“Le attività portuali rischiano di chiudere entro alcuni mesi se non verrà realizzato un intervento per ridisegnare le banchine dello scalo” ha detto all’agenzia informativa ‘Irin’ dell’Onu Méthode Shirambere, responsabile della gestione del porto. Nei giorni scorsi anche il secondo vicepresidente del Burundi, Alice Nzomukunda – in carica da poche settimane, nel primo governo del dopoguerra – si è recata nel porto della capitale per verificare la situazione.
Il Tanganyika – che tocca i confini di Burundi, Repubblica democratica del Congo, Tanzania e Zambia – è il lago più lungo dell’Africa e il secondo più profondo del mondo; l’attività del porto di Bujumbura garantisce il 90% delle esportazioni del Burundi, che non ha sbocchi al mare.
L’abbassamento del bacino lacustre ha reso inutilizzabili circa 300 metri di banchine, impedendo l’accesso alle imbarcazioni commerciali più grandi. “Per scaricarle – ha spiegato il direttore – è necessario trasbordare le merci su piccole imbarcazioni, con un inevitabile aumento dei costi”.
Secondo Boniface Nyakageni, consulente del ministero dell’Ambiente, l’effetto-serra e la deforestazione hanno peggiorato la situazione del lago; anche la guerra ha avuto effetti negativi, in particolare per le decine di ettari di foresta bruciate per distruggere i depositi di armi del ‘nemico’ durante i 12 anni di conflitto civile dal quale il Burundi sembra ormai uscito.
[EB] – BURUNDI 28/10/2005