La dichiarazione è stata rilasciata alla fine di una visita in Nepal durata una settimana per accertare lo stato dei diritti umani nel paese himalayano travagliato da nove anni di conflitto maoista.
Nowak ha riferito che nei suoi colloqui con ufficiali delle forze dell’ordine ha raccolto ammissioni spontanee sull’uso molto frequente e ‘normale’ della tortura. I prigionieri verrebbero legati o appesi a un palo e picchiati con bastoni di bambù o tubi di plastica, soprattutto sotto le piante dei piedi; verrebbero inoltre bendati e legati per giorni e subirebbero scosse con fili elettrici applicati alle orecchie. Per Novak le informazioni raccolte rappresentano solo “la punta dell’iceberg” del fenomeno. Il portavoce dell’esercito ha risposto alle dichiarazioni dell’inviato delle Nazioni Unite negando che la tortura di applicata “sistematicamente”.
Nowak ha avuto parole dure anche per i ribelli maoisti: prove raccolte dall’ufficio di Kathmandu della Commissione Onu per i Diritti Umani dimostrano che i guerriglieri picchiano duramente le persone da loro catturate e in alcuni casi hanno inflitto anche l’amputazione del pollice.
Gruppi della società civile nepalese e internazionale – e lo stesso ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per Diritti Umani a Ginevra – hanno più volte denunciato il drammatico deterioramento dei diritti umani in Nepal dall’inizio del conflitto nel 1996, sia ai danni dei prigionieri ma anche della popolazione civile schiacciata tra estorsioni dei ribelli e ritorsioni dell’esercito; inoltre sono andate aumentando anche le denunce per la scomparsa di persone dopo l’arresto.
L’insurrezione maoista, chiamata dai guerriglieri ‘guerra del popolo’, ha provocato oltre 12.000 vittime, tre quarti dei quali negli ultimi tre anni e in maggioranza civili. Il 3 settembre i ribelli hanno dichiarato una tregua unilaterale di tre mesi a cui il governo non ha ancora risposto.
[BF] – NEPAL 17/9/2005