Lo afferma un rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani presentato oggi a Ginevra, risultato di un’indagine sul campo condotta nel giugno scorso.
Il bilancio degli scontri finora era diverso: una sessantina di morti secondo il governo, circa 100-150 secondo fonti diplomatiche occidentali, mentre secondo la Lega del Togo per i diritti umani la repressione di manifestazioni e gli scontri tra diverse fazioni politiche avevano provocato più di 800 vittime.
Nel suo rapporto, l’Alto Commissario Onu Louise Arbour ha attribuito “le responsabilità principali della violenza politica e delle violazioni dei diritti umani” alle forze dell’esercito governativo e della polizia, senza però risparmiare dure critiche anche all’opposizione, responsabile di atti violenti e di aver ‘soffiato sul fuoco’ della tensione in occasione delle elezioni.
“2500 soldati in abiti civili e armati di machete” – si legge nel documento – sono stati utilizzati per appoggiare i militanti del partito al potere per reprimere le manifestazioni dell’opposizione. Atti di tortura sono stati commessi “sia dai soldati, sia dai militanti del partito al governo e che da quelli dell’opposizione”.
La missione sul campo dell’Onu ha constatato “esecuzioni sommarie da parte delle forze armate”, “l’uso su ampia scala della tortura e trattamenti inumani e degradanti”, “violenze sessuali”, “sparizioni di persone”, “distruzioni organizzate e sistematiche di proprietà”. Gli esperti dell’Onu non escludono anche l’esistenza di fosse comuni.
Arbour ha sollecitato il governo di Lomè ad avviare un’inchiesta per identificare e punire i responsabili, aggiungendo che la commissione nazionale d’indagine annunciata a maggio dal presidente Gnassingbè manca di credibilità perché non include soggetti della società civile.
[BF] – TOGO 26/9/2005