cambiata. Resta comunque un affascinante mistero capire come una classe dirigente che non riesce a costruire un piccolo molo in circa 5 anni possa creare in 10 il faraonico Ponte e cancellare l’immagine prevalente di una élite corrotta, immobile, incapace, arraffona.