Transnazionali

Contro la Nestlé e il latte in polvere

  Ogni giorno 4.000 bambini nel sud del mondo potrebbero essere salvati dalla morte per malattie e denutrizione, se fossero allattati al seno e non con latte in polvere. Lo sostengono Unicef e Organizzazione mondiale della sanità (OMS).
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Nonostante ciò, molte società produttrici di latte in polvere, pur di vendere, non si fanno scrupolo di promuoverne l’uso con tecniche di marketing irresponsabili.

Unicef e Oms hanno redatto un Codice internazionale che bandisce questo tipo di marketing; diverse aziende dichiarano di attenersi al Codice, ma monitoraggi indipendenti hanno messo in luce molte, gravi infrazioni del Codice da parte di tutte le compagnie, ma soprattutto ad opera della Nestlé, che detiene il più vasto mercato di latte in polvere nel Sud del mondo.

25 ottobre 2001, lettera del presidente del Comitato italiano per l’Unicef, Gianni Micali: «Numerose violazioni commesse da alcune industrie multinazionali sono state denunciate nel 1996 con il rapporto Infrangere il Codice, redatto dal Gruppo congiunto per il controllo dell’allattamento al seno, di cui ha fatto parte anche l’Unicef. La Nestlé è stata riconosciuta tra i maggiori responsabili di questo tipo di violazioni, ed è stata fatta oggetto di una campagna di denuncia tuttora in atto, dato il reiterarsi di questi comportamenti».

25 giugno 2003, il direttore generale del Comitato italiano per l’Unicef, Roberto Salvan, riconferma la posizione dell’organizzazione sulle respon-sabilità delle aziende che violano il Codice internazionale. I risultati più importanti del rapporto sono stati pubblicati anche dalla rivista British Medical Journal, una delle più importanti riviste mediche nel mondo, nota per la serietà con la quale verifica la scientificità degli articoli.

Il 18 gennaio 2003, il British Medical Journal ha pubblicato i risultati di una ricerca effettuata in Togo e Burkina Faso per verificarne l’adeguamento al Codice. Considerati gli ospedali, la grande e la piccola distribuzione e il contributo dei media: risulta che in entrambi i paesi ci sono sistematiche violazioni al Codice, specie per quello che riguarda la fornitura gratuita di campioni di latte in polvere.

Inoltre il 90% dei medici e degli infermieri non è neppure a conoscenza dell’esistenza di una legislazione internazionale in materia. Le multinazionali coinvolte sono, oltre a Nestlé, Danone, Wyeth, Novolac e altri produttori nazionali e internazionali.

La testimonianza di Chiara Castellani, ginecologa, responsabile di programmi di assistenza materno-infantile prima in Nicaragua e oggi nell’Rd Congo, ci fa capire la drammaticità della situazione. «In Nicaragua, fin dall’inizio, ho costatato gli effetti deleteri dell’allattamento artificiale sullo stato di nutrizione e sulla morbi-mortalità per diarrea dei bambini minori di un anno.

Ma solo quando mi sono trovata in una realtà rurale, marginale ed estremamente povera, ho avuto termini di confronto concreti quasi paradossali: nei villaggi più poveri e isolati, la malnutrizione aveva una prevalenza superiore al 50% nei bambini minori di 6 anni, ma i lattanti (regolarmente allattati al seno: non c’era altro alimento disponibile) erano degli stupendi bambini grassocci e sveglissimi. La malnutrizione infantile era una conseguenza immediata dello svezzamento, non esistendo alternative alimentari di buon tenore proteico.

Viceversa, nel centro urbano in cui si trovava l’ospedale, vi erano alcune famiglie che potevano permettersi la spesa del latte artificiale: qui riscontravo i casi di diarrea cronica e di marasma infantile precoce. Nel 1987, l’anno in cui la guerra fu più dura, la principale causa di morte ospedaliera fu la diarrea. Su 27 decessi per diarrea, 26 furono di minori di un anno. Tutti, meno uno, erano allattati artificialmente e con un deficit nutrizionale moderato o grave associato.

L’allattamento artificiale favoriva anche gravidanze ravvicinate, alimentando ulteriori circoli viziosi di povertà e malnutrizione. Il fatto è che chi utilizzava il latte artificiale lo faceva convinto di spendere i suoi pochi risparmi per meglio nutrire il proprio bambino, “come fanno in Europa”. Mentre le madri che non avevano la possibilità materiale di acquistare il latte in polvere si sentivano quasi in colpa che la povertà impedisse loro di garantire il meglio ai propri figli.

Anche nell’Rd Congo le conseguenze della guerra e l’isolamento stanno minando le poche risorse economiche della popolazione; la malnutrizione è diffusissima, ma non nel minore di un anno, perché la sola forma possibile di alimentarlo è l’allattamento materno. Le poche volte che ho dovuto ricorrere a un complemento di latte vaccino anche se maternizzato (per esempio, nel caso di madre affetta da ipogalattia per tubercolosi o aids), pur evitando il biberon e utilizzando tutte le precauzioni igieniche, ho avuto risultati scoraggianti».

Da questa testimonianza si evince come l’uso improprio del latte in polvere nei paesi poveri sia diventato una piaga sociale. Il problema, infatti, non sta solo nella natura del latte in polvere, meno nutritivo e protettore del latte materno, ma nel modo scorretto in cui viene presentato alle madri. Attraverso innumerevoli e gravi violazioni del Codice internazionale, le compagnie inducono le madri ad abbandonare l’allattamento al seno in favore del latte artificiale.

I produttori pubblicizzano il latte in polvere non come un sostituto del latte materno nei casi estremi in cui esso non possa essere usato (madre deceduta o gravemente malata, abbandono) ma come simbolo del progresso e di salute a priori. Oltre a distribuire negli ospedali pubblicità con immagini di bambini sani e paffuti, le ditte produttrici contattano i medici locali, organizzano corsi e seminari per il personale sanitario, fanno entrare in uso i loro prodotti negli ospedali.

In passato, i rappresentanti delle ditte sono arrivati a fingersi infermieri per convincere le donne incinte a comprare. In questo sono molto facilitati dalla carenza di informazioni mediche nel sud del mondo: spesso le uniche disponibili sono proprio quelle fornite dalle aziende produttrici. Una delle più redditizie tecniche di marketing usate è di dare gratis il latte per bambini agli ospedali e ai reparti maternità.

In molti casi, viene dato abbastanza latte perché tutti i bambini nati all’ospedale siano allattati con il biberon. Alle madri viene spesso dato anche un barattolo campione da portare a casa. Dare il latte con il biberon ai neonati fa sì che il latte materno venga progressivamente a mancare e l’allattamento al seno diventi impraticabile. Di conseguenza, il bambino diventa dipendente dal latte artificiale.

Una volta a casa, le madri non ricevono più il latte gratis, e se lo devono comprare. Ma le famiglie guadagnano troppo poco per attenersi alle dosi prescritte. Pertanto, non deve stupire se il latte è annacquato diverse volte più del prescritto, con il risultato finale che i bambini, lungi dal crescere belli e robusti, diventano rachitici e sottopeso fino a morire.

La seconda ragione per cui l’allattamento al biberon uccide è la mancanza di igiene. L’acqua con cui il latte è preparato è spesso malsana ed è impossibile sterilizzare biberon e tettarelle senza un fornello e senza disinfettanti. Mamme con pochi soldi, poche comodità e poche conoscenze igieniche somministrano ai loro bambini latte allungato in biberon a malapena sciacquati, con tettarelle esposte all’aria, su cui si posano di continuo gli insetti. Le conseguenze sono infezioni intestinali che provocano diarree mortali.

L’Oms e l’Unicef stimano che la morte di circa un milione e mezzo di bambini, su circa undici milioni che muoiono ogni anno, avvenga nei paesi a basso reddito per mancanza di allattamento al seno. Molti di più sono quelli che non muoiono, ma costituiscono un grave fardello per le famiglie e per la società, a causa della malnutrizione, delle infezioni e delle conseguenze che tali problemi hanno sullo sviluppo dei bambini stessi.

Proprio per far pressione sui produttori e distributori di sostituti del latte materno perché commercializzino i loro prodotti nel rispetto del Codice Oms è nata la Ribn (Rete italiana boicottaggio Nestlé), un insieme di individui ed associazioni che si propone di proteggere l’allattamento al seno, soprattutto nei paesi a basso reddito.

Sono soprattutto loro, i bambini, le vittime innocenti di questo sistema diabolico! Non possiamo più tacere di fronte a questo scenario, Vi invitiamo a fare un gesto concreto: la prossima volta che andrete al supermercato astenetevi dal comperare tutti i prodotti a marchio Nestlé e questo fino a quando la multinazionale non rispetterà il Codice internazionale.

Vi ringraziamo per questo gesto concreto di solidarietà, anche a nome di tutti quei bambini sacrificati ogni anno sull’altare del profitto di poche imprese dai comportamenti eticamente inaccettabili e scandalosi.

Fino a poco tempo fa, il boicottaggio era rivolto a Nesquik e a Nescafè, prodotti simbolo Nestlé. Successivamente si è deciso di estenderlo a tutti i prodotti a marchio Nestlé. Se invece di difendersi senza produrre prove, la Nestlé si proponesse di applicare veramente in tutto il mondo la lettera e lo spirito del Codice internazionale e cercasse un accordo con le altre compagnie perché la seguano su questa strada, noi la smetteremmo di esercitare questa pressione e milioni di bambini sarebbero più felici.

di Paolo Baruffa e Patricia Xillo – Rete Italiana Boicottaggio Nestlé

(Fonte: Nigrizia)

NESTLÉ ITALIANA, TUTTI I MARCHI

Nigrizia ha scelto, non da oggi, di sostenere la campagna di boicottaggio dei prodotti Nestlé .

Di seguito i prodotti Nestlé in Italia.

Dolciari: Perugina, Baci Perugina, KitKat, Quality Street, Smarties, Galak, Polo, After Eigh, Emozioni, Ore Liete, Lion, Fruit Joy, Rossana.

Gelati: Motta, La Cremeria, Antica Gelateria del Corso.

Dolci da forno: Motta, Alemagna, Tartufone Motta.

Surgelati: Buitoni, Buitoni Bella Napoli, Valle degli Orti.

Referigerati: Buitoni Fresco.

Pasta, prodotti da forno, condimenti: Buitoni, Le Rasagnole, Maggi.

Latticini e dietetici: Mio, Fruttolo, Lc1.

Alimenti per l’infanzia: Nestlé, Nidina, Guigoz, Latte Mio, Nestlé prima infanzia.

Caffè e bevande prima colazione: Nescafé, Nesquik, Orzoro.

Cereali prima colazione: Fitness, Ficre1, Cheerios.

Ristorazione: Nestlé Foodservices.

(fonte: dati dell’azienda)

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