UNA VIOLENZA CHE CI RIGUARDA TUTTI E TUTTE
Lavoriamo ogni giorno a contatto con donne che subiscono direttamente, nel corpo e nella mente, le conseguenze della violenza maschile. Sappiamo il dolore, le ferite fisiche e psicologiche, l’angoscia e la paura che essa comporta. Sappiamo il senso di colpa e di vergogna che spesso l’accompagna. Colpa e vergogna che non si manifestano negli aggressori. Non negli “uomini buoni” che tuttavia con gli aggressori condividono un’appartenenza, quella di genere. Non nella società o nelle istituzioni che questa violenza dovrebbero prevenire, controllare ed eliminare. Ma nelle donne che questa violenza subiscono.
Lo stupro è una violenza grave, così come la spirale di percosse insulti e umiliazioni tipica del maltrattamento, come l’abuso sessuale di bambine e bambini che avviene molto più spesso ad opera di padri, zii, fratelli, amici di famiglia, piuttosto che di estranei, pedofili fantomatici che attendono i piccoli all’uscita di scuola. Come la costrizione violenta a mettersi in strada e a prostituirsi e tante altre violenze. E tante altre.
L’episodio accaduto a Villa Spada, lo stupro ripetuto di una ragazza di 15 anni, in pieno giorno, da parte di due giovani stranieri è una violenza odiosa e ingiustificabile. Tutte ci sentiamo colpite perché sappiamo che cosa significa portare impressa nel corpo la possibilità della violenza sessuale. Perché abbiamo visto nelle altre le conseguenze che essa comporta.
Oggi, in modo non molto diverso da ieri, il nostro modo di percorrere e di vivere la città e lo spazio pubblico è segnato da una mappa invisibile che ci fa evitare vicoli bui e a volte autobus troppo affollati o semivuoti; spazi troppo aperti o deserti; passeggiate notturne o troppo mattiniere. Da sole, per strada, a volta sentiamo ancora improvvisamente il cuore battere all’impazzata, perché qualcuno dietro di noi cammina troppo velocemente o troppo piano. Le femmine si sa, hanno molto meno bisogno dei maschi di essere riprese e redarguite, perché la disciplina la interiorizzano, il poliziotto, con gli anni, se lo costruiscono nella testa.
Fatti come questo ci confermano che non esistono luoghi che si possano dire sicuri, così come non esistono orari certi in cui nessuno ci stupri, ci picchi o ci insulti senza ragione e senza motivo apparente. Gli aggressori in questo caso sono giovani stranieri e irregolari. Ma chi lavora da anni a contatto con donne che subiscono violenza, chi conosce i dati delle organizzazioni internazionali più accreditate, degli istituti di ricerca più affidabili e conosciuti, italiani e stranieri, sa che non esiste alcuna relazione fra l’essere straniero irregolare o meno e il fatto che le donne vengano stuprate o uccise. Di più, sa che solo una percentuale minoritaria di donne subisce violenza sessuale da sconosciuti e nei luoghi pubblici. Le violenze più diffuse e più gravi avvengono nelle case, nei luoghi privati, nelle fabbriche. Laddove si dipana quotidianamente la vita, le relazioni di lavoro, di amicizia, coniugali e familiari.
Per questo, le dichiarazioni di coloro che invocano misure repressive contro gli stranieri irregolari o misure cruente come la castrazione fisica o chimica ci fanno pena e ci fanno orrore. Ci fanno pena perchè ancora una volta si preferisce cavalcare la logica del capro espiatorio e puntare il dito accusatore contro un diavolo creato ad hoc e a proprio uso e consumo, piuttosto che guardarsi e guardare alla realtà dei fatti. Piuttosto che considerare seriamente il problema. Ci fa orrore per la strumentalizzazione immorale della sofferenza e del dolore di una donna, che ancora una volta si produce.
Ma cosa si direbbe se a stuprare fosse un bianco libero professionista e benestante, se a picchiare fosse un affermato avvocato che scatena i suoi “istinti” più brutali sulla propria moglie o figlia o segreteria. Si parlerebbe ancora di mostri, di bestie o di castrazione? Ne dubitiamo. Eppure quelle violenze non sarebbero diverse da quelle di questi giovani stranieri irregolari, né sarebbe diversa la sofferenza e il dolore che essere producono nelle donne che ne sono vittima.
Non tutti gli uomini sono stupratori, né in potenza né in atto. Ma tocca agli “uomini buoni” oggi, a coloro che non condividono logiche repressive, logiche xenofobe, logiche riduttive e perdenti rimboccarsi le maniche e prendere la parola e incominciare a dire il perché e il per come di una sessualità che continua ad imporsi con la forza, a manifestarsi come atto di dominio, di disprezzo di pura sopraffazione. Tocca a loro esplorare il proprio universo culturale, sociale e storico di genere, e capire perché da questo universo si produce una violenza che alla base sembra avere oggi come un tempo la negazione e la cancellazione di una donna.
Parlare di legalità non basta. La legge va applicata e i responsabili di violenza sessuale così come di altre violenze devono essere giudicati perché si tratta di fatti gravi, che nessuna società civile, nessun ordinamento giuridico può tollerare. Ma il punto non è questo. Nessuno può nascondersi oggi dietro questo dito più che mai consunto.
Vorremmo che le dichiarazioni di intenti di questi giorni, lo sdegno e le pronunce altisonanti di tanti politici e del nostro stesso consiglio comunale, si traducessero in azioni concrete, in risorse, in un impegno serio e continuativo. Perché la violenza contro le donne non è eccezionale, né episodica, non è un evento raro. Si verifica tutti i giorni, in molte case e fra persone il più delle volte insospettabili. E’ questa società, è questa cultura, ancor oggi segnata da misoginia e disprezzo per le donne che la produce.
Le donne hanno fatto e detto moltissimo in questi anni per sostenere coloro che subiscono violenza per costruire percorsi di libertà e di autonomia laddove la violenza maschile ha distrutto. I Centri antiviolenza sono lì a testimoniarlo. Per noi, prevenire la violenza oggi significa continuare in questo percorso, continuare a darci forza e a darci valore.
Casa delle donne per non subire violenza-Onlus, Bologna, 22 giugno 2005