Lo denuncia un rapporto diffuso dall’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Louise Arbour, che descrive uno scenario particolarmente crudo e preoccupante.
“I comandanti delle milizie e gli ex signori della guerra – si legge nel documento – restano i principali detentori del potere e i continui contrasti tra gli organismi anti-governativi e le forze nazionali e internazionali continuano a provocare un numero elevato di morti tra i civili”.
Nel rapporto si sottolineano gli scarsi progressi realizzati per punire i responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani compiute in Afghanistan negli ultimi decenni. Non solo: gli abusi “continuano ad essere eseguiti con apparente impunità da uomini armati in molte parti del paese”. Ne sono spesso coinvolte anche le forze di sicurezza locali e internazionali che in realtà dovrebbero riportare l’ordine: “Restano frequenti le detenzioni arbitrarie e prolungate in attesa di processo e la tortura rimane una pratica comune per estorcere confessioni”.
Il rapporto dell’Onu non manca di ricordare che spesso i reclusi dalle forze della coalizione internazionale a guida statunitense si sono visti derubare, costringere alla nudità forzata e a un regime di detenzione “particolarmente duro e arbitrario”. Il sistema giudiziario, poi, è minato dalla corruzione e dall’influenza dei signori della guerra e dei comandanti locali.
Soffermandosi sulla condizione femminile, il testo ribadisce che le donne rimangono prive dell’istruzione di base e dell’accesso ai servizi sanitari, aggiungendo che dopo il rovesciamento dei talebani, al potere dal 1996 al 2001, la situazione è migliorata solo in parte. Considerate sostanzialmente proprietà dell’uomo, le afgane sono uccise in delitti d’onore, costrette alla prostituzione e soggette a violenze domestiche.
Un’altra fonte di preoccupazione arriva dai diffusi matrimoni tra bambini: una piccola afgana di 7 anni può essere costretta a sposarsi con uomini persino di 30 o 40 anni più grandi. I bambini non hanno una sorte molto migliore: a volte sono costretti a lavorare già a sei anni oppure vengono reclutati dai talebani per la guerriglia. La percentuale di mortalità materna resta alta – 1.600 donne su 100.000 muoiono di parto – e circa il 20% dei bimbi afgani perde la vita prima dei 5 anni d’età, in maggioranza per malattie che in Occidente sarebbero facilmente curabili. La speranza di vita è 44,5 anni, una percentuale spiegabile anche con il fatto che solo il 23% della popolazione ha accesso all’acqua potabile e il 12% usufruisce di adeguati servizi igienici.
[LM] – AFGHANISTAN 28/10/2005