L’intesa, giunta dopo quattro giorni di serrati negoziati e solo dopo che il presidente della Repubblica Alfredo Palacio ha convocato le aziende petrolifere chiedendo loro di ammorbidire i toni e dare una svolta al negoziato, mette fine a quasi due settimane di tensione nelle due importanti province amazzoniche, i cui pozzi di petrolio rendono l’Ecuador il più grande fornitore di greggio sudamericano per gli Stati Uniti, dopo il Venezuela.
L’accordo prevede, tra l’altro, che lo Stato verserà il 16% delle imposte pagate dalle multinazionali (molto basse, pari al 25%) alle amministrazioni locali; i grandi gruppi privati – tra i quali la Occidental Petroleum Corp., la Petrobras e la EnCana Corp. – si sono impegnati ad asfaltare circa 250 chilometri di strade nelle due province, ad assumere più personale locale, ad acquistare beni e servizi dalle piccole imprese locali dell’indotto e a stanziare fondi per un programma sanitario e scolastico a favore soprattutto delle popolazioni indigene.
Il Parlamento, per conto suo, ha già decretato la fine dello stato d’emergenza (con 56 voti a favore su 100) e sembra intenzionato a chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno per il modo in cui la crisi è stata gestita. Nei primi giorni degli scioperi, la scorsa settimana, si era invece dimesso il ministro della Difesa, prontamente sostituito.
[LL] – ECUADOR 26/8/2005